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Cos’è questa storia della birra vietata ai Mondiali di calcio in Qatar

Nella generale indifferenza dell’opinione pubblica causata dall’assenza della Nazionale italiana, domenica scorsa sono cominciati i Mondiali di calcio in Qatar. L’edizione di quest’anno rischia di essere la più complicata di sempre, a causa delle abitudini radicate nel paese ospitante. Il Qatar è infatti uno stato piccolo ma molto ricco, che nel tempo è riuscito ad accreditarsi nei confronti delle nazioni occidentali sebbene rifiuti una visione pienamente democratica della vita civile, con regole sociali piuttosto ferree dettate dai principi dell’Islam. Negli scorsi giorni ha sollevato molte critiche la decisione della FIFA di vietare ai capitani di indossare fasce arcobaleno (in sostegno alla comunità LGBTQ+), mentre si stanno moltiplicando le scene di protesta dei giocatori prima del calcio d’inizio delle partite. Ma la questione che sta tenendo banco su tutte è quella relativa alla birra, la cui vendita sembrava garantita fino a qualche giorno fa e ora è stata praticamente bandita dalla manifestazione. Una vicenda tutt’altro che marginale nella storia di questi Mondiali, che anzi sta montando di giorno in giorno con evoluzioni assolutamente impensabili.

Il dietrofront della FIFA

In quanto paese radicalmente musulmano, in Qatar il consumo delle bevande alcoliche non è socialmente accettato. La legge non lo vieta in maniera esplicita, ma la sua vendita è circoscritta ai bar degli hotel di lusso destinati ai cittadini stranieri, peraltro a prezzi altissimi per scoraggiarne l’acquisto. Con l’aggiudicazione dei Mondiali sembrava che il governo fosse disposto a compiere un passo indietro, permettendo il consumo di alcolici all’interno degli stadi durante gli incontri. Per questa ragione il colosso Budweiser non aveva esitato a rinnovare una sponsorizzazione da 75 milioni di dollari alla FIFA, sulla base di un’intesa che prevedeva la vendita esclusiva delle sue birre nel corso delle partite. La questione sembrava dunque essere stata chiarita sin dall’inizio, tuttavia gli sviluppi degli ultimi giorni hanno totalmente cambiato le carte in tavola.

La prima avvisaglia che gli accordi non sarebbero stati onorati è arrivata il 12 novembre, a poco più di una settimana dall’inizio dei Mondiali. Quel giorno Budweiser ha ricevuto dalla FIFA la richiesta di spostare gli stand per la vendita delle birre in aree appartate, chiaramente su pressione delle autorità qatariote. La federazione ha così motivato la sua scelta:

In seguito alle discussioni tra le autorità del Paese ospitante e la Fifa, è stato deciso di concentrare la vendita di bevande alcoliche in luoghi autorizzati, eliminando i punti vendita di birra dal perimetro degli stadi.

La decisione ha ovviamente adirato Budweiser, che prima ha pubblicato un tweet, poi cancellato, con la frase “Imbarazzante” ad accompagnare una foto della nuova disposizione degli stand, poi ha rilasciato un comunicato più neutro in cui erano citate “circostanza fuori dal nostro controllo”.

Il peggio tuttavia doveva ancora arrivare, perché due giorni prima della partita inaugurale le autorità hanno impresso un’ulteriore giro di vite, permettendo di vendere negli stand esclusivamente birra analcolica. Allo sponsor – che difficilmente a questo punto rinnoverà la sua partnership con la FIFA – non è rimasto altro che puntare sulla Bud Zero eliminando tutti gli altri marchi di proprietà.

La reazione di Budweiser

Chiaramente la vicenda non poteva concludersi così e dopo poche ore è arrivata la risposta di Budweiser. La prima mossa, ampiamente preventivabile, è stata di pianificare con i propri avvocati una strategia legale contro la FIFA. All’orizzonte infatti già si intravede una causa per la richiesta di un maxi risarcimento a causa della violazione degli accordi contrattuali. La seconda mossa, meno prevedibile ma più efficace a livello comunicativo, è stata di annunciare che la nazionale vincitrice dei Mondiali si aggiudicherà una fornitura di birra del valore di 75 milioni di dollari, cioè esattamente la cifra che Budweiser ha riconosciuto alla FIFA per sponsorizzare la manifestazione. Il colosso brassicolo dovrà solo sperare che a vincere i Mondiali non sia lo stesso Qatar!

Le reazioni dei tifosi

Era comunque solo questione di tempo prima che la vicenda si allargasse a macchia d’olio, sconfinando oltre il rapporto tra la FIFA, le autorità qatariote e Budweiser. Già nella partita inaugurale si è capito come la querelle fosse ben lontana dalla conclusione, ma anzi destinata a crescere nei giorni a seguire. Nel corso del primo incontro tra le nazionali del Qatar e dell’Ecuador hanno fatto il giro del mondo le immagini dei tifosi sudamericani, che all’intervallo hanno intonato il coro “Queremos cerveza”, cioè “Vogliamo la birra”. Non meno virale è stata l’immagine di una lattina di birra ricoperta dalla “veste” di una lattina di Coca-Cola, apparente escamotage dei tifosi inglesi per non rinunciare alla loro bevanda nazionale durante le partite. L’immagine in realtà è un mezzo fake: la cover esiste davvero, ma la foto è stata scattata a giugno 2022 senza alcun collegamento con i Mondiali. Eppure il fatto che stia circolando molto in questi giorni, con il solito e immancabile inciampo di alcune testate nazionali, restituisce bene il sentimento che si sta diffondendo rispetto alle limitazioni imposte dalla FIFA.

Le contraddizioni della società qatariota

Com’è noto, in diversi paesi di matrice musulmana il consumo di alcol non è accettato, eppure viene tollerato in determinati luoghi e circostanze. Questa contraddizione – non diversa da quelle di altre culture, sia chiaro – rischia di diventare particolarmente stridente proprio durante i Mondiali in corso. Sebbene infatti ai tifosi sia impedito di bere birra allo stadio durante le partite, la regola non sembra estendersi alle aree vip, dove invece gli alcolici sono consumati alla luce del sole. In tal senso sta ricevendo grande risonanza una storia Instagram di Riccardo Silva, presidente del Miami FC e socio del Milan con RedBird, nella quale si vede un cestello per il ghiaccio pieno di vino in fresco, pronto per essere bevuto. Nella storia successiva compare anche Nesser Al-Khelaifi, patron qatariota del Paris Saint-Germain.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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