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Quando un homebrewer diventa consulente: intervista a Nicola Coppe

Nicola Coppe (a sinistra) insieme a Kuaska

Il sogno nel cassetto di molti homebrewer è di accedere, un giorno, al mondo dei pro: abbandonare i pentoloni di casa e i fermentatori in plastica per aprire un proprio birrificio e cominciare a produrre birra sul serio. Non sempre però la trasformazione dell’hobby in un lavoro segue questo percorso e un esempio ci arriva da Nicola Coppe, ventiseienne veneto che recentemente si è messo in mostra per diverse iniziative. Se frequentate la comunità italiana dell’homebrewing probabilmente avrete incrociato il suo nome: qualche giorno fa, ad esempio, Brewing Bad gli ha dedicato un post per presentare il progetto Lab4Beer. In aggiunta, da qualche tempo Nicola collabora con il birrificio trentino Bionoc curando la linea di produzioni acide denominata Asso di Coppe, forte della sua preparazione in microbiologia e del suo interesse per batteri e lieviti non ortodossi. Nonostante la giovane età, è già riuscito a dare un’impronta professionale alla sua passione, motivo per cui ho deciso di intervistarlo per conoscerlo meglio e capire come è arrivato a questo punto. Sperando che sia di ispirazione per tanti altri validi homebrewer.

Ciao Nicola, cominciamo dall’inizio del tuo percorso. Che studi hai compiuto? Qual è la tua formazione?

Sono un perito termotecnico e attualmente sto seguendo il corso di studi in Scienze e Tecnologie Alimentari, dopo un breve periodo passato a Ingegneria. Al momento ho lasciato temporaneamente in sospeso il mio percorso formativo per concentrarmi sulla ricerca nella birra, in particolare sui lieviti. Ho collaborato in un progetto universitario di ricerca sui batteri lattici selezionati per produrre birre acide in sicurezza, da cui dovrebbe scaturire la mia tesi di laurea. Insomma, è un percorso quasi completo a cui mancano un paio di esami per raggiungere il traguardo finale. Diciamo che nel frattempo ho preferito non lasciarmi sfuggire le occasioni che mi sono capitate, come nel caso del progetto Asso di Coppe con il birrificio Bionoc.

Tu però ti sei avvicinato al mondo della birra come “semplice” homebrewer, giusto?

Esatto, io originariamente provengo dal mondo dell’homebrewing. Qualche tempo dopo esser partito con questo hobby, ho avuto la fortuna di conoscere Fabiano Toffoli, birraio di 32 Via dei Birrari. Il birrificio non era lontano da casa, aspetto che mi ha permesso di sostenere lì un paio di tirocini all’epoca delle scuole superiori. Fabiano è stato il mio primo (e forse unico) grande maestro, sia per un certo tipo di impostazione nella produzione brassicola improntata alla qualità (che sia professionale o semplice homebrewing), sia per le birre acide, per le quali purtroppo non è famoso nonostante realizzi degli splendidi prodotti per l’autoconsumo: arte che ha ereditato dal nonno, che in Belgio era solito acquistare Lambic giovane per farlo maturare nelle sue botti aggiungendo ciliege e lamponi freschi.

Come sei arrivato a specializzarti in birre acide casalinghe?

Quando sono partito, circa dodici anni fa, ho ovviamente realizzato le mie prime con i classici kit e successivamente con il metodo All Grain. Poi, come accennato, ho incontrato Fabiano Toffoli e ho scoperto una parte dello splendido universo delle birre acide. Queste produzioni mi hanno sempre affascinato per diversi aspetti: perché non sono facilmente controllabili e perché appartengono a un concetto diverso di produzione, dove occorre rallentare e aspettare invece che accelerare e svuotare la cantina il più presto possibile. La mia infatuazione per le Sour si è amplificata grazie al mio percorso di studi in Scienze e Tecnologie Alimentari e in particolare alla mia specializzazione in microbiologia. Da lì la creazione di Sour casalinghe è stato un passaggio naturale.

Da qui come sei arrivato alla collaborazione con Bionoc?

La collaborazione è nata da un rapporto personale che si è costantemente affinato nel tempo. Tre anni fa andai a visitare il birrificio per pura curiosità e incontrai Fabio Simoni, il titolare. Chiacchierando scoprimmo il reciproco interesse per i batteri e le birre acide, che avevo cominciato a realizzare a casa. In quell’occasione Fabio mi rivelò che stavano sperimentando le loro prime Sour e mi portò al piano superiore, dove erano situate le botti. Data la loro posizione, gli espressi il mio timore per eventuali contaminazioni: il terrore che percepì nei miei occhi lo convinse a considerarmi un interlocutore autorevole, così cominciammo a sentirci spesso per scambiarci considerazioni e consigli. Il nostro rapporto era puramente amichevole e non esisteva alcun pretesto per una collaborazione professionale.

Poi circa due anni fa invitai Fabio a casa mia e gli feci assaggiare la mia Himalaya, una Gose brassata con l’omonimo sale rosa e con l’aggiunta di batteri lattici selezionati, che accompagnai con una dettagliata spiegazione del processo produttivo che avevo seguito. Lo scorso anno Fabio mi ha rivelato che quello fu il momento in cui decise che mi avrebbe coinvolto nel progetto di birre acide di Bionoc. In pratica mi hanno concesso “chiavi in mano” un bottaia (che oggi si trova a 4 km dal birrificio) dicendomi: “Abbiamo questa cosa qua, aiutaci a gestirla”.

Parlaci nel dettaglio di Asso di Coppe. Quali sono le birre in gamma?

Bionoc ha destinato alla produzione di birre acide un affascinante locale situato in un edificio storico del centro di Pieve, dove sono presenti oltre cinquanta barrique. Al momento le birre uscite a marchio Asso di Coppe sono Impombera (Framboise, già oro a Birra dell’anno 2017), Albicoppe (con antiche varietà di albicocche), Baby Fraga (con fragole di montagna), Sambugher (nata dal mosto di Staion affinato in botte con aggiunta di fiori di sambuco), Foresta Nera (Oud Bruin con ciliege e piccoli frutti), Corniola (con corniole, appartenenti alla categoria “frutti dimenticati”), Seresa (Kriek con marasche e morettone) e Maraska (Oud Bruin con marasche). Ci tengo a precisare che non saranno mai birre uguali, perché cambiano gli ingredienti, cambiamo le stagioni e magari cambia la mia idea di una specifica ricetta.

Da quello che si percepisce in Italia, in alcune realtà straniere c’è un forte legame tra il mondo degli homebrewer e quello dei birrai pro, come ad esempio negli USA. Da noi invece si riscontra un maggiore distacco, dovuto talvolta a una certa diffidenza dei birrifici nei confronti dei produttori casalinghi. Secondo te ha senso auspicare che i birrifici italiani comincino a superare questo scetticismo, considerando il settore dell’homebrewing una risorsa e arrivando persino a intavolare collaborazioni a lungo termine come accaduto con te?

Assolutamente sì. Secondo me il nostro movimento brassicolo è una fotocopia di quello americano, con la differenza che quest’ultimo è partito molti anni prima. Lì gli homebrewer stanno acquistando sempre più importanza, ma è qualcosa che in piccolo sta succedendo anche da noi perché i birrifici stanno capendo le potenzialità insite in questo segmento, che in Italia è di livello egregio. L’homebrewer non è necessariamente meno competente di un birraio professionista, talvolta semplicemente non ha avuto le capacità o le possibilità di investire nel proprio birrificio. Personalmente vedo gli homebrewer spesso più concentrati sui meri aspetti della produzione o comunque più liberi di sperimentare e quindi di imparare. Nel progetto Asso di Coppe mi occupo semplicemente di produzione e controllo della qualità: per Bionoc è un vantaggio enorme rispetto ad altri birrifici, perché posso concentrare il 100% delle mie forze su questi aspetti senza preoccuparmi della comunicazione, della burocrazie o della gestione dell’azienda.

Hai qualche consiglio da rivolgere a coloro che producono birra in casa?

Sicuramente essere sempre curiosi, sperimentare e non tralasciare il lato scientifico del loro hobby, senza però sacrificare la propria libertà in nome dell’eccessivo rigore produttivo. Bisogna essere rispettosi dell’approccio scientifico alla disciplina, ma anche consapevoli che a volte confutare la teoria non è un delitto, tutt’altro. In Italia la mancanza di una tradizione brassicola a volte è un vantaggio, perché ci permette di improvvisare e trovare soluzioni non ortodosse, ma non per questo meno valide.

Nel futuro ti vedi alla guida di un tuo birrificio o di una tua cantina brassicola?

Per il momento assolutamente no, perché mi trovo benissimo nel contesto attuale. La mia cantina brassicola c’è già e si chiama Asso di Coppe, con tutta la libertà che mi offre Bionoc in questo progetto. Un giorno chissà, ma al momento non ho alcuna velleità di questo tipo, poiché sto facendo esattamente ciò che mi piace insieme a delle persone speciali, che sono i ragazzi di Bionoc. Per il resto continuerò a sperimentare: il mio appagamento è dato dalla scoperta, che devo inseguire giorno dopo giorno.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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Un commento

  1. Che invidia….bravissimo, complimenti a lui e a chi ha creduto in lui.
    Bellissima anche la maglietta! ahahahaha

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