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Brewdog vicinissima all’industria: nel 2018 provò a vendere a Heineken

In queste ore sta rimbalzando su tutte le testate del mondo una spinosa vicenda relativa a Brewdog. Secondo quanto rivelato dalla BBC, infatti, in passato il birrificio scozzese ha cercato di vendere una parte delle sue quote a Heineken, senza tuttavia riuscire a intavolare una vera e propria trattativa. Il caso risale al 2018 ed emerge da alcune email che i giornalisti della BBC sono riusciti a ottenere di recente. Oltre a essere di per sé clamorosa, l’indiscrezione solleva ulteriori pesantissimi dubbi sull’evoluzione di Brewdog e sulla politica aziendale che stanno portando avanti i due fondatori, in particolare James Watt. Si preannuncia un altro periodo complicato per l’azienda scozzese, dopo le accuse mosse nei confronti di Watt per comportamenti inappropriati e abuso di potere verso i suoi dipendenti.

Il flirt tra Brewdog e Heineken sarebbe cominciato proprio su iniziativa di James Watt, alla ricerca di un interlocutore valido per l’acquisto di alcune quote dell’azienda. A fine del 2018 Brewdog incaricò i suoi rappresentanti finanziari di avvicinare il colosso olandese per discutere l’eventualità di cedere una parte della società, operazione a cui seguirono alcuni incontri tra Watt e gli esponenti della seconda multinazionale birraria del mondo. Il fondatore di Brewdog arrivò a scrivere a Stefan Orlowski, presidente europeo di Heineken, per spiegare la posizione del birrificio scozzese. La BBC riporta alcuni passaggi tratti dalle mail in questione, uno dei quali appare decisamente fragoroso:

Siamo aperti a un maggior pragmatismo rispetto alla nostra visione di indipendenza.

Che tradotto significa: “Fino a oggi abbiamo sempre rivendicato la nostra indipendenza, ma ora siamo pronti a metterla in discussione pur di chiudere un accordo con voi”. La frase ha un peso specifico enorme sull’immagine di Brewdog, poiché l’indipendenza è stato il punto fermo su cui il birrificio scozzese ha fatto perno sin dalla sua nascita. Un valore sostenuto anche criticando in maniera sferzante tutti quei birrifici ex craft ceduti all’industria, compresi i casi di Lagunitas e Beavertown che in passato strinsero partnership proprio con Heineken – il birrificio inglese, tra l’altro, raggiunse l’accordo con la multinazionale olandese nel corso del 2018. La questione però ha una valenza non solo comunicativa, perché costringerà Brewdog a rispondere di queste rivelazioni di fronte ai propri azionisti.

Come sappiamo il tentativo di James Watt non andò a buon fine. Una fonte che la BBC definisce vicina alle trattative dell’epoca, infatti, ha confidato che Heineken abbandonò le trattative appena ricevette da Watt la sua valutazione economica di Brewdog. Queste le dichiarazioni al riguardo:

La valutazione fu così oltraggiosa, nella sua idea di prezzo, che pensammo: “Ok, questa trattiva non porterà a nulla”. Il ragazzo [James Watt ndr] non aveva la minima idea di ciò che stava dicendo.

In tempi recenti Brewdog aveva affermato che un manager di Goldman Sachs aveva valutato la società 1,8 miliardi di sterline, senza tuttavia rispondere a ulteriori domande riguardanti questo aspetto. All’epoca il no comment era arrivato anche da TSG, colosso americano di private equity, che dal 2017 possiede il 22% delle azioni di Brewdog. Un silenzio provocato probabilmente dall’imbarazzo, soprattutto alla luce di ulteriori rivelazioni che indicano TSG estremamente insoddisfatto del modo in cui l’azienda scozzese è gestita dai suoi fondatori.

In questi anni Brewdog ha cambiato anima e perso la sua predisposizione punk. Quello che sta succedendo negli ultimi tempi va però oltre la fisiologica “gentrificazione” del birrificio: l’azienda sta subendo pesantissimi danni d’immagine, che coinvolgono i valori più profondi che ha sempre sostenuto. Questo problema sarebbe difficile da gestire per qualsiasi realtà, figuriamoci per una che ha fatto proprio dell’immagine l’elemento cardine delle sue fortune. Fino a oggi Brewdog si è limitata a definire le inchieste della BBC “vendicative” e alimentate da una “critica maliziosa”, ma servirà ben altro per rassicurare fan e investitori. E riuscirci sarà una vera impresa.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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