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Report di fine anno: dati positivi dal comparto birra in Europa e in Italia

European Beer Trends è un documento che viene pubblicato ogni anno in questo periodo da The Brewers of Europe, organizzazione internazionale che raccoglie le principali associazioni di produttori del continente (per l’Italia Assobirra). La pubblicazione raccoglie le principali statistiche del mercato della birra in Europa, con dati suddivisi per nazione. L’edizione 2019 (qui disponibile in pdf) è stata rilasciata proprio in questi giorni e si apre con un record: il raggiungimento del traguardo di 10.000 birrifici attivi nell’Unione Europea. Come precisato dal segretario generale Pierre-Olivier Bergeron nell’introduzione, il primato si inserisce in una tendenza generale al rialzo, confermata da numeri in crescita in tutte le principali voci statistiche. In altre parole il settore sta vivendo un momento molto positivo in tutto il continente, Italia compresa, trainato dal successo della birra artigianale. Vediamo dunque come si posiziona il nostro paese in questo contesto.

L’Italia è il nono paese in Europa per produzione di birra con quasi 16 milioni e mezzo di ettolitri. L’ottavo posto è a portata di mano ed è occupato dalla Romania, mentre alle nostre spalle c’è un gruppone staccatissimo con la Turchia in testa, che comunque non raggiunge i 10 milioni di ettolitri. L’Italia è dunque all’ultimo posto nel “G9” dei produttori europei di birra, ma i passi avanti compiuti in questi anni sono ragguardevoli: basti pensare che nel 2011 la Romania era avanti di tre milioni e mezzo di ettolitri e che nel frattempo la sua produzione è rimasta stabile. La Germania occupa il primo posto in Europa con 93 milioni di ettolitri, più del doppio della Polonia (seconda) e del Regno Unito (terzo). La Spagna conferma la sua predilezione per la bevanda con un ottimo quarto posto.

La Germania domina anche la classifica dei consumi assoluti superando abbondantemente gli 84 milioni di ettolitri e precedendo Regno Unito, Spagna, Polonia e Francia. Un po’ staccati dai francesi ci siamo noi, con 20 milioni e passa di ettolitri consumati all’anno. Una posizione “tranquilla”, dato che la Romani ci segue a debita distanza. Il dato italiano è interessante se confrontato con quello degli anni precedenti, poiché mostra una crescita costante: nel 2011 era ancora fermo a meno di 17 milioni di ettolitri, ben dietro la stessa Romania. Ciò significa che in appena sette anni il consumo di birra in Italia è cresciuto di oltre il 20%: messa in questi termini l’evoluzione è stata davvero straordinaria. Cosa ha favorito un’ascesa così repentina? Gran parte del merito è da ascrivere al successo della birra artigianale, che ha stimolato un approccio diverso alla bevanda, ma sicuramente hanno pesato anche le campagne pubblicitarie dell’industria, in particolare quelle di Assobirra relative ad accise e, soprattutto, al consumo femminile.

I problemi, come ormai risaputo, arrivano quando si analizzano i consumi pro capite, perché l’Italia da sempre occupa gli ultimi posti in questa speciale graduatoria. Le cose nel 2018 non sono ovviamente cambiate, ma c’è da registrare il sorpasso sui cugini francesi: in Italia sono stati raggiunti i 34 litri annui, uno in più dei “nemici” transalpini. Consolazione da poco, penserete giustamente, ma ci sono almeno due valutazioni da fare. La prima è che nel 2011 il consumo pro capite italiano era ancora bloccato a 29 litri annui, un dato che sarebbe rimasto praticamente invariato fino al 2015. La seconda considerazione è che oggi la posizione appena precedente, occupata dalla Grecia, è distante “solo” 2 litri pro capite. Se i ritmi di crescita dei due paesi rimangono gli stessi degli ultimissimi anni, a breve potremmo brindare alla conquista di una nuova posizione. Considerando che successivamente il Portogallo si attesta a 51 litri pro capite, il reale obiettivo per i prossimi anni potrebbe essere proprio quello di superare i greci.

Rispetto al 2011 il numeri dei microbirrifici italiani attivi è aumentato considerevolmente, passando da 491 a 692. Tuttavia il nostro paese ha perso due posizioni, dovendo lasciare la prestigiosa terza piazza conquistata (a sorpresa, ammettiamolo) sette anni fa. In effetti le evoluzioni in questa speciale graduatoria hanno subito un mezzo terremoto: la Francia è salita dal quinto al secondo posto, la Svizzera ha confermato il suo exploit conquistando addirittura il gradino più basso del podio, mentre la Germania è crollata dal secondo al quarto posto, segno che fatica a rinnovarsi nell’ottica della birra artigianale. Confermata invece la testa della classifica con un Regno Unito che ha quasi raggiunto i 2.000 birrifici attivi sul suo territorio – considerate che in tutti gli Stati Uniti sono circa 6.300, tenendo comunque conto dei diversi criteri di definizione. La discesa dell’Italia in questa graduatoria non è necessariamente un male, perché, come ricordo spesso, un consolidamento del mercato dopo anni di entusiasmo non può che fare bene a tutto il movimento.

Quello che emerge dal documento di The Brewers of Europe è dunque un momento molto positivo per il comparto, con la birra che in generale è tornata a vivere una nuova primavera – sebbene, vale la pena ricordarlo, ci siano sempre dei potenziali pericoli all’orizzonte. L’Italia si inserisce perfettamente in questa visione, essendo riuscita a conquistare dei traguardi che apparentemente possono sembrare di poco conto, ma che risultano molto importanti se rapportati alla situazione del nostro paese. La speranza è che la crescita continui allo stesso ritmo degli ultimi anni e che permetta alla bevanda di penetrare gli usi e i consumi di tutti gli italiani.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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