Vi ricordate il contenzioso tra Rai e Unionbirrai per la fiction “Tutto può succedere”? Era il 2017 e l’associazione dei birrifici artigianali italiani portò in tribunale l’azienda televisiva nazionale, accusandola di aver diffamato l’intero comparto brassicolo durante una puntata del fortunato sceneggiato. Durante una conversazione tra i due protagonisti proprietari di un locale, infatti, veniva criticata la scelta di un loro fornitore di essere passato dalle birre dell’industria a quelle artigianali. “Assaggia bene per favore, dimmi se è potabile questa bevanda” diceva uno, “Fa schifo” rispondeva l’altro, rincarando poi la dose con “Prima c’aveva tutte birre normali, quelle che si trovano… Poi s’è buttato sulle birre artigianali… Vatte a fida’”. Quasi esattamente due anni dopo arrivò la sentenza del giudice di pace, che obbligò la Rai a risarcire Unionbirrai per un totale di 3.000 euro. Una cifra simbolica, certo, come simbolica tuttavia fu anche la richiesta dell’associazione di categoria. La vicenda però non si concluse lì: il ricorso in appello premiò la Rai e il tribunale obbligò Unionbirrai a sostenere le spese processuali della controparte. Unionbirrai allora si appellò alla Corte di Cassazione, che ora ha deliberato: la Rai non è colpevole di diffamazione.
Come riporta Il Giorno, la Cassazione ha respinto la richiesta di risarcimento di Unionbirrai chiudendo definitivamente la questione. Questi i passaggi chiave della sentenza (qui disponibile integralmente in pdf), che confermano l’interpretazione della Corte d’Appello:
Il dialogo oggetto di contestazione appartiene ad un’opera creativa e non costituisce espressione del diritto di cronaca per il quale sono applicabili i criteri della verità anche solo putativa dei fatti, della continenza formale e della pertinenza, cioè dell’interesse pubblico alla notizia; essendo la fiction televisiva un’opera di fantasia, ad essa sono analogicamente applicabili i criteri giurisprudenziali elaborati in materia di opere letterarie.
Le affermazioni della fiction sono inserite in un’opera di fantasia e sono, nella specie, peraltro, strumentali alla rappresentazione dell’incapacità di uno dei protagonisti della gestione appena intrapresa dell’attività commerciale, la cui labilità e genericità è incompatibile con la portata diffamatoria lamentata dall’associazione.
Ora Unionbirrai sarà costretta a pagare le spese del giudizio di cassazione, liquidate in € 3.200, più accessori di legge e spese generali al 15%.