Tra i tanti progetti che animano il sempre vivace mondo della birra artigianale italiana, recentemente mi ha colpito quello promosso dal birrificio molisano La Fucina. L’azienda opera da settembre 2014 a Pescolanciano, centro di meno di mille anime situato nell’alto Molise, e ha pensato di dedicare una birra al suo paese. Detta così l’idea non sembra affatto originale, se non fosse che i due soci hanno scelto di coinvolgere nella stesura della ricetta l’intera cittadinanza, affinché il frutto del lavoro fosse realmente la “birra di Pescolanciano”. Questa operazione condivisa e allargata – che per certi aspetti ricorda l’affascinante mito delle Zoigl – rappresenta una novità unica in Italia, con delle ripercussioni più profonde di quanto possa apparire a prima vista.
La partecipazione del paese allo sviluppo della ricetta è avvenuta attraverso una serie di questionari distribuiti presso i locali del paese (4 bar, 1 pizzeria, 1 ristorante e 1 pub). Ovviamente le domande non entravano nei dettagli della cotta, ma chiedevano di specificare alcune caratteristiche generali che avrebbe dovuto possedere la Pescolanciano ComunAle – questo il nome della birra ideato da Matteo Cerro. Dai risultati ottenuti è stata messa a punto una Blond Ale di stampo belga, di circa 6 gradi alcolometrici, con una schiuma non troppo abbondante e una carbonazione media. Il prossimo passaggio sarà la somministrazione di un altro questionario per la scelta dell’etichetta che sarà realizzata da Gianni Caldararo, un giovane illustratore di Pescolanciano.
La terza fase del progetto consisterà nella produzione di 500 litri di Pescolanciano ComunAle, con una cotta pubblica che si terrà nei primi giorni di giugno. La birra prodotta sarà venduta solo nei locali di Pescolanciano, quindi chi vorrà berla dovrà necessariamente visitare il paese alto molisano, magari unendo anche una visita all’impianto di produzione de La Fucina.
Per saperne di più su questa interessante idea negli scorsi giorni ho intercettato il “sedicente birraio” Angelo Scacco, che ha gentilmente risposto alle mie domande. Ciò che ne emerge è una visione in grado di unire la parte ludica a quella imprenditoriale, aspetto che non dovrebbe mai mancare nel mondo della birra.
La Pescolanciano ComunAle rappresenta il primo esperimento del genere in Italia. Come vi è venuta l’idea di una birra basata su un ricetta condivisa con gli abitanti di un intero paese?
Noi viviamo in un paese con meno di mille abitanti ed è qui abbiamo deciso di stabilire il nostro birrificio. Oltre a fare business, da sempre cerchiamo anche di offrire un’opportunità e una visibilità al luogo che ci ha visto crescere. Siamo riusciti in poco tempo a creare un posto di lavoro assumendo Simone come secondo birraio (almeno il sedicente birraio non si sente troppo solo), ma volevamo fare di più: quindi abbiamo pensato di dedicare una birra a Pescolanciano, soprattutto per farla bere a coloro che vivono in questo paese. Purtroppo però le nostre tipologie di birre erano troppo estreme per chi è abituato da anni a consumare birre industriali, così abbiamo creato un questionario per capire quali fossero i gusti dei nostri concittadini. Quattro domande a risposta multipla che ci hanno concesso di definire i principali parametri della futura Pescolanciano ComunAle.
Quanti questionari avete ricevuto? E che tipo di risposta avete riscontrato tra i cittadini di Pescolanciano?
Abbiamo distribuito in tutti gli esercizi commerciali del paese circa 400 questionari e ne abbiamo ricevuti compilati circa 260. Quello che ci ha fatto più piacere sono stati i questionari non solo compilati, ma anche commentati: si tratta pur sempre di un paese dove tutti conoscono tutti ed è difficile passare sotto anonimato. Come immaginavamo il timore più diffuso riguarda il prezzo: anche per questo abbiamo deciso di far uscire la Pescolanciano al minor costo possibile. Così faremo felice Il Comitato!
Le finalità di un progetto del genere sono semplicemente “ludiche” oppure ritieni che possa portare vantaggi reali (ed economicamente concreti) al birrificio?
Tutto era nato intorno a un tavolo alla fine di una delle solite serate alcoliche, al momento ci sembrava soltanto un gioco. Poi pensandoci a mente lucida abbiamo capito che sarebbe stata un’opportunità per tutti. Per noi de La Fucina, dal punto di vista non solo economico (un minimo di margine lo avremo), ma soprattutto dal punto di vista della comunicazione: essere i primi a progettare e realizzare una birra con e per un intero paese non è male come primato. Anche la comunità locale avrebbe avuto un ritorno di immagine: la speranza è che in molti vengano a sapere che esiste un paese in Italia che ha la sua birra. E non è da escludere anche un ritorno economico, poiché una piccola parte di curiosi potrebbe venire a Pescolanciano non solo per osservare il birrificio, ma anche bere la Pescolanciano e visitare il paese: siamo certi che in molti se ne innamorerebbero.
Immagini altre possibilità di sviluppo per il birrificio?
Assolutamente sì. Ad esempio per noi un by product (conseguente vantaggio) potrebbe essere la richiesta di altri paesi vicini di avere la propria birra. Ci troviamo in una regione piccola, nella provincia più piccola, con tanti campanilismi e un altissimo spirito di competizione; quindi ci aspettiamo delle richieste da Carovilli, Chiauci, Vastogirardi, Capracotta. In questo caso dovremmo costruire un altro impianto solo per tutte queste ComunAles!
Al di là dei vantaggi per il birrificio, pensi che questa scelta possa aiutare la diffusione della cultura birraria anche in realtà più piccole e chiuse come quelle di un piccolo paese di provincia?
Noi ci battiamo – quasi letteralmente – tutti i giorni per fare cultura birraia, con cotte pubbliche, serate di degustazione, eventi di presentazione delle nostre birre. Non sappiamo se avere una birra del paese possa aumentare la cultura birraria, ma siamo certi che almeno così le persone avranno modo di assaggiare una birra artigianale fatta a mestiere, e magari qualcuno in più si potrà avvicinare a questo mondo e passare dalla ComunAle a una Blanche oppure a una Stout. Questo potrebbe essere il punto di partenza, dove arriveremo ad oggi non lo sappiamo, ma come sempre puntiamo in alto, altrimenti che alchimisti saremmo?
Il progetto avrà un seguito? Ci saranno altre cotte di Pescolanciano ComunAle? Pensate di usare lo stesso metodo anche per future altre birre?
Inizieremo con 500 litri, ma pensiamo sia fattibile per il primo anno produrne altri 1000, arrivando quindi a 1500 litri in totale. Nel 2016 vorremmo aumentare di gran lunga la produzione. Ci hai dato uno spunto con l’ultima domanda, si magari potremmo, una volta aumentata un po’ la cultura brassicola, progettare con il paese la prossima birra de La Fucina. Ti dobbiamo pagare i diritti per questa idea?
L’unica forma di pagamento che prevedo in questi casi è in birra 🙂 . Scherzi a parte, un grande in bocca al lupo a Angelo e tutto il birrificio La Fucina per questa splendida idea. E chissà che la birra di Pescolanciano non sia la prima di una serie di altre birre comunali…