Venerdì, giorno di post leggero. Oggi ho quindi pensato di raccontarvi una storiella, ovviamente incentrata sulla birra. In un tempo lontano lontano, c’era un ragazzo che viveva in Danimarca, in un piccolo paese di provincia. Come per tanti giovani della sua età, la sua vita passava tranquilla, senza particolari spunti. Almeno fino a quando non avvenne l’incontro che cambiò la sua vita: un giorno insieme al suo migliore amico, si recò in una birreria di nuova apertura, in una città poco distante. Pensava di essersi recato in un pub come tanti, dove spezzare la monotonia della routine, invece scoprì che il locale proponeva alla spina birre diverse dal solito. Eh sì, erano proprio birre artigianali, prodotte da microbirrifici locali e stranieri, che gli aprirono un mondo completamente nuovo. Da quel momento per il ragazzo cominciò un percorso di crescita personale tanto rapida quanto inarrestabile.
La sete di birra artigianale aumentò parallelamente alle sue conoscenze sull’argomento. Dapprima iniziò a visitare altri pub con prodotti artigianali, poi passò a frequentare corsi di degustazione, festival a tema, visite ai birrifici nazionali. L’entusiasmo raggiunse nuove vette quando si lanciò nell’avventura della produzione casalinga: la prima birra in kit era un liquido al limite dell’imbevibile, ma l’emozione di stappare la sua prima bottiglia homemade fu indescrivibile. La qualità delle sue creazioni migliorò di cotta in cotta, mentre crescevano anche le sue abilità di brassaggio. Ora erano gli amici – inizialmente diffidenti a ogni assaggio delle sue pozioni – a richiedere espressamente una bottiglia o due delle sue ultime produzioni casalinghe.
Dopo alcuni anni in cui si susseguirono cotte su cotte, il ragazzo decise di compiere il grande passo. Con i risparmi che aveva da parte e con la collaborazione di un paio di amici si lanciò nel progetto più grandioso della sua vita: aprire un birrificio e far conoscere le sue creazioni a tutto il paese. Venne acquistato un piccolo impianto, eseguite tutte le operazioni burocratiche, stabiliti i criteri produttivi… il birrificio era pronto a partire!
L’idea del ragazzo era di puntare a ricette molto originali, solo in parte influenzate dalle mode brassicole del momento. Spesso si alzava di buon’ora la mattina e si attardava nei boschi intorno al suo villaggio, alla ricerca di spezie e ingredienti particolari per le sue birre. Era affascinato dalle qualità di luppolo meno conosciute, perdeva ore su libri e siti web per scoprire le caratteristiche di ogni varietà e capire come valorizzarle al meglio. Il lavoro in birrificio era duro, durissimo, ma lui era felice di poter dedicare le sue giornate all’attività più bella del mondo.
Poi scoprì presto che la passione non basta e se non si ottengono risultati economici, qualsiasi avventura imprenditoriale è destinata a morire. A detta di appassionati ed esperti le sue birre erano buonissime, ma sapeva bene che non avrebbe mai potuto sfondare se non avesse abbandonato la limitatissima realtà rappresentata dal suo paese di provincia. Avrebbe dovuto spostare la produzione in una grande città, magari a Copenaghen o qualche altro centro nevralgico.
Ad aiutarlo nel momento più critico trovò l’appoggio di uno zio, che aveva dimostrato di credere molto nel suo progetto. Fu lui a finanziare il trasferimento del birrificio: il ragazzo individuò come ottimale proprio la capitale danese, dove sarebbe nata la sua nuova creatura. In poche settimane trovò un edificio perfetto al civico 68A di Nørrebrogade e nel giro di qualche mese il birrificio era pronto a partire.
Doveva solo trovare un nome adatto, un nome che fosse in grado di riassumere tutta la passione e le speranze che avrebbe riversato in quella avventura. Ci pensò per giorni, anche di notte. Alla fine pensò di aver trovato il nome adatto: Stronzo Brewing Co. E così lo battezzò.
Ovviamente tutta la storia è inventata, nome a parte. Esiste davvero un’azienda denominata Stronzo Brewing Co., situata nell’indirizzo suddetto. Su Internet si trovano zero informazioni, ma già è facile immaginare che con un nome simile il birrificio è destinato a spopolare soprattutto in Italia 😉 . Buon fine settimana a tutti.
mando ad investigare la mia ragazza che abita li’ 😀
A parte gli scherzi, mandacela davvero che questo nome è troppo curioso 🙂
quali scherzi? l’ho appena chiamata!
il nome mi ricorda la famosa conferenza stampa di Trapattoni al Bayern Monaco 😀
Finalmente uno con cui fare una birra collaborativa alla mia altezza.
Ahahah… come si chiamerà il progetto? Extrastronzi o Stronziomnes?
extrastronzi è da standing ovation.
Spesso si alzava di buon’ora la mattina e si attardava nei boschi intorno al suo villaggio, alla ricerca di spezie e ingredienti particolari per le sue birre.
Bello questo passaggio fa tanto druido Panoramix. Visto il nome c’è da aspettarsi aromi forti e molto caratterizzanti?
Extrastronzi non è male…devo proporla ad un collega con cui abbiamo veramente un progetto, e credo che ci calzerebbe a pennello… 😉
Secondo me è un ottimo nome, stimolante…
Quando ho visto l’etichetta la storia è diventata ancora più interessante.
E’ una birra ottima per i regali 🙂
Eheh, dici che le vendite si impenneranno verso inizio dicembre?
Da notare anche lo slogan “Ales with an attitude” 😀
Basta poco a mettere curiosità..
e nel caso faccia schifo? su un’eventuale recensione ci starebbe la fantozziana definizione di “cagata pazzesca”!!! 😀
Ci stupiamo per il nome, ma io la migliore Pils della mia vita l’ho bevuta al birrificio Kacov (pronuncia Cazov) http://www.pivovarkacov.cz/
In confronto la Urquell è acqua fresca.
ma era scura?
No ho provato solo la chiara, ma dovrebbero fare anche la scura.
E dalla curva sento partire un “Colo’ pensace tu”
http://img208.imageshack.us/img208/2748/27638355344634416489657.jpg
Questa batte la Bukake 6-0 6-0
Siamo già sul pezzo, pronti per questa nuova stronzata 😉
STRONZO D’ORO?
UNA CASSA, SUBITO, QUI.
In Danimarca c’era già la “stronzo” in lattina….una vera e propria opera d’arte…
[…] un occhio e la misi fra quelle “approfondibili”, ma rimasi, lì per lì un po’ scettico. Anche altri ci hanno buttato, nel frattempo, l’occhio, rimanendo, come me, abbastanza scettici. Ma adesso le cose si sono fatte “serie” ed ufficiali, […]
un agente di marketing danese scende in italia, e chiede in danese “ci può dare un nome per questa nuova birra”, gli italiani non comprendendo il danese gli hanno risposto “stronzoooooooooo” e l’agente, sentendosi dire questa parola, ritornò in danimarca e disse al presidente che alla sua domanda gli avevano risposto “stronzo”, e infatti la birra venne chiamata “birra STRONZO” 😀
[…] cronachedibirra.it […]