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Il report del Mikkeller Beer Celebration di Copenhagen, due anni dopo

Dopo oltre due anni di assenza, causata dalle ben note vicende pandemiche, venerdì 22 e sabato 23 ottobre si è tenuto, come da vari anni a questa parte, il Mikkeller Beer Celebration Copenhagen (MBCC), tradizionalmente organizzato in quattro sessioni, due mattutine e altrettante pomeridiane di quattro ore ciascuna, secondo la formula all you can drink. Come ogni edizione, era possibile acquistare il biglietto per una o più sessioni o per tutte quante, oltre al biglietto “gold” che dava diritto all’ingresso anticipato di venti minuti alle quattro sessioni e ad altri vantaggi in occasione delle bottle releases e altri eventi collaterali tenutisi durante la Mikkeller Beer Week. È stata la mia quinta partecipazione al festival e devo ammettere che le rinunce di alcuni birrifici molto noti a pochissime settimane dall’inizio del festival mi avevano fatto temere un’edizione quantomeno in sordina. Invece sono tornato a casa decisamente soddisfatto e felice per essere tornato a partecipare a un festival internazionale.

Le rinunce a cui ho accennato poco sopra erano cominciate a seguito del comunicato di Mikkeller in merito a presunte “allegation of harassment” occorse nei suoi locali oltreoceano, e si sono stagliate in due modalità. La prima ha comportato il ritiro del team dei birrifici e di tutti i relativi fusti e bottiglie dal festival, la seconda ha comportato il ritiro solo del team che avrebbe dovuto partecipare agli eventi. Dal canto suo, l’organizzazione del MBCC ha ovviato alla situazione aumentando il numero dei volontari presenti ai punti spina e sostituendo i fusti “ritirati” con birrifici scandinavi, per lo più poco conosciuti. Il tutto, oltre ad accordare uno sconto generalizzato del 25% a tutti i partecipanti al festival su tutte le release e i tap takeover durante la Mikkeller beer week. Personalmente sono sempre contento di poter provare referenze di realtà poco conosciute che operano in una scena importante come quella scandinava, pertanto la mossa mi è sembrata appropriata, come altresì quella relativa allo sconto.

I timori di proteste e manifestazioni dimostrative da parte di associazioni a vario titolo avverso Mikkeller, per le suddette vicende, si sono rivelati del tutto privi di fondamento. Solo tante persone, specie nelle sessioni pomeridiane, mentre le sessioni mattutine hanno registrato un afflusso minore del solito, con voglia di divertirsi in serenità e nel rispetto reciproco. Personalmente ritengo non sia un caso che abbia visto solo una volta la sicurezza del festival espellere un partecipante. E mi sento di poter sommessamente affermare che episodi poco edificanti, cui spesso e malvolentieri ho assistito in vari festival, qui possono considerarsi fantascienza.

Per altro verso, è inutile rimarcare la mia soddisfazione e contentezza nel ritrovare, dopo oltre due anni, volti conosciuti e amici che ero solito incontrare nei festival internazionali più importanti. Ammetto di essermi spesso dilungato in  chiacchiere, confrontando le opinioni sulle scene brassicole europee e non, con il  denominatore comune della voglia di partecipare ad altri eventi internazionali in serenità, senza dover ogni giorno controllare le pagine social degli eventi con il timore di annullamenti dell’ultimo minuto.

Ma veniamo alle bevute. In primis, con soddisfazione ho notato una maggior presenza di Lager rispetto alle ultimi edizioni. Sul punto, la Pils di Elch Brau si è sicuramente distinta, e non è certo una novità per il sottoscritto, ma una menzione va anche alla Hey Mambo, Mambo Italiano! di Mikerphone, una Italian Pils non eccessivamente luppolata che fa della pulizia e dell’assenza di alcuna problematica fermentativa il suo punto di forza. Sul lato Imperial Stout e Barleywine ho avuto conferme sull’ottimo livello raggiunto da Moksa con la Barrel aged Cremaux, prodotto con baccelli di vaniglia aggiunti direttamente nella botte di Elijah Craig 13 yrs, dove birra è rimasta due anni. Il risultato è una birra setosa e profonda, dove le note di toffee, vaniglia e cioccolato si susseguono senza mai travalicarsi l’una con l’altra. Altre annotazioni più che positive e conferme sono arrivate dalla Millerzzzzz di Forager, Imperial Stout invecchiata in botti di bourbon e rye whisky tra i 14 e i 20 mesi, con l’aggiunta di sciroppo d’acero e vanilla caviar. Discorso analogo per la Big Sexxxy Vanilla di 3 Sons, English Barleywine maturato in botti di brandy californiano per 22 mesi, con aggiunta di varie tipologie di vaniglia: un barleywine con un profilo gustativo di caramello, fichi secchi, datteri, che risulta molto equilibrato, con un tenore alcolico ben nascosto (14,6%).

Per quanto concerne le luppolate, in generale il livello è migliorato rispetto all’ultima, non soddisfacente edizione, caratterizzata da troppe birre con sentori vegetali. Soddisfacente Hop Butcher for the World con la sua Pleasant Dank, bene Apex con la Asmodedus, interessante Malbygg con la Basl Ipa. Non soddisfacenti Ebelstoft in genere per via dell’eccesso di sentori vegetali, male anche Gigantic, con la We are from Oregon Bitches, palesemente ossidata e Bearded Iris, con la Escape Artist, per lo stesso motivo.

Non benissimo il settore sour, dove tuttavia a mio avviso si è sicuramente distinto Bofkont che ha dimostrato appieno di meritare la sua fama, specie con la Moondance, blend di lambic con albicocche, la Kriek B-225 2019 e la Sunrise 2020, sempre un blend di lambic cui sono state aggiunte pesche bianche e gialle belghe e pesche selvatiche spagnole. Discontinuo invece Great Notion, tra prodotti validi, senza eccellere, e sedicenti Berliner Weisse con lattosio e un uso eccessivo di frutta. Male Hyllie, Cerebral Bechtop e Creature Comforts, tra plastica bruciata, solvente e acetico sopra i livelli di guardia. Tutti denominatori comuni di molte birre insieme a un uso eccessivo e a volte slegato dal contesto della bevuta della frutta.

Ancora una volta i birrifici italiani si sono segnalati per la loro assenza.

In conclusione, sebbene questa edizione non sia stata la migliore cui abbia partecipato, senza però le cadute della prima sessione dell’edizione 2019, il MBCC rimane un’esperienza da fare almeno una volta per poter bere referenze a volte già molto difficili o impossibili da reperire in bottiglia, figuriamoci alla spina, anche in loco. Ho avuto un bel senso di soddisfazione e contentezza nel poter di nuovo partecipare ad un festival internazionale, rivedere con vivo piacere persone già incontrate durante le precedenti edizioni e conoscere altri appassionati. Il tutto condividendo le proprie impressioni sulle scene birrarie nazionali e non, in questo periodo particolare. Spero vivamente di poter partecipare ad altri festival internazionali, pandemia permettendo.

L'autore: Pierluigi Nacci

Appassionato di birra artigianale sin dal 2004, ha frequentato numerosi corsi di degustazione e nel corso degli anni ha sviluppato una predilezione per i viaggi birrari all'estero, comprensivi di visite a taproom e pub, e per i festival internazionali. Senza assolutamente tralasciare la scena italiana.

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