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Cosa aspettarsi dalla scheda di valutazione nei concorsi per homebrewer

Con tutti i concorsi per produttori casalinghi che ci sono ormai in giro, è inevitabile che ogni tanto torni in auge la polemica sulla scheda di valutazione che qualche homebrewer ha ricevuto dal concorso di turno. L’ho fatto anche io in un paio di occasioni, una più recente che scatenò qualche malumore. A volte non si tratta di vere e proprie polemiche, ma piuttosto di commenti volti a evidenziare lo sconforto che si prova quando, dopo aver dedicato mesi a produrre una birra e dopo aver speso soldi per spedirla a un concorso, ci si trova tra le mani una scheda con quattro parole in croce. Apriti cielo se poi la valutazione della birra è anche negativa. C’è chi ritiene poco elegante o addirittura scorretto che si pubblichino o commentino le schede ricevute (anche offuscando il nome del giudice), ma al di là di questo è forse più interessante chiedersi cosa ci si dovrebbe aspettare dalla scheda che si riceve dopo aver spedito la birra a un concorso.

Le schede di valutazione non sono tutte uguali

Nei concorsi per birrifici, dove si valutano moltissime birre, le schede sono in genere piuttosto povere di dettagli descrittivi. Quello che conta è il voto: i birrifici sono alla ricerca di un piazzamento che costituire il ritorno sull’investimento sostenuto per partecipare al concorso. Non hanno bisogno di un feedback preciso sulla birra, sulla ricetta, sui difetti e meno ancora su quanto la birra sia in stile. Non ha molto senso per il giudice, in questi contesti, dilungarsi in elucubrazioni; è più comune focalizzarsi sulla quantificazione numerica dei parametri essenziali della birra. In questi contesti è più importante la capacità del giudice di capire una birra al volo, cogliendone gli aspetti positivi e i difetti. Questo, quasi sempre, deriva da una combinazione di studio ed esperienza.

Per un contest di birre fatte in casa, la questione è molto diversa. Sebbene il voto resti comunque una componente importante della scheda di valutazione, la maggior parte degli homebrewer invia la birra a un concorso per avere un feedback dettagliato da un giudice con esperienza. Proprio con questo scopo è nata la scheda di valutazione BJCP, una delle schede più diffuse al mondo per la valutazione di una birra in un contesto di produttori casalinghi. Non a caso, è una scheda che non viene in genere utilizzata nei concorsi per birrifici.

Lo stesso BJCP ha provato a elaborare una versione semplificate di questa scheda (qui un esempio), ma non ha avuto particolare successo nel mondo dei concorsi per homebrewer. Questo proprio perché l’homebrewer mediamente è alla ricerca di un feedback dettagliato e non solo di una valutazione numerica con il principale obiettivo di determinare un posizionamento in classifica. Molti produttori casalinghi analizzano e studiano la scheda che hanno ricevuto e da lì partono per elaborare le evoluzioni migliorative per la birra che hanno presentato al concorso (come ad esempio fa Lucio di Homebrewing Diary in questo video).

Questa ampia adesione all’approccio BJCP ha creato però molte aspettative che risuonano non appena vengono deluse. La scheda BJCP rappresenta a mio avviso un ottimo strumento di lavoro, ma se non è compilata da giudici abituati ad utilizzarla o se non viene spiegata bene prima della giuria, perde di efficacia, generando potenziali problemi ai giudici che la compilano e agli organizzatori del concorso. Non c’è niente di peggio di un homebrewer incazzato che riceve una scheda negativa, compilata male: si rischia davvero di finire a male parole. E noi homebrewer possiamo diventare davvero dei gran rompiballe.

Non è obbligatorio usare le schede BJCP. L’organizzatore del concorso può scegliere il formato che preferisce per valutare le birre in gara. L’importante è comunicarlo prima, in modo che chi partecipa al concorso sappia che tipo di scheda riceverà, evitando così di generare aspettative che poi rischierebbero di essere deluse. Se so in anticipo ed è subito chiaro che da un determinato concorso riceverò schede con un commento generale di un paio di righe e un voto, non rimarrò deluso. A molti potrebbe andar bene lo stesso: ci sono anche homebrewer che mandano birre ai concorsi solo per il piazzamento.

Ma se le schede adottate dal concorso sono BJCP, allora bisogna impegnarsi il più possibile a farle compilare bene. Non è impresa semplice, me ne rendo conto, ma è un impegno verso gli homebrewer che non andrebbe preso con leggerezza da parte dell’organizzazione del concorso.

Meglio un giudizio approfondito ma sbagliato o uno sintetico ma corretto?

Questo è un dilemma su cui mi sono trovato spesso a riflettere. Siamo ovviamente agli estremi, è chiaro che tutti preferiremmo una valutazione approfondita, elaborata e competente, ma non sempre si riescono a trovare giudici all’altezza, in particolare in competizioni con molte birre iscritte e poco tempo per valutarle.

Come immagino ormai sia abbastanza noto, a me il sistema BJCP piace molto. Sono convinto che di base promuova un approccio analitico alla valutazione della birra. Un approccio che paga in termini di chiarezza sull’articolazione del giudizio da parte del giudice. Nella scheda c’è ampio spazio per spiegare il proprio voto che poi si tradurrà in un numero, una classifica, un podio. Per diventare giudice BJCP si devono passare una serie di esami che permettono di progredire nel ranking a seconda del voto che si riceve. Ma qui arriva l’aspetto negativo del BJCP.

Da quando ho iniziato a correggere alcuni degli esami BJCP, è diventato ancora più palese ai miei occhi come sia praticamente impossibile non passare l’esame base. Prendere un voto alto per andare avanti nel ranking non è facile; ma, per come è concepito l’esame di assaggio, è praticamente impossibile ricevere un voto così basso da essere bocciati. Questo perché, giustamente, l’esame BJCP dà importanza anche alla completezza della scheda, alla capacità di fornire un feedback all’homebrewer, dall’abilità descrittiva del giudice. Questi tre parametri hanno lo stesso peso – in punti – dell’abilità percettiva e dello scoring. Per intenderci, se uno non ha capito una mazza della birra che sta assaggiando (sbaglia totalmente il voto e sente cose che non ci sono) potrebbe passare lo stesso l’esame concentrandosi sugli aspetti “formali” della scheda.

Questo è naturalmente un estremo, ma la realtà del BJCP è che molti giudici restano ai livelli bassi/intermedi, magari compilano le schede apparentemente bene, ma poi non sono in grado di riconoscere i difetti, non hanno un bagaglio solido di conoscenza degli stili, non sono in grado di analizzare quello che hanno nel bicchiere. Ricevere una scheda completa da un giudice BJCP che non ha capito la birra e non conosce gli stili è piuttosto inutile. Sarebbe meglio riceverne una meno completa ma con un giudizio puntuale e preciso, da un giudice con esperienza anche se non BJCP, che sa cogliere gli aspetti fondamentali della birra che ha davanti assegnando un voto corretto.

Sarebbe bello avere la moglie ubriaca e la botte piena in ogni concorso, ma non è così. Questo per dire che, a volte, anche se si riceve una scheda BJCP non completa bisogna provare a cogliere gli aspetti positivi prima di lamentarsi. Quel che è scritto, anche se sintetico, è corretto? Il voto ci torna? Quali sono gli elementi più importanti della scheda BJCP e quali invece possono essere tralasciati? Ecco, proviamo ad approfondire questo aspetto.

Non tutti gli elementi della scheda BJCP sono ugualmente importanti

Una scheda BJCP, per essere compilata in tutti i suoi aspetti, richiede una certa quantità di tempo e un po’ di esperienza pratica nella compilazione. Tuttavia, non tutti gli elementi presenti nella scheda hanno la stessa importanza. Sebbene, dal punto di vista del BJCP, siano teoricamente tutti necessari. Ma cerchiamo di essere pratici. Nel caso in cui si avesse poca esperienza con la scheda, o si andasse di fretta perché le birre al tavolo sono tante (capita in concorsi più grandi), si può sorvolare su alcuni aspetti senza snaturare l’obiettivo principale della scheda BJCP: dare all’homebrewer un feedback che non sia solamente numerico.

La prima componente che mi sentirei di compilare con meno dettaglio è l’aspetto visivo. Non serve grande abilità per comprendere e valutare l’aspetto visivo di una birra, qualsiasi homebrewer può farlo anche da solo. Inoltre, molto spesso l’aspetto – la schiuma, in particolare – può cambiare totalmente a seconda di come la birra viene versata. Abbiamo tre punti da assegnare a questa componente, è sufficiente specificare quello che non è ok nel caso togliessimo qualche punto. Il resto, obiettivamente, serve a poco.

Sull’aroma mi soffermerei un filo di più, in ogni caso. Trovo sempre molto interessante leggere quello che gli altri percepiscono nella mia birra. Credo anche che aiuti l’homebrewer a farsi un’idea delle proprie abilità percettive. Importante, anche qui, giustificare eventuali voti bassi. Su un massimo di 12 da assegnare all’aroma, a mio avviso è bene dare qualche motivazione se siamo sotto gli 8/12.

Nel flavour possiamo non dilungarci nel descrivere i descrittori che percepiamo nel retrolfatto: nella maggior parte sono gli stessi percepiti al naso. Qualche volta le specifiche intensità possono differire, ma sono piccolezze. Mi focalizzerei invece nel descrivere il bilanciamento dolce/amaro, se è corretto per lo stile; se il finale è dolce o secco, anche qui facendo riferimento allo stile di riferimento. Se emerge qualcosa di diverso rispetto al naso. Darei qualche indicazione su cosa non va se il voto è sotto ai 15/20. Tipo: finale medio-secco, non in linea con lo stile; rende leggermente pesante la bevuta.

Correggendo gli esami (ma anche partecipando alle giurie), ho notato come il mouthfeel sia forse la componente che più risente delle inclinazioni personali sulla percezione. C’è chi sente la carbonazione sempre più alta, chi più bassa; chi è più sensibile all’astringenza, chi meno. Chi avverte cremosità in birre per altri quasi “ruvide”. Con questo non voglio dire che il mouthfeel non sia una componente importante della scheda, anzi: credo che influisca molto sulla percezione complessiva della birra al palato, molto più di quanto siamo portati a pensare. Quei cinque punticini non lo rappresentano appieno, ma inconsciamente il mouthfeel influenzerà il voto complessivo che daremo alla birra. Si compila comunque velocemente, quindi non ci starei troppo a pensare.

Ed eccoci giunti alla parte essenziale della scheda: l’Overall. Questa non dovrebbe essere una ripetizione di quanto detto nelle altre parti della scheda. Qui non dobbiamo sprecare spazio con parole inutili. Bisogna essere chiari, educati ma diretti. Qui l’homebrewer deve capire perché abbiamo assegnato quel voto alla birra e come può migliorarla.

Anche se la teoria del BJCP vorrebbe che indicassimo come rimediare tecnicamente ai difetti, all’atto pratico – secondo me – queste indicazioni sono uno spreco di utile spazio. Per esperienza, sia come giudice che come homebrewer, sono consapevole che, nella maggior parte dei casi, un difetto può non avere un’unica risoluzione; spesso esistono concause su cui vale la pensa ragionare in modo più approfondito. La sezione Overall della scheda BJCP non è il luogo più adatto per farlo. C’è poco spazio e c’è poco tempo per compilare questa parte quando si è in giuria.

Meglio raccontare se e quanto la birra ci è piaciuta e perché abbiamo assegnato un certo voto. Se è basso, è utile spiegare cosa non ci ha convinto nella birra; se è alto e non ci sono grandi cose da correggere, è comunque utile riepilogare gli aspetti che invece ci hanno convinto.

Se motivare un voto bassissimo in una birra fortemente difettata o elogiare una birra molto buona è impresa facile, spiegare perché abbiamo assegnato 39/50 anziché 50/50 a una birra in stile e senza difetti è molto più difficile. Ma è qui che si vedono l’abilità e l’esperienza del giudice ed è questo che noi homebrewer dovremmo ricercare e apprezzare nella scheda. Al di là della compilazione delle varie crocette nella scheda BJCP o della descrizione poetica ed elaborata dell’aspetto visivo.

E se la scheda ricevuta proprio non va?

Se la scheda ci ha lasciato delusi, non tanto per il voto ma per la forma, secondo me è giusto protestare e farsi sentire. Sempre con educazione, sia chiaro. Ci sono diversi modi.

In prima istanza si può provare a contattare direttamente il giudice chiedendo delucidazioni sul giudizio. Magari via mail riesce a esprimersi meglio (sulla scheda BJCP si dovrebbe indicare la mail). A volte il problema potrebbe essere il servizio non gestito bene in sede di concorso, una bottiglia sfortunata (più raro) o una giornata storta del giudice. Un confronto diretto e pacato può risolvere il problema.

Se il giudice è irreperibile o si rende tale, può aver senso contattare l’organizzatore del concorso e far presente che la scheda ricevuta non è all’altezza delle aspettative. È probabile che l’organizzatore se ne sia già accorto in fase di invio della scheda e che abbia già deciso di non richiamare quel giudice, ma un confronto è sempre utile. Magari c’è stato qualche altro problema di cui non siamo a conoscenza. Se anche l‘organizzatore è refrattario alle critiche o irreperibile, ha forse senso mettere una pietra sopra al concorso e non partecipare più.

Si possono pubblicare le schede ricevute da un concorso sui social o sul proprio blog? Secondo me sì, non c’è niente di male. Chi giudica una birra si mette in gioco e sa a priori di poter essere contestato. Se ha messo impegno nel compilare la scheda, anche sbagliando qualcosa per inesperienza o distrazione, nessuno si metterà a infierire pesantemente. E se anche capitasse, amen: fa parte del gioco. Almeno per me è così. Mi capita di sbagliare, ci mancherebbe, ma metto sempre il 100% nella compilazione delle schede. E se capiterà una volta che non fosse così, ben vengano anche le critiche. Sappiate però che non tutti la pensano in questo modo, quindi la strada di contattare prima personalmente il giudice per chiedere chiarimenti è forse quella da adottare per il rispetto di tutti.

L'autore: Francesco Antonelli

Ingegnere elettronico prestato al marketing, da sempre appassionato di pub e di birre (in questo ordine). Tra i fondatori del blog Brewing Bad, produce birra in casa a ciclo continuo. Insegna tecniche di degustazione e produzione casalinga. Divoratore di libri di storia e cultura birraria. Da febbraio 2014 è Degustatore Professionista dell'Associazione Degustatori di Birra.

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