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Non ammessa la dicitura “Birra artigianale”: multato Almond ’22

Da qualche ora sta rimbalzando nell’ambiente nazionale la notizia della disavventura occorsa da Jurij Ferri di Almond ’22, che si è visto infliggere una salatissima multa perché i suoi prodotti riportano in etichetta la denominazione “birra artigianale”. La dicitura infatti non è ammessa dalle leggi vigenti, in quanto si è obbligati a riportare solo quella basata sui gradi plato (“birra analcolica”, “birra doppio malto” e via di seguito), senza ulteriori indicazioni. La questione ha accesso l’indignazione di molti appassionati, che hanno gridato alla vergogna, se non addirittura a un fantomatico complotto ordito dagli industriali. Stavolta andrò controcorrente: ovviamente mi dispiace per quanto capitato a uno dei migliori microbirrifici italiani, ma purtroppo la legge sulle etichette è molto severa in materia e la multa mi sembra del tutto normale.

Certo, di cose da scrivere su questa legge ce ne sarebbero a bizzeffe. A partire dalla data di creazione, che risale al 1962 e che dunque può tranquillamente essere considerata obsoleta. O per l’assurdità del contenuto, secondo il quale un’azienda ufficialmente artigianale non può dichiarare “artigianale” ciò che produce. O ancora che – tanto per cambiare – nella sua formulazione il testo legislativo è di difficile interpretazione. Insomma, è un legge di merda. Però è una legge e come tale va rispettata, motivo per cui fatico a capire la reazione furibonda e sdegnata dell’ambiente.

Probabilmente il mio distacco dalla vicenda dipende anche dal fatto che la questione non è suonata completamente nuova alle mie orecchie. Qualche anno fa infatti Mirko Caretta della bottega bir&fud mi disse che sulle nuove etichette della Birra del Borgo – di cui cura la grafica – aveva dovuto cambiare la dicitura, trasformandola in “Birra. Artigianale.”. Una forma a dir poco orribile, ma che rappresentava l’unica soluzione per rimanere nei termini della legge, che appunto non ammette l’uso di aggettivi integrativi alla denominazione commerciale del prodotto.

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In particolare, la legge in questione è la 1354 del 16 agosto 1962, che stabilisce i dettami della Disciplina igienica della produzione e del commercio della birra. Nello specifico l’articolo 2 elenca le possibili denominazioni applicabili:

1. La denominazione «birra analcolica» è riservata al prodotto con grado Plato non inferiore a 3 e non superiore a 8 e con titolo alcolometrico volumico non superiore a 1,2%.
2. La denominazione «birra leggera» o «birra light» è riservata al prodotto con grado Plato non inferiore a 5 e non superiore a 10,5 e con titolo alcolometrico volumico superiore a 1,2% e non superiore a 3,5%.
3. La denominazione «birra» è riservata al prodotto con grado Plato superiore a 10,5% e con titolo alcolometrico volumico superiore a 3,5%; tale prodotto può essere denominato «birra speciale» se il grado Plato non è inferiore a 12,5 e «birra doppio malto» se il grado Plato non è inferiore a 14,5.
4. Quando alla birra sono aggiunti frutta, succhi di frutta, aromi, o altri ingredienti alimentari caratterizzanti, la denominazione di vendita è completata con il nome della sostanza caratterizzante.

A chiarire ulteriormente l’aspetto puramente legislativo della vicenda, ci ha pensato questa mattina un post di Lelio Bottero, che sul suo blog ha riportato una circolare ministeriale riguardante nello specifico l’etichettatura. Il passaggio più interessante recita così:

E’ vero che l’uso di diciture concernenti le caratteristiche del metodo di produzione costituisce una garanzia fornita al consumatore sul metodo, ma non si traduce, di regola, anche in un aumento della qualità del prodotto finito in termini di caratteristiche ingredientistiche, nutrizionali, chimico-fisiche, organolettiche ed igienico-sanitarie.

[…]  la presenza di una struttura organizzativa tipicamente artigianale e/o familiare e’ caratterizzata dal basso numero di addetti e soprattutto dall’incidenza dell’apporto umano e personale nella produzione. Questo aspetto concerne, ovviamente ed unicamente, le caratteristiche dell’azienda. Pertanto non può in alcun modo essere utilizzato per presentare i prodotti come superiori nella qualità. L’azienda artigianale non può cioè trasformare la sua qualifica giuridica in un elemento di qualità dei prodotti finiti.

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Quindi, per quanto assurdo, un’azienda che può vantare la qualifica “artigianale” non può estendere ai suoi prodotti tale dicitura. Questo perché le caratteristiche aziendali non si riflettono necessariamente in quelle dei suoi prodotti, soprattutto nel caso in cui l’aggettivo utilizzato può avere connotazioni positive. Se a una prima lettura questa precisazione può sembrare assurda, è bene riflettere sul valore di tutela che rappresenta nei confronti del consumatore. Chiaro poi che il consumatore sarebbe più tutelato da leggi riguardanti aspetti più concreti (non che non esistano regolamenti in materia), ma come sappiamo la disciplina sull’etichettatura è davvero severa.

Inoltre, in più occasioni si è sottolineato quanto l’aggettivo “artigianale” sia privo di significato quando si parla di birra e quanto, paradossalmente, possa esporre il consumatore a raggiri di vario genere. Dunque trovo perfettamente coerente la filosofia sulla quale si basa la regolamentazione, sebbene poi la pratica faccia emergere fattispecie al limite dell’aberrante.

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Piena solidarietà a Jurij per la disavventura, con la speranza che non abbia ripercussioni pesanti sul suo ottimo lavoro. Il rammarico è che tra tante aziende (anche di grandi dimensioni) che non sono a norma con le etichette, i controlli vadano a colpire uno dei migliori artigiani della birra in Italia. Purtroppo il mondo dei prodotti alimentari non perdona da questo punto di vista, soprattutto nel nostro paese.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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141 Commenti

  1. e quindi, dando per buono il tuo punto di vista (che non condivido), secondo te inserendo un punto fra “birra” e “artigianale” viene fatto invece l’interesse del consumatore e non si estende la caratteristica dell’attività commerciale al prodotto? per me è un sutterfugio ed un elusione che non evitano l’irregolarità e l’eventuale relativa sanzione

    vorrei anche un tuo parere sulla liceità di questa etichetta http://img607.imageshack.us/img607/4232/bgrsh5qbwkkgrhqeokjuery.gif

    • Non sto dicendo che la legge è giusta nella sua formulazione, ma che
      1) Esiste per un motivo, e il motivo è in ultima analisi la tutela del consumatore
      2) Esiste e in quanto tale va rispettata.

      Poi che possa far emergere fattispecie aberranti l’ho scritto in modo esplicito.
      Ad esempio credo che, come scritto da qualcuno, sia lecito scrivere “birra prodotta da azienda artigianale”.

      Sull’esempio da te citato non saprei, non sono esperto in materia. A occhio e croce mi sembra inammissibile quanto “birra artigianale”, ma solo chi si occupa di questo ambito può dare una risposta certa

      • e della birra biologica che mi dici? e della birra non pastorizzata?

        nemmeno io sono un esperto di diritto e penso che la parola spetti a chi di dovere. qualche dubbio sulla regolarità della sanzione ce l’ho cmq. per quel che vale, Giorgio Marconi su MoBI riportava il parere del direttore dello studio legale dell’ASL di Bergamo (non l’ultimo dei cretini quindi, e gente che in tema alimentare qualche competenza ce l’ha) che affermava che la cosa non stava nè in cielo nè in terra ed in caso di ricorso avrebbe visto sicuramente soddsfatte le sue ragioni

        io credo che su queste idiozie della burocrazia bisognerebbe essere un po’ più coesi. bisognerebbe invocare una regolamentazione chiara, moderna e intelligete delle etichette, ma anche essere in grado di discernere fra frode, scorrettezza di informazione, marketing e “protagonismo” della nostra burocrazia…

        • Assolutamente d’accordo con te su sensibilizzare contro i problemi della burocrazia, in passato ho scritto diverse volte circa l’incredibile disciplina delle accise.

          Spero che un eventuale ricordo di Jurij sia accettato, sarebbe un precedente importante.

          Al di là di tutto faccio fatica a capire questa indignazione… sarà che ormai mi sono abituato a vivere in Italia…

          • ti faccio anche notare un’altra cosa: se invece di vivere in Italia vivessimo in Svizzera, ma con le leggi italiane, forse nel giro di un paio di mesi anvrammo un 100naio di birrifici in meno (per qualcuno un multa fatta bene può essere letale). hai provato a guardare un po’ di etichette presenti sul mercato (vedi Birra del Borgo, Baladin, per dire i nomi più noti e più robusti)

            altra domanda: sei sicuro che questa supposta regolamentazione invece che togliere disinformazione non tolga informazione?

            da dove deriva l’indignazione? dal fatto che le cose non sono cristalline come supponi tu, ma più torbide come sostiene Marconi e Monetti? dal fatto che non sia affatto chiaro se la sanzione sia legittima (confusa se non idiota la normativa di sicuro sì). dal fatto che come al solito si spara nel mucchio, se ne prende uno, si vede che succede e quindi ci si adegua tutti oppure si interviene sulla normativa dopo?

          • Cose non cristalline? Ovvio, come sempre… sarà che ci ho fatto il callo

            Sull’idiozia della norma non saprei… la filosofia è chiara, ciò che ne consegue può apparire assurdo (non solo per colpa del legislatore)

            Sui metodi… i controlli funzionano così, credo che Almond non sia neanche il primo.

          • la filosofia è chiara? è quale sarebbe? magari la protezione del consumatore? spiega

            due esempi:

            XYZ
            Birra Artigianale

            (multa)

            ABC
            Birra
            Prodotto artigianalmente col sudore della fronte come faceva mio nonno, con le migliori materie prime e le tradizioni ancestrali, seguendo i cicli lunari e le migrazioni delle rondini, con sentori inebrianti che possono favorire l’accoppiamento

            (legale)

            spiega, spiega…

          • Quello che sto cercando di spiegarti è che il divieto di inserire termini accessori alla denominazione del prodotto non esiste per un puro capriccio, ma per definire in maniera precisa il prodotto, ergo tutelare il consumatore.

            Questo mi sembra un punto di partenza, ma tu sicuramente saprai come si può regolamentare meglio l’etichettatura della birra. Aspetto consigli, partendo dal presupposto che la liceità del tuo secondo esempio è tutta da dimostrare.

          • 1) Dove sta scritto che gli esempi che hai fatto sono corretti? Sei improvvisamente diventato esperto in materia?

            2) Nei tuoi esempi c’è una bella differenza riguardo la categoria merceologica di appartenenza, e quello dovrebbe fare tutta la differenza del mondo

            3) Per il resto mi sembra molto corretto quanto scritto da Max Faraggi su MOBI (pag 13). Tra l’altro in tutti gli esempi che stai facendo sul forum credo tu confonda la descrizione merceologica con quella commerciale.

          • nei miei esempi c’è

            1. nome birrificio
            2. categoria merceologica
            3. descrizione del prodotto (solo nel secondo esempio)

            nella descrizione del prodotto vengono dichiarate alcune cose opinabili ma non falsificabili (ipotizzo che i cicli lunari e le migrazioni vengano effettivamente rispettate, era un esempio)

            posto che l’esempio uno è illegale, come sostieni. posto che l’esempio due è sicuramente legale nel punto 1. e 2. e che nella descrizione (non è né categoria merceologica nè ingredienti) ci scrive quello che mi pare (primo esempio che mi viene in mente: bottiglie del Ducato), senza ergermi ad esperto, mi pare che il mio esempio ti abbia colto in castagna

          • In cosa mi avrebbe colto in castagna? Sul fatto che stabilire delle regole rigide per la descrizione della categoria merceologica non è a vantaggio del consumatore?

          • postilla: se il tuo teorema è che nella categoria merceologica devi attenerti ferreamente ad una legge (sulla cui chiarezza vedremo come andrà a finire, Jurij ha messo la cosa in mano all’avvocato), sulla descrizione invece puoi dire quello che ti pare, beh, ragazzi, se noi siamo gli appassionati di birra, allora siamo veramente alle cozze…

            ps: ci vorrebbe anche qualcuno che stabilisse per legge la modalità di riconoscimento in etichetta di categoria merceologica e descrizione commerciale e normasse quantomeno la grandezza dei font…

          • Non ti seguo, io avrei detto che è giusto scrivere qualsiasi cosa nella descrizione commerciale? E dove?

          • sul fatto che ti stupisci dell’indignazione di fronte ad una regola nebulosa e che non garantisce nessuno, in primis i consumatori, e tantomeno i birrifici

            e di una sanzione sulla cui liceità bisognerà poi vedere

          • non è quella la domanda. la domanda è: è giusta quella sanzione? l’intento era quello di trasmettere un concetto di qualità superiore oppure quello di trasmettere al consumatore un’informazione circa le modalità produttive?

            possiamo andare avanti a discutere per due ore. alla fine arriveremmo a concordare che c’è un vuoto normativo, o quantomeno una regolamentazione poco chiara (oltre che idiota) e che quindi la sanzione comminata è totalmente arbitraria, poichè l’unico dato certo è che non è stato dichiarato il falso in frode

          • No, lo stupore nasce perché mi sembra che tutti si siano svegliati adesso riguardo questa cosa. Sarò fortunato io, ma ero già a conoscenza del fatto che non puoi scrivere cazzate nella denominazione della categoria merceologica. Quindi mi meraviglia che tanti ora cadano dalle nuvole. Così come non capisco perché se la si prenda con i controllori, quando nella fattispecie non fanno altro che limitarsi ad attuare la legge (giusta o sbagliata che sia).

          • e dove sta scritto nella normativa che quei nomi siano esclusivi? dove sta scritto che che ci sia una cazzata? non c’è mica scritto birra artigianale doppio malto che in realtà fa 12 Gradi plato. se faccio una birra di 2.9 gradi plato come la chiamo? e se faccio una birra con 3.6 gradi plato e alcool 3.6% come la chiamo?

        • Argh,
          ma nella fattispecie a chi andrebbe la colpa, al produttore della birra o al produttore delle etichette? Noi produciamo conto terzi quella linea, siamo passibili secondo voi?

          • eh Gennaro, chiedi troppo, qua non si è ancora capito se l’illecito esista davvero o solo nella mente di quei funzionari… starei in campana, forse è la volta che riuscite a fare qualcosa assieme… ricordo che Teo Musso con birra biologica (vedi lunghissimo thread su MoBI) potrebbe essere beccato con le mani nella marmellata. datevi una mossa

          • Si pare facile..ci saranno 20\30 mila bottiglie in giro per l’ italia, ormai i buoi son scappati..Cmq se il dolo esiste, e non mi pare stasera si sia venuti a capo di qualcosa, mi domando di chi sia la responsabilità, del produttore che esegue o del commerciante che ordina secondo le sue esigenze? Nel senso io mi sentirei reponsabile se negli ingredienti avessi messo o omesso cose che non ci sono in etichetta, ma se l’ azienda che commissiona scrive nella sua etichetta una cosa come questa, perchè dovrei risponderne io?

          • Gennaro, è una roba da avvocati… prima direi di vedere come finisce la storia di Jurij, che come dicevo si è rivolto ad un avvocato per avere giustizia

    • Caro il mio SR…..con la legislazione e la burocrazia italiana nessuno è e sarà mai completamente a posto…..che si tratti di etichette o di accisa o di tasse o di asl o di nas o di guardia di finanza o di guardia forestale o di vigili urbani o di arpa o di sicurezza sul lavoro o di camera di commercio o di provincia o di regione o di condominio……etc….
      Per quanto riguarda lo specifico…si tratta di logo ..e sul logo io scrivo quello che cazzo mi pare…..cosa diversa è l’etichetta che vale dal punto di vista legale che nel mio caso è la retroetichetta….dove devo inserire tutte le diciture di legge….

      • lo so… per questo mi sembra singolare avallare i comportamenti caotici della burocrazia italiana

        domanda seria: come si distingue dal punto di vista legislativo l’etichetta dal retroetichetta?

  2. Quando troverò una, dico una, etichetta di birra, sia industriale, sia artigianale, in regola, comincerò a credere agli ippogrifi.

    Tutti quelli che si erano attrezzati per portare le arance al Turco per il caso Heineken, forse potranno riciclare gli acquisti.

    Questo sarebbe un bel test per Unionbirrai, ma chi ci crede?

  3. Come già espresso in altre sedi, come Unionbirrai siamo molto preoccupati per questa sanzione e siamo ovviamente a disposizione per sostenere un eventuale ricorso.
    Detto questo le normative che riguardano l’etichettatura degli alimenti non sono proprio limpidissime e pertanto, come spesso accade, si prestano a troppe interpretazioni.
    Vi invito a leggere il nostro documento http://www.unionbirrai.it/images/linee_guida_etichettatura_ub.pdf
    A mio avviso, dando per scontato che l’aggettivo artigianale non comporta frode o inganno nei confronti del consumatore, non conferendo al prodotto caratteristiche che non ha, la dicitura birra artigianale è legittima.

    • “non indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto alimentare e precisamente sulla natura, sulla identità, sulla qualità, sulla composizione, sulla quantità, sulla conservazione, sull’origine o la provenienza, sul modo di fabbricazione o di ottenimento del prodotto stesso;”

      Vorrei sapere chi rispetta questo?

      Beninteso che voi non avete colpa.

  4. Concordo con Andrea circa “l’inevitabile” sanzione ai sensi di legge. Tuttavia mi pare assolutamente inopportuno applicare una simile sanzione ad un prodotto che prende forma, vita e carattere proprio in una azienda artigianale, tra l’altro riconosciuta dalla Camera di Commercio. Il punto è che non si dice che la birra è di “qualità”, cosa assolutamente soggettiva, personale e poco qualificabile, bensì “artigianale”. Se non seguisse le logiche della piccola e media impresa condotte da un artigiano sarei anche d’accordo sul puntualizzare, in questo caso mi sembra, oltre che ridicolo, assolutamente sciocco e farsesco.

  5. La vicenda è molto intricata e bisognerebbe che i piccoli produttori di birra facessero quadrato per cercare di aggiornare questa vecchia legge. La vedo dura ma se nessuno inizia…
    Comunque dal mio punto di vista l’aggettivo artigianale non mi indica che il prodotto è migliore ma solo che è prodotto in piccoli stabilimenti, quindi non c’entra niente che il prodotto finale si avvantaggia di tale aggettivo. Inoltre nelle etichette (es olio e vino) il produttore è tenuto per legge ad indicare una serie di aspetti ed indicazioni (% alcool, stabilimento, contenuto ecc.) ma può applicare ulteriori diciture solo se più restrittive delle norme attuali, importante è che poi quello che c’è scritto in etichetta venga rispettato. Esempio nelle etichette degli oli ci sono pochissime informazioni che il produttore è tenuto ad inserire per legge e in qualche caso non c’è scritto neppure se l’olio è italiano. Un produttore di olio però può aggiungere informazioni ad esempio sul luogo di produzione (e questo dovrebbe esaltare il prodotto) senza che incappi in nessuna sanzione.
    Insomma… una bella merdata. Forza Juri!!

    • Io penso che i birrifici invece sul termine “artigianale” hanno costruito l’identità del movimento. Quindi dovrebbe essere anche una questione importante.

      Il problema non deriva però da loro, ma dalla mancanza di una regolamentazione che consideri tutte le casistiche e le evoluzioni più recenti del mercato.

      Poi è ovvio, “artigianale” non vuol dire niente se non contestualizzato ma resta un termine piuttosto evocativo e che può indurre il consumatore a dare un pregiudizio al prodotto.

      • Si, il termine artigianale è molto importante ma appunto perché è un po’ generico può essere controbattuto permettere, secondo me, di fare ricorso alla sanzione. Per me il termine artigianale indica che è il prodotto in questione è fatto da piccole aziende e non che il prodotto è qualitativamente migliore. Quante birre artigianali fanno schifo? Tante…
        Il problema è appunto l’interpretazione, ragion per cui, io farei ricorso.

        • son d’accordo. Infatti spero che un eventuale ricorso faccia da precedente così si potrebbe regolamentare meglio la situazione,

          E non vale solo per le birre

        • Ragazzi per l’interpretazione credo valga la circolare ministeriale, che è uno strumento redatto appunto per risolvere casi dubbi

          • Scusa Andrea ma infatti nella circolare c’è scritto che artigianale indica che è fatto da piccole aziende o artigiani, mica che il prodotto è migliore.
            Anche la definizione sul vocabolario riporta: “di un artigiano; dell’artigianato; fatto da un artigiano; prodotto con un’attrezzatura semplice”
            Se il consumatore è stolto ed interpreta artigianale come ‘migliore’ è colpa del consumatore mica del birrificio che applica una dicitura corretta..

          • Sì ma dice anche che l’artigianalità dell’azienda non può essere estesa alla denominazione del prodotto.

      • Proprio per questo ritengo che questa sanzione sia un vero attacco al movimento intero.
        Non è possibile basarsi su leggi di 50 anni fa, strampalate quanto le leggi sui matrimoni dei vari stati americani…
        Credo che, sia MoBI con le attività sull’etichettatura “Birra Chiara” che UB come rappresentante della categoria dei piccoli birrifici, debbano cogliere e coglieranno questo evento per fare davvero qualcosa di importante in Italia. Anche perchè, dopo questa sanzione sparata nel mucchio, sarebbero sanzionabili chissà quante altre decine di birrifici…

    • Infatti, riprendendo quanto scritto altrove, credo che sia del tutto legittima un eventuale dicitura “birra non pastorizzata”, se effettivamente non è prevista pastorizzazione durante il processo produttivo. Non ricordo quale passaggio di quale legge spiegava chiaramente la cosa.

      Sul valore commerciale dell’aggettivo “artigianale”… beh se io domani aprissi un birrificio, vorrei poter mettere quella dicitura 😉

  6. Secondo me sarebbe logico, a questo punto, che i birrifici si unissero e delegassero uno studio legale ed aiutare Juri nel fare ricorso. Un’eventuale vittoria permetterebbe poi a tutti gli altri birrifici di continuare ad usare la dicitura in questione.
    Ho detto male?

  7. Mi devo informare ancora su altri cambiamenti quasi odierni sulle etichette…appena saprò vi dirò. E’ cmq una legge fuori dal tempo che va rispettata ma cmq combattuta o quantomeno fatta modificare è qui che bisognerebbe unire le forze, ma tanto tra nicchie, commerciali, industriali,ripicche e cazzi vari non se ne esce mai.
    Se poi Jurij Ferri ha bisogno di unamano siamo sempre con lui!!!

    • Non so mirko. Da quanto dice Turco la legge è chiara in materia.

      “artigianale” è un termine che può avere molte interpretazioni.
      evidentemente la legge indica che la denominazione può essere valida per il produttore ma non per il prodotto (e sono quasi tentato di dire che è giusto così)

      La lotta a questo punto dovrebbe nascere per “riappropriarsi” del termine.
      Ma senza associazioni e senza stabilire dei criteri universali (niente scappatoie italiche), la vedo dura

  8. A me sembra chiaro che la scritta “birra artigianale” sia il payoff* del logo e non una denominazione. Tant’è che compare allo stesso modo su tutte le etichette e su altre applicazioni (andate a vedere l’insegna), quindi non parliamo di un’etichetta di un prodotto ma del marchio dell’azienda. Sono sconcertato dall’ignoranza

    * per chi non lo sapesse col termine “payoff” si indica una parola, frase, slogan che accompagna, rafforza il marchio e sintetizza ciò di cui si occupa un’azienda.
    Esempio Nokia “connecting people”, Ikea “spazio alle idee”, Wolkswagen “das auto”

  9. Scusate sul fatto di rispettare la legge non ci piove; ma per quanto riguarda trarre in inganno il consumatore con la dicitura “Birra Doppio Malto” che è ammessa per legge come la mettiamo? Non siamo proprio noi a dire: guarda che comunque non c’è il “doppio del malto” etc. etc.
    Della serie “Il Mondo è dei Furbi”…… 🙁

    • Sicuramente è più sviante “doppio malto” che “birra artigianale”, per quanto la prima sia lecita e la seconda no. Però non per questo si può consentire la totale libertà sulla categoria merceologica.

    • Vero, verissimo…e se facciamo la battaglia pro legge del 1962, è un po’ come legittimare la dicitura “doppio malto”. Personalmente non ci sto a questo affronto.
      Sarebbe come ignorare questi quasi 20 anni di birra artigianale italiana e ricominciare da capo…

  10. Prima di tutto piena solidarietà a Jurij , la legge c’è Andrea ma dire che sia chiara è dura , giusta men che mai, l’unica cosa che si può dire è che viene utilizzata e manovrata a seconda dei bisogni, e secondo me anche con doppi fini, non ho mai visto multare la dab per la birra Cruda o altre boiate, quindi apriamo gli occhi è da anni che si mormora che prima o poi dovranno cominciare a mettere i bastoni tra le ruote ai produttori artigianali che crescono e mangiano se pur lentamente quote di mercato e ancor di più l’attenzione dei consumatori, abbiamo contro una sfilza di categorie, dagli industriali della birra, al mondo del vino che in italia + di una volta ha segato in mille modi lo sviluppo della nostra bevanda, ed ancora i grandi distributori che non riuscendo/non volendo lavorare la nostra birra la fanno fuori con ogni mezzo , perchè come mi ha detto uno:” che palle la birra artigianale oltre a costare tanto (quindi non ci possono ricaricare il 150%) ha bisogno di essere tenuta al fresco noi fino ad ora le birre le stoccavamo in un magazzino dove in estate ci saranno 50 gradi. la lamentela era cmq sempre legata ad i maggiori costi per il mantenimento e la vendita rispetto ad una becks di merda. riprendendo quanto scritto da rik, ha ragione a dire che questo per l’associazione di categoria sarà un bel banco di prova, ma la mia domanda è qual’è realmente oggi quest’associazione di categoria??? un problema vecchio che avevamo fatto presente anni fa proprio con rik, livingstone, nicola utzeri e altri amici, già siamo tre gatti a livello nazionale suddividere le varie associazioni porta solo debolezza, per quanto concerne il termine artigianale anche li c’era una battaglia da fare per dare un valore vero a quel termine usurpato da tutti riconoscendo almeno un marchio di qualità ma anche questo non è mai stato fatto, speriamo che quanto accaduto a Jurij si risolva per il meglio per lui e per il settore e che magari dia il “la” per una riorganizzazione generale su problemi trascurati da troppo tempo.

  11. “Sarò fortunato io, ma ero già a conoscenza del fatto che non puoi scrivere cazzate nella denominazione della categoria merceologica. Quindi mi meraviglia che tanti ora cadano dalle nuvole.”

    Andrea ha centrato il punto.
    Io, per dire, sapevo che determinate diciture fossero obbligatorie, ma non che ci si dovesse attenere solo e soltanto a quelle.
    Motivo? A parte sicuramente un’ignoranza da parte mia, be’… le birre di Almond non sono proprio le uniche a fregiarsi del titolo incriminato sulle etichette. Diverse le ho qui tra le mani, giustappunto sono andato a controllare tra le bottiglie che ho. Insomma, mi era sempre sembrato normale che uno ce lo potesse aggiungere a patto di attenersi al “doppio malto” / “analcolica” / “birra”.
    Allora mi chiedo, al di là di dietrologie: perché abbiamo dovuto aspettare il danno (che tra l’altro subisce solo il povero Ferri per tutti, mi pare…) per accorgerci di una legge di merda? Per lamentarci e gridare al complotto? Non sarebbe meglio fare fronte comune e impegnarsi affinché la legge possa essere cambiata per aderire meglio alla realtà attuale? Pare di essere nel mondo del calcio (italiano)…

    • “Io, per dire, sapevo che determinate diciture fossero obbligatorie, ma non che ci si dovesse attenere solo e soltanto a quelle.”

      ma tu sei sicuro che sia proprio così? chi te l’ha detto?

        • da quando Andrea è diventato il principe del foro ed il suo parere vale più di quello del direttore dell’ufficio legale dell’ASL di Bergamo che ho riportato sopra?

          potresti gentilmente indicarmi in quale punto del testo di legge viene proibita la dizione birra artigianale e cmq ogni dizione diversa da quelle indicate suppur non in frode del consumatore?

          • Sì, ma vedi: io sapevo di una legge per sommi capi, e ho scoperto adesso (credo) come funziona con precisione.
            Non è successo nulla, a parte aver imparato una cosa nuova, perché non produco birra. Da chi la produce ci si aspetterebbe una conoscenza completa di tutte le leggi a riguardo, altrimenti ogni mancanza è plausibilmente foriera di sanzioni, ridicole o no, obsolete o no che siano.

            Andrea non è il principe del foro, ma ha citato parte del testo integrale di una legge. Che, volenti o nolenti, quella è. Dura lex, sed lex…
            Il direttore dell’ufficio legale dell’ASL di Bergamo ha semplicemente detto che “la cosa non sta né in cielo né in terra”. So what? Certo, se in sede legale un avvocato dovesse essere abbastanza bravo a difendere il caso di Almond 22, saremmo tutti contenti per l’esito positivo.

            Ma non è questo il punto.
            Il punto è che, per via di una legge obsoleta, si RISCHIA di incorrere in fastidiose situazioni e vale per chiunque appartenga alla categoria. È un dato di fatto.
            Allora, invece di studiare il sotterfugio più efficace, ripeto: non sarebbe meglio cercare di farla cambiare?

          • Ah Ste ma che dici? Ma chi è che si erge a principe del foro? Mi sono limitato a riportare i principi della legge, che sono quelli per cui è stato multato Almond. E fino a prova contraria (cioè finché non verrà accolto un eventuale ricorso) quei principi sono validi, più dell’obiezione dell’ufficio legale dell’ASL di BG

          • Patrick, ma sai leggere? ti ho già chiesto di indicarmi IN QUALE PUNTO DELLA LEGGE viene proibito l’uso di aggettivi accanto alla categoria merceologica, o analogamente dove viene indicato che questi termini (birra, birra speciale, ecc.) sono esclusivi e non se ne possono indicare altri. tranne il caso già citato di artigianale come qualità superiore che è tutto da dimostrare, perchè per me in genere intende solo un processo di lavorazione, salvo casi esplicitamente contrario

            ti facilito il lavoro: NON C’E’

            ergo, salvo successive sentenze di Cassazioni e/o robe tecniche da giuristi, NON MI PARE AFFATTO che la tesi tua e di Andrea trovi alcun riscontro. per quel che vale, il mercato è STRACOLMO di insegne, etichette, diciture con scritto artigianale ergo se dovessi spendere due euro scommetterei che Jurij avrà giustizia

            a tuo beneficio ti metto questo copiaincolla dal forum di MoBI:

            Altro parere direi piuttosto “realistico” immagino visto che è il loro lavoro e su queste cose i controlli li fanno pure loro….ufficio prevenzione dell’ASL sempre riportato da Giorgio Marconi:

            Domanda:MA secondo te è sensato dare una multa per una cosa del genere (dopo che gliel’ho spiegata ovviamente)?
            Risposta: non solo non è sensato, non è possibile, oddio, tu puoi anche farla, ma se fa ricorso poi vince lui.

            mi pare chiaro. quello che mi pare COMPLETAMENTE SBAGLIATO, non me ne abbia Andrea, è sposare la causa del giustizialismo burocratico e dell’inflessibilità di fronte a un fatto che ha delle altissime probabilità di essere semplicemente un errore di qualche burocrate ai danni di un vero artigiano. lo troverei un errore anche se la sanzione fosse chiara e ineccepibile, anche se insensata, perchè si colpirebbe un trasgressore che non avrebbe commesso nessuna frode e non si darebbe nessun valore al consumatore (anzi, forse se ne toglierebbe). mi concentrerei sul contenuto, cioè dare davvero maggiore tutela e infomrazione ma anche proteggendo un settore che potrebbe subire durissimi colpi da queste baggianate. perchè non basta, dopo aver sposato la causa dei burocrati, chiudere con la postilla “cmq massima solidarietà a Jurji” per uscirne puliti e profumati

            in questo caso, in cui non è affatto chiara la liceità della sanzione, ma proprio per niente, la cosa è doppiamente grave e credo che mai come in questo caso ognuno debba assumersi in futuro le responsabilità della posizione presa. in serena attesa del giudizio della magistratura e cercando di focalizzarsi sui contentuti della questione più che sulla carta bollata

          • il problema resta che in italia si criticano le leggi obsolete ma poi si cerca comunque la scappatoia. Guai a toccare un “diritto acquisito” anche se ottenuto in ignoranza di legge.

            Io non difenderei al 100% i birrifici in questa vicenda: probabilemte qualcuno la sapeva lunga, altri -sfortuna loro- meno.

            Ma, ripeto, non una questione che riguarda solo la “birra artigianale”

          • @Andrea

            rivolgo anche a te lo stesso invito fatto a Patrick: virgolettare in quale passo viene proibito l’uso di aggettivi qualificanti oppure dove è indicato che la categorizzazione deve essere esclusiva

          • Ah ok Stefano perfetto, ho capito la tua teoria, basata sulla tua totale ignoranza in materia (che è anche la mia): è stata comminata una multa ad Almond in modo del tutto arbitrario ed errato, c’è in realtà un grande complotto ordito dagli industriali insieme alle presenze occulte della birra artigianale.

          • se pensi che ti faccia onore svicolarla facendo del sarcasmo da hard discount invece che entrare nel merito della questione, fai pure. intanto che ci sei riprendi anche le giustificazioni sul Payottenland sbagliato, lo stile è quello

            ti do una notizia: capita a volte che vengano comminate delle sanzioni e che a fronte di un ricorso venga stabilito che queste siano immotivate o erronee

            cmq, quando hai finito di sganasciarti per il tuo umorismo, se vuoi procedere al virgolettato, io sono qui

          • Oh no Ste, nel mio stile c’è anche quello di informarmi, invece di linkare immagini di etichette senza neanche aver capito la questione, accompagnandole proprio con del sarcasmo.

            Ecco allora il tuo amato virgolettato, così sei contento.

            DECRETO LEGISLATIVO 27 gennaio 1992, n. 109
            Art. 4
            Denominazione di vendita
            1. La denominazione di vendita di un prodotto alimentare e’ la
            denominazione prevista dalle disposizioni che disciplinano il
            prodotto stesso ovvero il nome consacrato da usi e consuetudini
            ovvero una descrizione del prodotto accompagnata, se necessario, da
            informazioni sulla sua natura e utilizzazione, in modo da consentire
            all’acquirente di distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe
            essere confuso.

            Denominazione prevista dalle disposizioni vigenti, cioè la suddivisione che ho riportato nel post. Sulla parte seguente del comma potrebbero entrare in gioco problemi interpretativi, ma la circolare ministeriale di cui sopra (pensa ho citato pure quella) risolve la questione.

            In più:

            2. La denominazione di vendita non puo’ essere sostituita da
            marchi di fabbrica o di commercio ovvero da denominazioni di
            fantasia.

            Per la cronaca, la denominazione di vendita è uno degli elementi obbligatori dell’etichettatura.

          • grande… bellissimo vederti tirare la zappa sui piedi. ecco il mio amato virgolettato (il nero su bianco dà sempre meno gradi di libertà delle chiacchiere):

            “La denominazione di vendita di un prodotto alimentare e’ la
            denominazione prevista dalle disposizioni che disciplinano il
            prodotto stesso ovvero ***il nome consacrato da usi e consuetudini***
            ovvero ***una descrizione del prodotto accompagnata, se necessario, da
            informazioni sulla sua natura e utilizzazione, in modo da consentire
            all’acquirente di distinguerlo dai prodotti con i quali potrebbe
            essere confuso***.”

            sono sicuro non ti sarà sfuggito poi che sopra citi una legge del 1962 (con successive integrazioni) mentre quest’ultima è del 1996. aggiungo che la norma del 1962 parla di RISERVATA, che a casa mia vuol dire che non puoi abusare di quel termine, cioè non puoi chiamare birra una cosa fatta con le pere, ma non che sei obbligato a chiamare la birra per forza con quel nome. infatti – ma qui potrei sbagliare perchè è passato tempo, da prendere con le pinze – mi pare di ricordare che l’etichetta della Xyaoiu non parli di birra

            so di chiedere troppo, ma sarebbe bello nella vita ogni tanto vedere qualcuno che fa retromarcia “cazzo Ste, mi sa che hai ragione, la faccenda non è chiara per niente e adesso che mi sono informato meglio non sono affatto sicuro della legittimità della sanzione comminata a Jurij”

          • Nelle tue divertenti obiezioni ricorda la prossima volta di citare tutto, anche le circolari ministeriali. Ti sei dimenticato un pezzo! Sicuramente in buona fede.

            Per il resto, trovi tutte le risposte nel contenuto del post, confusione della regolamentazione inclusa.

          • sempre il virgolettato: “Pertanto non può in alcun modo essere utilizzato per presentare i prodotti come superiori nella qualità.”

            già scritto sopra ma se vuoi leggere solo quello che ti fa comodo… attendo di conoscere da te da dove deduci che in “Almond 22 – Birra Artigianale” la parola artigianale indichi una qualità superiore e non un processo produttivo

            purtroppo, l’italiano non è una opinione… anche se tu lo trovi divertente

          • SR “artigianale” può essere interpretato in tante maniere, anche che il prodotto sia “migliore” da parecchi punti di vista.

            Noi possiamo valutare la cosa diversamente perché conosciamo aspetti che pochissimi sanno, ed è un punto di vista privilegiato.

            Di solito si tutela il consumatore in quanto “sprovveduto” e passibile di raggiri; non in quanto esperto

          • Comincio a dubitare della tua buona fede.

            E’ il legislatore che l’ha deciso: ha deciso che “artigianale” è un termine che commercialmente può essere usato per accrescere la qualità percepita del prodotto. Puoi ritenerlo giusto o no, ma il legislatore ha deciso così. E in generale si potrebbe essere d’accordo, a meno che la propria ipocrisia non raggiunga vette insuperabili.

          • @Indastria

            esatto, sono d’accordo con te. seguimi: artigianale vuol dire tutto e niente. quindi, a meno che tu non scriva “birra artigianale di qualità superiore” non è dimostrabile (parlo di legge, non di chiacchiere da bar, anche se l’intento commerciale è chiaro a tutti) che tu intenda una qualità superiore invece che un processo produttivo differente (e quindi ricadendo perfettamente negli usi e costumi nonché nella descrizione del prodotto). mi pare lampante. ergo un’etichetta di quel tipo, in assenza di norme più chiare (che auspichiamo tutti), è del tutto legale o, quantomeno, la sanzione è MOLTO discutibile

            questo sto cercando di spiegare ad Andrea ma sono sicuro che non ci riuscirò, spero avrò più fortuna con te

            quando la legge è confusa, va interpretata. dai giudici. es. ti multano per velocità non adeguata alle condizioni del traffico (parametro non oggettivo) ma andavi a 15 kmh. ricorri e vinci. stop

            di fronte a tutto questo, la posizione di Andrea che è quella di dire lo sapevo io e voi no, trasecolo, mi pare un’idiozia. prima di tutto perchè magari c’è gente che si è informata ben più di lui e ha avuto il via libera. secondo perchè due funzionari abruzzesi non fanno giurisprudenza. terzo perchè, come ho cercato di spiegarti, a me la limpidezza della sanzione non appare proprio, ma proprio per niente

            se la cosa andrà avanti, io mi rimetterò al giudizio della magistratura. vorrei vedere un bel capo cosparso di cenere in caso dia ragione a Jurij

            resta il fatto che esordire il post puntando il faro sulla supposta faciloneria dei birrifici nell’etichettare invece che nel prendere decisamente le parti dell’artigiano (vero) mi pare assurdo, una cosa che non fa né gli interessi dei microbirrifici né gli interessi dei consumatori. forse quelli delle industrie

          • @Andrea

            dici una cosa NON VERA. te l’ho già spiegato almeno tre volte (vedi anche risposta ad Indastria), credo che spiegartelo una quarta non servirebbe a nulla, probabilmente vorresti avere ragione anche nel caso gli organi competenti ti dessero torto

          • “quando la legge è confusa, va interpretata”
            L’interpretazione c’è, è nella circolare ministeriale, ma vedo che continui a non afferrare questo semplice concetto.

            Per il resto ti assicuro che le mie opinioni non si formano valutando gli interessi in gioco: di una vicenda mi faccio un’idea indipendentemente dalla natura delle parti coinvolte.

          • @Andrea

            CI RIPROVO, magari sarò più fortunato (dalla circolare ministeriale)

            sempre il virgolettato: “Pertanto non può in alcun modo essere utilizzato per presentare i prodotti come superiori nella qualità.”

            già scritto sopra ma se vuoi leggere solo quello che ti fa comodo… attendo di conoscere da te da dove deduci che in “Almond 22 – Birra Artigianale” la parola artigianale indichi una qualità superiore e non un processo produttivo

            purtroppo, l’italiano non è una opinione… anche se tu lo trovi divertente

          • @SR “potrei” essere d’accordo con te. è proprio la confusione che genera il problema. Purtroppo non siamo su beeradvocate (:°D) e le mie competenze in materia non mi permettono di dire se l’interpretazione data dal ministero (la tesi di turco) possa essere vincolante o meno.

            Come detto millemila post prima, il ricorso mi sembra una cosa sacrosanta e doverosa; anche per chiarire il tutto.
            Non credo che i birrifici rinunceranno facilmente al termine.

          • Inda, e quindi, conclusione, se la cosa non è chiara, eviterei di dire “trovo perfettamente coerente la filosofia sulla quale si basa la regolamentazione” perchè non lo è, come non lo è la sanzione

            ma poi, dio bono, la prossima volta che vedere dal salumaio un salame artigianale (etichettato) possibile che non vi venga il dubbio che FORSE le cose non stanno come sostiene il Turco e che FORSE ‘sta sanzione è una cazzata clamorosa, un arbitrio?

            l’interpretazione è sicuramente vincolante, ma se uno non la viola perchè devi multarlo?

          • @INDASTRIA
            Le circolari hanno valore vincolante

            Le Circolari Ministeriali vengono emanate dagli organi amministrativi, al fine di precisare i criteri applicativi per la corretta attuazione dei principi legislativi.

    • il fronte comune, che risate…

      CMQ anche io mi sto attenendo a quanto dice Andrea. Se le cose stanno in maniera diversa sarebbe appunto compito delle categorie interessarsi alla cosa.

      E qui nasce il problema…

      • Tu dici:
        “Stavolta andrò controcorrente: ovviamente mi dispiace per quanto capitato a uno dei migliori microbirrifici italiani, ma purtroppo la legge sulle etichette è molto severa in materia e la multa mi sembra del tutto normale.”

        Pur utilizzando la stessa terminologia che condanni.
        Mi sembra paradossale.

        La Legge in Italia è severa solo per quello che vuole.
        Ma non è mai dalla parte dell’utente.

        Perchè non viene adottato il sistema americano che non ti fa mettere in commercio neanche una bottiglia fino a che non viene approvata l’etichetta?

        Lo stato di incertezza è funzionale allo Stato LADRO (sono utente noto e mi prendo le responsabilità per l’affermazione).
        Non essendo mai certi di essere in regola i cittadini stanno attenti a denunciare le altrui mancanze.
        Tremonti un tempo definì il sistema come “Stato Criminogeno”.
        Quindi spero che sarebbe oggi d’accordo con me.
        Se criminale si potesse definire l’uso della parola “artigianale” in etichetta.

        • Cerco di chiarire meglio la cosa. Come ha scritto Patrick poco sopra, io ero già a conoscenza della questione. Trovo assurdo che non lo fossero i birrifici e che una multa possa creare tutta questa indignazione.

          Ad esempio qui ho più volte denunciato, con un vero e proprio dossier, l’assurdità della disciplina delle accise. Ma se domani venisse comminata una multa (o peggio) a un birrificio perché non mantiene un registro delle accise, mi aspetterei magari una levata di scudi in sua difesa, ma non indignazione e sorpresa. E’ il fatto che tutti cadano dalle nuvole, professionisti compresi, che mi lascia esterrefatto. A mio modo di vedere la sanzione sarebbe normale.

          Per di più le accise hanno il solo fine di arricchire lo stato, la regolamentazione delle etichette (anche) quella teorica di tutelare il consumatore.

        • trovarmi d’accordo con te mi da i brividi…

          spero di leggere in futuro un Turco altrettanto giustizialista a proposito del disturbo della quiete pubblica e dell’applicazione delle normative comunali emesse da Alemanno, con conseguenti sanzioni

  12. Oggi spinta dalla curiosità dell'”evento” sono andata a fare un giro in una GDO, così per leggere le etichette di qualche birra “artigianale”. Risultato: il 90% delle etichette visionate, risultava “fuorilegge” secondo la normativa menzionata più volte. la motivazione va ricercata di certo nel buco normativo, che riferita alla birra risale al ’62. Per legge va indicata la categoria merceologica, in tal caso birra, poichè il termine “birra artigianale” è come dire…un nome di fantasia. Per essere più chiara basta spaziare in altri settori alimentari: ricordate quando fu immesso in commercio il prodotto “latte microfiltrato”? Il legislatore impazzì, poichè non rientrava più in nessuna categoria merceologica dei latti, la cui scadenza è anch’essa normata per legge. Può essere definito “latte fresco” solo latte pastorizzato, di conseguenza il latte microfiltrato è stato ritirato dal mercato (temporaneamente) e reimmesso come “latte fresco pastorizzato e microfiltrato”. Nel frattempo la data di scadenza riferita al latte è stata estesa dai 4 ai 6 giorni attuali. Lo stesso dicasi per gli oli extravergine di oliva, l’etichetta è ancora più stringente, la denominazione di vendita DEVE coincidere con la categoria merceologica e non è ammesso l’utilizzo di nessun aggettivo che si accompagni ad OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA (come ad es ho letto in alcune bottiglie “FRAGRANTE”), perchè questo significherebbe immettere in commercio un prodotto la cui etichetta è fuorilegge e per questo motivo sanzionabile.
    Ciò che è capitato oggi al birrificio ALMOND’22 non è altro che la dimostrazione (purtroppo) di un buco legislativo che non contempla anche le produzioni “artigianali” ma d’altro canto fa emergere la “scarsa” conoscenza in materia di etichettatura obbligatoria dei prodotti alimentari sia dei produttori che dei consumatori dovuta essenzialmente ad una ambiguità normativa.

    • volevo aggiungere una piccola precisazione a chi commentava “birra cruda”, l’etichettatura obbligatoria per un prodotto alimentare e nel caso birra impone che nella stessa facciata o campo visivo vi siano indicati:

      Categoria merceologica del prodotto
      Volume/peso
      ingredienti
      titolo in alcool
      TMC (termine minimo di conservazione)

      gli altri attributi indicati, tipo ad esempio la denominazione di vendita come Birra Cruda (come indicato dalla DAB), possono stare sull’altra facciata e questo non è suscettibile di sanzione.
      saluti
      Mena

  13. Artigianale potrebbe essere il nome, non un aggettivo 😉

    birra peroni, birra moretti, birra…..artigianale

    un nome che non identifica un “modello” di birra, ma un nome che si è deciso di usare tutti….

    ovvio che la mia è una provocazione…..visto il paese dei furbi…..

    • purtroppo c’è grossa confusione tra denominazione di vendita e categoria merceologica!

      non credi che sarebbe più furbo rendere BIRRA ARTIGIANALE una categoria merceologica? quindi assieme alle diciture:
      birra analcolica
      birra
      birra doppio malto
      far comparire birra artigianale?

      però per fare ciò bisognerebbe proporre un “disciplinare” di produzione che ne faccia capire il significato (es: artigianale:birra non filtrata, non pastorizzata e rifermentata in bottiglia.) sottoporlo agli organi competenti che lo esaminimo e che ne ufficializzino FINALMENTE la categoria.
      tu hai suggerito un nuovo marchio, come dicevo io prima “un nome di fantasia”, che legislativamente parlando..non risolve assolutamente nulla!se non si cambia la legge, purtroppo non si può nemmeno tutelare il movimento.

  14. “Inoltre, in più occasioni si è sottolineato quanto l’aggettivo “artigianale” sia privo di significato quando si parla di birra e quanto, paradossalmente, possa esporre il consumatore a raggiri di vario genere. Dunque trovo perfettamente coerente la filosofia sulla quale si basa la regolamentazione, sebbene poi la pratica faccia emergere fattispecie al limite dell’aberrante.”
    Questa frase, scritta dall’ “Inventore della settimana della birra artigianale” è un pugno nello stomaco a tutti quelli che perdono tempo a leggerti.
    Scusami il modo Andrea, ma per spiegare questo trasformismo ora ti toccherà inventarti qualcosa di eccezionale.

    • Faccio una riga con l’uniposca?

      No a parte gli scherzi, secondo me c’è un abisso tra un termine usato nella conversazione quotidiana e lo stesso utilizzato per una denominazione produttiva.

      • Siii, ho capito che son cose diverse e che non prendi la multa se parlando con un amico hai detto “Birra artigianale”, ma tu su questo termine ci hai costruito la tua fama. Per carità nel tuo ambito è legittimo, ma negare in modo così spudorato è fastidioso.
        E’ legittimo cambiare idea, ma non metterla sul piano del “ho sempre detto che…”
        Che non ci credo.
        Almeno io.

        • Mica ho scritto “l’ho sempre detto che…”

          La frase che hai citato è formulata in modo impersonale, proprio perché non si riferiva a un mio pensiero nello specifico, ma ad alcune opinioni emerse nel dibattito sul blog. Rispetto alle quali entro certi confini sono anche d’accordo

          • Giusto per dimostrare “l’impersonalità” delle tue affermazioni.
            Su via…hai cambiato opinione non è un dramma.
            Capita a tutti.

          • Non è un dramma, ci mancherebbe. Certo se lo avessi dimostrato con link precisi piuttosto che con l’archivio mondiale di Cronache di Birra (il 90% degli articoli sono notizie, non mie opinioni) sarebbe stato meglio 🙂

          • “Negli scorsi giorni ha tenuto banco nell’ambiente birrario la questione dell’ingresso della birra artigianale nel mondo della ristorazione. ”

            “Scompare un altro mito della birra artigianale: addio a Pierre Celis”

            “Sarà forse una coincidenza o il “debutto” della birra artigianale a Vinitaly – evento che ha inaugurato la sua edizione 2011 proprio qualche ora fa – fatto sta …..”

            “Come sottolinea stamattina Maurzio Maestrelli sul suo Birragenda, per la prima volta in assoluto la birra artigianale sarà grande protagonista, “relegata” …”

            “Ieri il Birrificio Italiano ha festeggiato la bellezza di quindici anni di attività, un traguardo che per il nostro giovane settore della birra artigianale è a dir poco fenomenale. ”

            “Diversamente la birra artigianale è spesso un prodotto non scontato, con un proprio carattere preciso e un alto livello di creatività. In parole povere è birra vera, capace di trasformare la bevuta in un’esperienza unica, che nessun birrificio industriale è in grado di garantire.”

            vuoi che continui?

          • Ma no dai, facciamo cooncorso di colpa.
            Io non capisco te (quasi sempre) e viceversa. Tranqui.

            Ribadisco il concetto che vale anche per restare in topic.
            Spesso dopo aver letto uno dei tuoi pezzi non capisco bene qual è la tua opinione. Passi pure che non è detto che tu debba esprimerla la tua opinione (spero che almeno tu ne abbia una), ma come faccio a non contestarti quel pezzo che ho citato all’inizio del thread?
            Come faccio a capire cosa pensi sull’argomento se produci una roba simile?
            http://www.settimanadellabirra.it/birra_artigianale/
            E credi che tutto questo sia chiarificatore per il consumatore medio?
            Se la pensi così: “Dunque trovo perfettamente coerente la filosofia sulla quale si basa la regolamentazione…” e che iconsumatori vadano tutelati, non mi pare che tu sia di aiuto.
            A tutelare Juri ci penserà la sua associazione.

          • Ok ora ti seguo un po’ meglio 🙂 Se ti va di leggere cerco di chiarire tutti i punti che mi sembra tu sollevi.

            Parto dal taglio del sito. Quando ho creato Cronache di Birra non ho voluto fare un blog in senso stretto, cioè una sorta di “diario dell’appassionato”, ma quasi un magazine, un aggregatore di notizie. Da qui l’aggiornamento quotidiano e il punto di vista “impersonale” che spesso emerge. Quando esprimo mie opinioni, lo faccio sempre (almeno mi sembra) sottolineandolo a più riprese.

            Sul discorso “birra artigianale”. Secondo me come denominazione è importante, sia in termini di identificazione del movimento, sia in termini “commerciali” diciamo. Qualcuno su MoBI mosse critiche al nome della Settimana (forse proprio tu, non ricordo), però per quanto la definizione sia vaga, penso anche che sia imprescindibile nel momento in cui si voglia organizzare qualcosa di ampio respiro e soprattutto indirizzato ai “neofiti”. Se dici “birra artigianale” anche i meno esperti oggi sanno più o meno a cosa ti riferisci. Che poi non abbia un valore semantico in termini produttivi è un problema di vuoto legislativo, diciamo così.

            Nell’articolo su Almond non nego tutto questo, ma sottolineo comunque che per quanto riguarda le etichette è giusto che ci sia una regolamentazione precisa in materia. Sono due cose che a tuo modo di vedere contrastano, ma solo perché la dicitura è “birra artigianale”. Se Jurij avesse scritto “birra cruda” e fosse stato multato per quello, forse queste obiezioni sul mio “pensiero” non ci sarebbero state. In altri termini la questione di principio è valida al di là della fattispecie.

            Infine, come già ti ho scritto il pezzo da te citato era formulato appositamente in modo impersonale, perché voleva riferirsi a opinioni generiche, rispetto alle quali magari il discorso sull’etichettatura poteva far riflettere. Non è una mia opinione. Io sarei per una definizione di birra artigianale come esiste negli States, piuttosto che per abbandonare l’espressione. Parallelamente non muoio perché non è prevista dalla legge sulle etichette. La cosa migliore è che fosse una definizione riconosciuta ufficialmente, nonché una categoria merceologica.

            Oh poi non è sempre facile esprimersi su un sito, soprattutto in un tempo disponibile limitato. Non escludo che magari certe mie frasi possano inquadrare male il concetto che voglio esprimere, forse questo post ne è un esempio…

  15. Non può essere giudicata OGGI una birra prodotta in base a leggi di 50 anni fà, quando in Italia la birra artigianale nemmeno esisteva.

  16. Ma vi pare il caso che si debba multare un birrificio serissimo che fa prodotti di grande qualità e buonissimi (la Pink IPA è una delle migliori IPA italiane!) e che si valuti il suo lavoro in base a leggi concepite da qualche vecchiaccio democristiano con la prostata ingrossata che beveva al massimo il chinotto della recoaro?
    Ma vi pare che si debba umiliare il lavoro di un artigiano serio con la folle dicitura “doppio malto”, che oltre ad essere una vera e propria truffa legalizzata a livello di trasparenza non significa NULLA nemmeno in ITALIANO!!

    Stendo un velo pietoso sulla dicitura “birra leggera”..

  17. Insomma ognuno ha la sua opinione a riguardo ed è libero di pensarla come vuole…….ma il perchè di tutto questo accanimento contro il buon Turco sinceramente non lo capisco.
    Non si può commentare (anche vedendo la questione in modo differente) solamente entrando nel merito??

    Una cosa che non è stata detta a meno che non mi sia sfuggita tra i commenti: la multa in questione ammonta ad Euro 1.200,00 😀

  18. Se tutto era risaputo allora dovremmo indignarci per la mancata applicazione della legge il giorno ZERO.
    Il che alla fine è la stessa cosa.

    Mai sentito parlare di giurisprudenza per usi e costumi?

    Non era una FRODE nascosta.
    Almeno su questo spero che siamo tutti d’accordo.

    • D’accordo con te, l’indignazione sarebbe dovuta partire molto ma molto prima della sanzione ad Almond. Per le accise è già successo…

      Ecco secondo me l’unica speranza di vittoria di Jurij è obiettare l’accusa di frode. Cioè entrare nel merito della multa, visto che da un punto formale l’etichetta non è conforme…

  19. Terzo punto: ma vi pare possibile che la legge italiana equipari una moretti a una almond 22? Che la Xyauyu debba chiamarsi “birra doppio malto” esattamente come la “Moretti Doppio Malto”?

    Vabè che siamo che per decenni è stato governato da incompetenti di tutti i colori possibili e immaginabili, ma che non si metta ancora mano a una revisione generale della legislatura in materia di birra (visto lo ZERO che c’era quando questa legge folle fu concepite e l’attuale boom pazzesco di birra artigianale in Italia) lo trovo assurdo. E’ così che si sostiene il “made in italy”? E’ così che si sostengono le nostre imprese? E parliamo di imprese serie, che quando devono venderti un prodotto non fanno il gioco delle tre carte come tanti altri zozzoni vieppiù premiati da questa casta di amebe che ci governa.

    • mi pare possibile fino a quando la legge sarà questa. Le leggi le fanno cambiare le lobby. c’è una lobby o un’associazione in grado di far presente il problema?

  20. Come gà detto in precedenza il problema non è solo cosa dice la legge (anche se sarebbe ovviamente opportuno conoscere le regole che regolamentano il settore di appartenenza e la produzione e la commercializzazione della birra…)….ma l’interpretazione della stessa che cambia a secondo della forza contrattuale dello sventurato che per piccola ignoranza incappa in qualche cavillo che può essere gestito o in un senso od in un altro dal funzionario pubblico che decide di rompergli le scatole….e questa è parte del sistema aberrante della cosa pubbica italiana…
    Quindi Juri ha trovato sulla sua strada due zelanti funzionari di un Ministero fantasma…..che magari per far bella figura sui capi hanno deciso di portare a casa un pò di quattrini….perchè di questo si tratta….
    In questo caso si parla di Etichettatura…ma potremmo parlare tranquillamente di altre decine di argomenti con le stesse problematiche…..io vivo continuamente con il terrore che un giorno o l’altro mi possa varcare la soglia uno dei cento funzionari pubblici che potrebbero controllare la mia attività e che mi possa fare delle multe…o (ed è pesante per un’azienda di 2/3 persone) che mi faccia perdere del gran tempo……
    La situazione Vi posso assicurare è particolarmente pesante…….
    Cosa si può fare? O proponiamo (tutti insieme) un pacchetto di modifiche legislative che coprano i punti a noi più cari (dalle accise a tutto il resto…)…oppure si continua a fare i democristiani a vita oppure si emigra……

    • Magari mi sbaglio, ma nella disciplina delle accise ci trovo molti più buchi neri rispetto a quella riguardante l’etichettatura, almeno nella parte per la quale è stato multato Almond.

  21. Se io metto la macchina in doppia fila e mi becco una multa non mi posso indignare perchè anche altre 100 persone lo hanno fatto e non hanno preso la multa, sarebbe come stupirsi del fatto che non tutti i ladri finiscono in galera o che non tutti i datori di lavoro regolarizzano i lavoratori….
    Casomai mi indigno del fatto che la legge sia ancora quella del 1962 e non tuteli in definitiva nessuno lasciando ampi spazi interpretativi (ma forse è proprio quel che si vuole oggi); al di là del caso singolo (per il quale spero vivamente che Almond riesca a ricorrere vittoriosamente) auspico una modifica legisativa relativamente ad un testo che non ha più molto senso e dovrebbe prendere atto della mutata realtà anche produttiva (son passati un pochetto di anni…).

    • non mi pare affatto che Jurij abbia parcheggiato in doppia fila. a me pare che abbia lasciato l’auto in un parcheggio in cui non è affatto chiaro se sia possibile o meno lasciare l’auto. ma la multa sul parabrezza gliel’hanno lasciata cmq. c’è una bella differenza

      • Lo chiarirà appunto un giudice, esistono per questo…
        In effetti, però, il tuo esempio è probabilmente più calzante, nel caso di specie più che una doppia fila c’è un parcheggio dove le regole di posteggio non sono del tutto chiare: il “vigile” ha preso una prima decisione, al magistrato spetta l’ultima parola, e magari una chiarificazione (non della birra eheheh) che sarebbe opportuno venisse dal legislatore (ed ancor di più un ammodernamento dell’impianto normativo).

        • La cosa più grave in questo tipo di contradditorio è che NON C’E’ un giudice terzo, ma è l’ufficio competente (chi controlla le etichette è l’ufficio antifrodi alimentari che fa capo al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali)che emette il verbale di contestazione, decide l’ammenda e giudica in base agli scritti difensivi che tu gli porti, se farti pagare o archiviare il tutto.
          E’ chiaro che tutto ciò è anticostituzionale, ma ciò viene deciso solo dal giudice a cui si arriva eventualmente in un secondo momento, ossia se si fa ricorso dopo la trafila appena descritta con l’ufficio antifrodi.

        • appunto. quello che mi da fastidio, è leggere in giro commenti tipo “solidarietà blablabla” però le regole si rispettano e inutile poi piagnere. vero, ma le regole ci devono essere, devono essere chiare e per essere multato legittimamente devi infrangerle. cosa che, dalla lunga discussione fatta sopra con Andrea, non mi pare affatto che sia emerso (personalmente sono convinto del contrario come mi pare di aver dimostrato). in questa situazione avallare il fatto che Jurij abbia cmq infranto una legge, con tutte le attenuanti e con l’idiozia della burocrazia e della regola, lo trovo estremamente scorretto e disinformativo visto che questa cosa è tutta da dimostrare

  22. Sinceramente non riesco a comprendere alcuni commenti in cui si prendono mezze posizioni. La multa è giusta ma spero che vinca il ricorso… Bianco o Nero? Grigio.

    Io sono del parere che quella multa non sta ne in cielo ne in terra.
    Se qualche curioso vuole vedere come è fatta un’etichetta di Almon22 può vederla quì:
    http://velleitario.myblog.it/archive/2011/04/28/vietato-scrivere-birra-artigianale.html
    “birra artigianale” è una descrizione aziendale, non sta tra le indicazioni di etichetta.

    • Sai com’è in fatto di Diritto non sempre esistono il bianco ed il nero (e non solo in campo giuridico…) a meno di esser giustizialisti o massimalisti.
      La legge esistente ha una certa impostazione, che può essere contestabile e modificabile ed anche estensivamente interpretabile (tra l’altro per ovviare in casi concreti a palesi ingiustizie che fossero riscontrate), è stata applicata in un certo modo che può essere condivisibile o meno, ma non siamo nè io nè tu a poterne stabilire la correttezza giuridica, abbiamo una opinione, ma quella che conta è quella del Giudice.
      Ribadisco che non mi pare opportuno gridare allo scandalo, la multa sotto molti aspetti può essere, ed è, formalmente corretta ed applicabile, altro aspetto è quello sostanziale e la ricorribilità avverso la stessa, aspetto per il quale auspico una saggia ed evolutiva (oltre che correttiva) decisione da parte della Giustizia che possa anche fare chiarezza in merito agli aspetti della normativa meno in linea con la realtà del mercato brassicolo attuale.
      Tutto qui.

    • il problema è che sullo stesso fronte devono essere scritte tutte le indicazioni di legge…..il problema, per me, non è la scritta birra artigianale che è scritto sulla etichetta di fronte, quanto il fatto che manchi la categoria merceologica corretta sulla retro…..ci sono informazioni ridondanti come il codice di accisa e non ci sono tutte le scritte previste dalla legge…..questo è…..poi che sia più o meno imèportante questo dipende dalla pignoleria del funzionario di turno…

  23. […] Leggo su Cronache di Birra che la Brewers Association ha (nuovamente) rivisto i criteri che regolamentano la definizione di “birra artigianale”, spostando ancora una volta i paletti che dovrebbero normare questa categoria sfuggevole. In Italia, nonostante la dicitura sia ormai un ottimo argomento di marketing e sia sulla bocca di tutti (nonché nei menu di moltissimi pub e ristoranti), dopo un primo momento pionieristico in cui si parlava di “birra non filtrata e non pastorizzata”, ormai neppure ci si prova più a specificare a cosa ci si riferisce quando la utilizziamo, tanto è vero che è persino vietato piazzarla in etichetta… […]

  24. Ragazzi la burocrazia, va sfruttata piuttosto che sfidata. La categoria merceologia è solo “birra” o comunque con le diciture in vigore, Poi chiami il prodotto “Artigianale”, non come aggettivo, ma come sostantivo, esempio: Birra doppiomalto – Artigianale Daniele, artigianale è il nome, i burocrati sono contenti, e tu ancor di più per averglielo buttato da tergo… 🙂

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