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Gli italiani sempre più legati alle birre speciali: la ricerca di Osservatorio Birra

Come qualche giorno fa ha raccontato l’Annual Report di Assobirra, il 2017 è stato un anno strabiliante per la birra in Italia. I consumi pro capite hanno segnato un nuovo record storico, così come accaduto per altri importanti dati di mercato, in particolare la produzione e l’export. A fare da traino a tutto il settore è stato il segmento delle birre speciali, cresciuto del 19% rispetto al 2016 e capace di rappresentare quasi il 10% del mercato: cifre impressionanti se pensiamo che sei anni fa non raggiungeva il 5%. Proprio su questa eterogenea tipologia di prodotti si è recentemente concentrato una  ricerca di Doxa per Osservatorio Birra, finalizzata a indagare il rapporto tra i consumatori e le produzioni non assimilabili ai marchi “standard”. Sono emerse indicazioni molto interessanti, in grado di suscitare più di qualche riflessione.

Prima di tutto è però importante comprendere i confini della categoria in questione. Secondo lo studio:

Per “birre speciali” si intende quel segmento che comprende le birre che si distinguono dalle normali lager, rispetto alle quali le birre speciali sono differenti per gusto, alcolicità e provenienza. Questo segmento comprende quindi le birre ad alta fermentazione, belghe, rifermentate, pils, stout, bock (etc.) nei formati 50cl e 75cl, le birre di importazione non lager, le regionali, le artigianali, le “beer mix” (ad esempio le radler), le light (basso contenuto alcolico) e le analcoliche.

La definizione fa a tratti accapponare la pelle, ma si capisce che siamo al cospetto di una famiglia residuale, nella quale rientrano in pratica tutti i prodotti non identificabili con i classici marchi mainstream – dovrebbero appartenervi ad esempio una Moretti Grand Cru, una Franziskaner Weissbier, una Radler o una qualsiasi artigianale, mentre è esclusa una Peroni o una Heineken “base”. Se non ricordo male l’Annual Report definisce le birre speciali allo stesso modo, a eccezione delle analcoliche (che sono escluse).

Osservatorio Birra ci dice che le birre speciali sono consumate dal 70% degli intervistati, con una concentrazione nella fascia di età compresa tra i 35 e i 54 anni. La frequenza di fruizione è piuttosto elevata: il 74% afferma di berle da due o tre volte al mese fino a una volta a settimana o più, dimostrando che il rapporto con questi prodotti non è poi così occasionale. Alle birre speciali viene riconosciuto un gusto particolare e sono considerate particolarmente adatte alla condivisione con gli amici e alla degustazione. Invece – e questo è un passaggio merita attenzione – non sempre sono considerate più buone delle normali lager e ancor meno ritenute valide per accompagnare i pasti o per gli abbinamenti. Come sottolineato più volte in passato, è evidente che su questo tema bisogna ancora lavorare duramente.

La tendenza a consumare birra sempre più tra le mura domestiche emerge anche nel contesto e nelle occasioni di fruizione delle birre speciali, che avviene soprattutto a casa. L’occasione migliore è invece una cena o un pranzo speciale con qualcuno, probabilmente come alternativa al più inflazionato vino. Chiaramente le birre speciali al supermercato costano di più di quelle normali e questo aspetto infastidisce il 70% degli intervistati, con un’ovvia maggiore incidenza nella popolazione più giovane. Il prezzo rimane dunque una questione scottante, con solo il 10% degli intervistati che si dichiara disposto a spendere fino a 8 euro per una bottiglia di birra.

Molto interessanti i dati relativi ai fattori di scelta: sul podio entrano nell’ordine la provenienza della birra, le sue caratteristiche e (sigh!) il suo colore. Solo successivamente troviamo valutazioni riguardanti lo stile (comunque in quarta posizione), la gradazione alcolica o la forma della bottiglia. Eppure l’origine di produzione non è la prima informazione che ci si attende di trovare in etichetta: le maggiori preferenze ricadono sulle materie prime (comunque sempre presenti) e sulla loro provenienza. Sulla crescente presenza di questi prodotti sugli scaffali dei supermercati ci sono pochi dubbi: l’85% degli intervistati afferma di essersi accorto di questa tendenza. La varietà è percepita come un’opportunità (58%) e non come un freno (10%), sebbene il 32% dei consumatori preferirebbe essere indirizzato meglio nelle sue scelte.

Meritevoli di attenzione anche altre risposte, come la relativa importanza dell’origine italiana della birra (è tale solo per il 67% degli intervistati) e le posizioni controverse nei confronti delle sperimentazioni: in genere si rileva una tiepida curiosità, ma non sono pochi coloro che si dichiarano contrari o indifferenti (in totale il 23%). Su quest’ultimo tema maggiore sensibilità positiva è espressa dalle donne.

Il ritratto che emerge dal documento dell’Osservatorio Birra è una certa predisposizione dei consumatori nei confronti delle birre speciali. Esistono delle ombre in cui emerge meno convinzione (abbinamenti, sperimentazione), ma nel complesso la situazione è decisamente rosea per lo sviluppo del segmento, come d’altro confermano altre ricerche. Sebbene parliamo di birre molto diverse tra loro, è impossibile non collegare questo fenomeno all’ascesa della birra artigianale in questi anni, che ha avvicinato i consumatori a un’altra concezione della bevanda e ha cambiato la visione delle multinazionali del settore.

In questo studio le birre artigianali rappresentano uno dei numerosi gruppi di prodotti che formano la maxi famiglia delle birre speciali. Come se non fossero altro che uno dei tanti attori che stanno partecipando all’ascesa del relativo segmento. Ma noi sappiamo la verità, sappiamo che se in passato non si fosse sviluppato una scena della birra artigianale (tanto in Italia quanto all’estero), oggi l’offerta dei supermercati sarebbe probabilmente ferma a quella di 20 anni fa. È qualcosa di cui andare orgogliosi? Oppure è da considerare una vittoria dell’industria, capace di appropriarsi dei linguaggi della birra craft per espandersi in nuove nicchie di mercato?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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Un commento

  1. Aggiungerei una domanda:
    Una mancanza di tutto il settore craft?

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