Cimec

Per l’Annual Report di Assobirra un 2015 positivo, ma ancora con troppe ombre

Con qualche mese di ritardo rispetto al passato, ieri Assobirra ha pubblicato il suo consueto Annual Report (scaricabile qui in pdf) che documenta lo stato della birra in Italia. I dati del 2015 possono essere considerati positivi e negativi allo stesso tempo: positivi perché sono tutto sommato confortanti per il mercato nazionale, negativi perché l’impressione è che in condizioni diverse (e più eque) la crescita sarebbe molto più marcata. Quest’ultima considerazione non è un semplice dettaglio, poiché alla lunga potrebbe trasformarsi in un vero e proprio macigno per tutto il movimento, con ripercussioni importanti anche per i microbirrifici. Restando al presente, tuttavia, il 2015 birrario in Italia è stato quindi molto simile all’anno precedente: bene ma non benissimo, come dicono quelli bravi.

Partiamo dal dato forse più positivo in assoluto, che riguarda i consumi. Nel 2015 che hanno raggiunto i 18,7 milioni di ettolitri, mostrando un incremento importante rispetto al 2014, quando si erano fermati a 17,7 milioni ettolitri. La variazione percentuale è dunque intorno al 5,6%, decisamente maggiore rispetto a quello degli ultimi anni (nel 2014 erano saliti solo di un punto percentuale). Di conseguenza anche la crescita dei consumi pro capite non è irrisoria: siamo passati dai 29,2 litri del 2014 ai 30,8 del 2015 (+5,5%), restando tuttavia malinconicamente fanalino di coda in Europa. Almeno questo è ciò che dice Assobirra nell’introduzione al suo report, ma evidentemente si tratta di una considerazione sui grandi numeri, poiché nella tabella di sintesi dello stesso documento (pag. 79) risulta che l’Italia ha sopravanzato la Francia, inchiodata a 30 litri annui pro capite. Un risultato quantomeno interessante.

assobirra_ar2016_versione_web-9

Il “giro di birra” nel nostro paese ha raggiunto massimi storici nel 2015, sia in termini di export (2,3 milioni di ettolitri) che di import (7 milioni di tonnellate). Non bisogna eseguire calcoli complessi per capire che la bilancia commerciale continua a essere profondamente in rosso, con un’ulteriore allargamento nella forbice tra importazioni ed esportazioni. I dati assoluti in crescita però raccontano di una certa vitalità del settore, fondamentale soprattutto in un periodo in cui incombono diverse congiunture, sia interne che esterne.

A soffrire il momento economico non particolarmente favorevole al mercato (ripresa economica lenta, accise, ecc.) è soprattutto l’occupazione, che nonostante i dati positivi rimane ferma al palo. I lavoratori dell’industria birraria sono circa 137.000 (poco sopra i 136.000 del 2014), mentre solo 3 anni fa arrivavano a quota 144.000. In altre parole in brevissimo tempo sono stati bruciati migliaia di posti di lavoro, senza che nel frattempo siano stati rimpiazzati da nuove assunzioni. È questo uno dei dati più importanti per dimostrare la distanza tra le potenzialità attuali del settore e la sua reale crescita: evidentemente c’è una tara eccessiva che ne impedisce il definitivo decollo.

assobirra_ar2016_versione_web-15

Come sempre la voce più positiva arriva dal segmento artigianale, che anche nel 2015 ha continuato a crescere. A fine anno i microbirrifici attivi erano 674 (escluse le beer firm) rispetto ai 585 del 2014 (+15%), secondo una curva di crescita sempre molto ripida. La produzione totale di birra artigianale ha raggiunto i 438.000 hl annui, che corrispondo al 2,8% del totale nazionale. Il tetto del 3% è sicuramente superato se teniamo conto del valore di mercato, essendo le produzioni dei microbirrifici più costose di quelle delle multinazionali (e ci mancherebbe…). Infine gli addetti del segmento artigianale sono 2.458, compresi quelli delle beer firm.

Un dato molto interessante riguarda la composizione dei consumi, rimasta pressoché invariata rispetto al 2014 ad eccezione della categoria “Specialità”. Le birre inserite in questa fascia hanno infatti segnato un incremento dell’8% (+33% in 5 anni), emergendo come unica vera novità nei consumi del 2015. In questa famiglia dovrebbero rientrare tanto le vere artigianali (ma in questo caso solo dei microbirrifici associati Assobirra) tanto le crafty che hanno invaso il mercato negli ultimi tempi.

assobirra_ar2016_versione_web-74

L’Annual Report dunque ci restituisce un ritratto controverso della birra in Italia. Da un lato c’è un rinnovato interesse nei confronti della bevanda, dimostrato dai consumi in aumento e dal fermento in atto – e qui il comparto artigianale è sicuramente uno dei fattori trainanti di tutto il mercato. Dall’altro è però evidente che solo una parte di queste potenzialità vengono tradotte in crescita, mantenendo il settore in uno stato paludoso che, nel medio e lungo termine, potrebbe risultare disastroso, con il rischio di bruciare ogni velleità di crescita.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

Leggi anche

I fattori di sviluppo del settore birrario secondo i birrifici europei (c’è anche la birra analcolica)

Uno degli appuntamenti più importanti del 2024 è rappresentato dalle elezioni europee, in programma il …

Nuovi libri: La grammatica della birra, Beerfly e Il birraio di Modena, tre

Negli articoli di Cronache di Birra in cui passiamo in rassegna le novità editoriali, spesso …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *