Quando a inizio ottobre dedicai un post all’appendice birraria della guida I Ristoranti d’Italia de L’Espresso, sottolineai che tale “supplemento” sarebbe diventato a breve una pubblicazione autonoma a tutti gli effetti. Ed ecco che puntualmente è apparsa la guida Le Tavole della Birra d’Italia, un progetto editoriale completamente nuovo che va ad arricchire la gamma di libri dedicati alla nostra bevanda preferita. Un’idea interessante, per la realizzazione della quale ci si è avvalsi della collaborazione di Assobirra, associazione che riunisce i principali birrifici industriali del settore. Un dettaglio non da poco, che – senza girarci attorno – giustifica le perplessità di molti appassionati. Ma andiamo con ordine…
Partiamo allora dalla natura della guida. Si tratta della prima pubblicazione di settore che approfondisce il legame tra la birra e la ristorazione, andando a segnalare una serie di ristoranti italiani che pongono una certa attenzione all’offerta birraria. E’ un progetto che evidentemente nasce dall’esperienza della guida ai ristoranti de L’Espresso: l’appendice in questione negli anni è diventata sempre più corposa, fino a giustificarne l’attuale configurazione di pubblicazione completamente autonoma. Un’operazione che chiaramente asseconda una delle mode del momento, cioè l’ingresso della birra nei menu dei ristoranti, con una crescente curiosità da parte di chef e avventori. E alla quale le multinazionali sembrano particolarmente interessate.
Grazie al lavoro di trenta collaboratori, sono stati segnalati 433 indirizzi sparsi per tutto lo Stivale. Oltre ai ristoranti, sono indicati anche locali più tradizionalmente legati alla birra: birrerie e beershop. Ogni indirizzo è valutato col solito metodo delle stelline: su una scala da 1 a 5 per i ristoranti, da 1 a 3 per le altre due tipologie. In realtà non sono stelline, bensì icone che identificano la tipologia di locale (una scelta grafica che personalmente non ho gradito molto): calici per i ristoranti, spine per i pub, bottiglie per i beershop. In alcuni casi al punteggio si aggiunge anche una stella – questa volta è una stella a tutti gli effetti – intesa a valorizzare l’atmosfera del luogo.
Ovviamente ogni scheda è corredata da una descrizione e alcune informazioni utili, come orari di apertura e chiusura, ferie, carte di credito ammesse e spesa indicativa. Se l’ultima voce può essere interessante per i ristoranti, è evidente che risulta alquanto inutile (se non confusionaria) per pub e beershop. Schede più approfondite sono dedicate ai luoghi vincitori dei premi, sui quali tornerò successivamente. In apertura di opera troviamo invece un’ampia parte introduttiva, con cenni storici, produttivi, degustativi, ecc. Oltremodo breve e confezionata grossolanamente è la parte sugli stili, che sacrifica alcune categorie fondamentali, inserendo invece macro-classificazioni fuorvianti. Al contrario è fin troppo lungo il capitolo sugli abbinamenti, con dei consigli generali che a mio parere lasciano sempre il tempo che trovano (per non parlare delle famigerate schede riassuntive sull’argomento).
La selezione dei ristoranti mi sembra piuttosto valida. Chiaramente ho preso Roma come metro di paragone e in questo caso c’è poco da obiettare sui luoghi segnalati. In generale le descrizioni per beershop e birrerie sono molto più concise di quelle dei ristoranti: un dettaglio leggermente stonato, ma comprensibile data la natura della guida. Piuttosto lascia alquanto perplessi l’alternarsi del livello di competenza tra le recensioni: non sono rare alcune clamorose cadute qualitative, come nel caso della Brasserie 4:20.
Ecco a proposito di schede, purtroppo la collaborazione con Assobirra emerge chiaramente in più occasioni. Così dopo che per la quinta volta di fila leggerete che i frutti dell’eccellenza gastronomica nazionale sono proposti in abbinamento a Heineken, Peroni, Leffe o Baffo d’Oro, sarà inevitabile il sopraggiungere di una certa nausea. Fortunatamente sono spesso citati tanti microbirrifici italiani e stranieri, ma l’abbondanza di prodotti industriali in lungo e in largo è il vero tallone d’achille della guida. Insomma si parla di qualità e di eccellenza: non si possono citare le multinazionali a ogni piè sospinto.
Stesso discorso per la parte centrale dell’opera, occupata da alcune schede informativo-degustative su diverse birre. Inutile dire che anche in questo caso è un trionfo di Peroni, Heineken, Tennent’s, Beck’s, Moretti, ecc. con sporadiche apparizioni di microbirrifici italiani – per la cronaca tutti iscritti ad Assobirra, come facile immaginare.
L’ingerenza di Assobirra è stata sottolineata da alcuni osservatori anche circa l’assegnazione di uno dei premi della guida, cioè quello andato al capitolino Open Baladin come miglior pub dell’anno. Il motivo sarebbe nell’appartenenza dei due soci birrai (Teo Musso di Baladin e Leonardo Di Vincenzo di Birra del Borgo) alla schiera dei microbirrifici iscritti all’associazione degli industriali. Impossibile smentire quello che è un dato di fatto, ma secondo me il premio può starci oltre ogni conflitto d’interessi: l’Open è un locale clamoroso, unico per certi versi, che merita di apparire tra le migliori realtà del genere in Italia – e lo dice uno che ama birrerie di stampo più tradizionale, se così si può dire.
Tirando le somme, cosa dire di questa guida? Come accennato in apertura l’idea è interessante, perché cavalca un trend particolare della birra in Italia. Un trend che personalmente non amo, ma che oggettivamente sta crescendo in maniera clamorosa. Se dunque le premesse sono valide, il risultato però è a mio parere al di sotto delle aspettative. I problemi non sono in superficie, cioè relativamente alla selezione degli indirizzi; piuttosto emergono quando si approfondisce la lettura e si entra nel dettaglio delle varie schede. Nelle quali, ripeto, sono evidenti due lacune: conoscenze birrarie intermittenti e una sovrabbondanza di prodotti industriali, oltre i limiti di ragionevolezza suggeriti dalla collaborazione con Assobirra.
Si tratta di una prima edizione e i margini di miglioramento sono enormi, a patto però di virare drasticamente sin dai prossimi anni verso la birra vera, quella artigianale. Per questo motivo nella sua prima incarnazione la guida risulta decisamente acerba, sebbene possa tornare utile per una consultazione senza troppe pretese, oppure per approfondire il rapporto – quasi esclusivamente italiano – tra gastronomia e birra. Dalla prossima edizione eviterei però che il curioso o il consumatore non consapevole scoprano che il massimo della vita è andare a mangiare in un ristorante che propone solo Menabrea e Moretti Grand Cru.
Le Tavole della Birra d’Italia 2011
Collana Le Guide de L’Espresso
Pagine 223
Prezzo 10 euro
Dickinson, 3 Spine + Stella.
Arrogant Pub, 3 Spine
Metheglin Pub, 1 Spina
Keller , 1 Spina
questo nella mia provincia (reggio emilia). tutto sommato giusto,
le altre birrerie sono troppo “nuove” per essersi affermate.
le guide van prese con le molle, ma i voti di cui sopra
sono stati una piacevole sorpresa.
L’open milglior locale d’italia?
L’historia pub da segnalare in campania tralasciando l’ottavo nano?
Il 420 trattato in maniera superficiale?
Solita roba…
Almeno i giudizi che sto leggendo su questa guida sono concordi.
“Si tratta di una prima edizione e i margini di miglioramento sono enormi, a patto però di virare drasticamente sin dai prossimi anni verso la birra vera, quella artigianale”
Concordo con Andrea, ma ho il timore che non ci sarà questa virata. Anzi. Come fai notare poco prima, si tratta di un trend, ma che – purtroppo – sembra star crescendo nella culla di un altro tipo di mercato e di ambiente. L’impressione è che si voglia per forza incastrare la birra nel mondo dell’alta ristorazione, quando invece dovrebbe seguire un percorso tutto suo e incrociarne altri al massimo nell’occasione di manifestazioni tematiche.
Sulla guida, che dire? Avete già detto tutto voi… ma da campano, non posso che rimarcare l’incredibile mancanza dell’Ottavo Nano.
Quando ho letto il titolo del post sono rabbrividito.
Per la mia provincia hanno segnalato un pub , forse il peggiore.
Questo è quanto.
@Patrick
Sulla virata, mah ovviamente non sono ottimista, ma non si sa mai…
@INDASTRIA
Sulla valutazione generale della guida – e non solo di questa – secondo me è inutile ancorché tedioso andare lì a fare la lista delle cose per cui non si è d’accordo, e il discorso vale per birre, locali, birrifici o altro.
Se si fa un’analisi generale ok, ma prendere singole discrepanze dai propri giudizi per valutare una pubblicazione è assurdo IMO. Bisogna farsene una ragione: non ci sarà mai la guida perfetta, specchio delle proprie idee. Tutto il resto è retorica, concedimelo.
Prendi l’Open: come ho scritto non è il tipo di locale che amo, ma è ragionevole pensare che per qualcuno possa essere il miglior pub d’Italia… insomma non è una vergogna solo perché non sono d’accordo. Se avessero scelto Il Pub di Peppone, con 2 spine di Peroni e solo Heineken in bottiglia, allora si poteva gridare allo scandalo. Ma nel caso dell’Open siamo comunque di fronte a una realtà impressionante, da molti punti di vista.
@Drachen
“le altre birrerie sono troppo “nuove” per essersi affermate.”
posto che le novità possono sfuggire per carità e trascendendo da questa guida in particolare… se nella guida dei ristoranti mancassero tutti i nuovi ristoranti di qualità che hanno aperto, saresti così indulgente? soprattutto, compreresti la guida tutti gli anni?
una guida che esce con cadenza annuale fa dell’aggiornamento uno dei principali valori. poi lo so che non è facile…
@Turco spero che tu ci sia stato all’historia e all’ottavo nano. Non è un mio giudizio, è oggettività.
Riguardo l’open: come scritto altrove, è un locale che architettonicamente e “concettualmente” mi fa impazzire. E se fosse solo per questo sarei il primo a metterlo in cima ai pub d’italia.
Ma ha tanti di quei difetti, anche gravi, che mi viene solo da ridere a pensarlo.
OPEN BALADIN numero uno: chissà quanti ratebeeriani ROSICHERANNO!
@SR
non necessariamente ristoranti e pubs nuovi meritano di entrare nelle guide, posto
il valore soggettivo ed approssimativo della guida stessa.
se un locale cambia gestione da poco, oppure tenta di valorizzare di più la qualità, ha cmq bisogno di tempo per entrare “a regime”.
il mio commento è relativo a due pub che non sono stati segnalati (Marduk su tutti)
ma la mia è una valutazione personale.
p.s.
la guida Osterie d’Italia di Slow Food non è certo la guida definitiva dei ristoranti
ma la considero valida e utile. come tutte le guide non possono entrarci tutti i locali
immaginabili possibili.
p.p.s.
trovare birra artigianale quando vado al ristorante a me fa piacere.
se poi diventa un modo sbagliato di veicolarla non saprei.
http://www.ratebeer.com/Places/FindPlacesByCity.asp?SortBy=2&CountryID=102&StateID=0&City=Roma
mi sa che non rosica proprio nessuno. a meno che i soliti noti non si comprino pure ratebeer
@INDASTRIA
Non ci sono stato e non li ho citati appositamente nella mia risposta. Ma se quella lacuna su 400 e passa indirizzi è abbastanza per criticare una guida, allora ok, hai ragione. Ah per inciso io ho speso belle critiche per la guida, come puoi leggere.
Sull’Open che dirti, mi sembra che qui più che altrove la tua visione personale offuschi ogni margine di giudizio corretto del locale. Se vuoi ti trovo 1000 difetti per ognuno dei locali italiani dediti alla birra artigianale, tralasciando tutti i punti di forza di ognuno di essi.
Per quanto riguarda la Campania vengono citati dei ristoranti che possiamo collocare su una retta immaginaria e su un’altra retta parallela immaginaria collochiamo la BIRRA. Ecco queste due rette si incontreranno forse all’infinito…
Indastria,
Lasciami dire, è davvero autorevole una classifica in cui il Birrifugio, il Mad4Beer (cioè, il MADFORBIR!!!!) sta davanti all’Open! Ah, il vecchio Mastro Titta con la gloriosa Rothaus!
Difetti all’open ce ne saranno, ma quanti altri locali hanno 40 spine? Sarò fortunato io o non ci sarò stato così spesso ma le birre le ho sempre trovate a posto.
@turco l’ottavo nano va di diritto nella top 10 se non top 5 dei locali italiani. Vogliamo parlare di birra o dei locali preferiti di assobirra o di chi ha redatto la guida?
I miei giudizi sull’open sono condivisi da tanta gente per fortuna o per sfortuna.
Di certo in un locale del genere si dovrebbe curare la birra meglio che all’osteria sotto casa. Poi se il valore sta nel numero delle spine o nelle bottiglie (che all’open prendo con piacere) esposte, lunga vita all’open.
Gemmatron come sempre le classifiche di ratebeer vanno capite.
Ma se quello è il giudizio dei rater (comreesi quelli falsi) non vedo perché dovrebbero rosicare.
@INDASTRIA
Non ho capito la domanda
Io leggo tanti giudizi sull’open e spesso sono talmente lodevoli da meravigliarmi persino (ripeto che amo altre atmosfere). Questo mi fa pensare che, a differenza mia, per tanti è il non plus ultra delle birrerie. Ergo il premio ci può stare eccome.
Indastria, io sinceramente fatico a capirle. Per dirne una, recentemente il 4:20 ha cambiato gestione scegliendo evidentemente di suicidarsi. Il servizio è scaduto ai livelli di una bettola. Ora mi domando quante delle recensioni, comprese quelle false, tengano conto dell’evoluzione di un locale e quindi risultino opportunamente aggiornate. Lo dico senza problemi, negli ultimi tempi locali come l’Open, il 4:20 e il Bir&Fud sono tremendamente scaduti. Se prendi l’Open, le prime recensioni erano pessime, le ultime incredibilmente migliori, in totale controtendenza con l’oggettività dei fatti. Una guida almeno è aggiornata e l’Open in testa non fa una piega. Bisogna pure vedere chi le fa ‘ste recensioni.
Ma qual è la lacuna del 4:20 a cui fa riferimento il blog?
Gemmatron parlando di ratebeer non hai torto.Però Il discorso è che le recensioni più pesate (quindi con tanti voti) restano valide anche nel tempo perché sommano appunto nuove e vecchie; belle e brutte (vere o false che siano).
Ovviamente il beershop di monteverde con 5 rating non è certo significativo (per fare un esempio, non me ne vogliano in monteverde :D).
(chiuso ot)
Avrei più dubbi su una guida con chiari conflitti di interessi…
CMQ mica sto dicendo che l’open fa schifo o che è una bettola. Nei primi 5 10 locali d’italia lo metterei io stesso.
@Drachen
hai risposto a considerazioni che non ho fatto…
io ho semplicemente detto che se apre un locale nuovo (mangiatoia o abbeveratoio che sia nell’esempio guide) di qualità (non uno qualsiasi), anche se non si è ancora “affermato”, è auspicabile che sia al più presto inserito in una guida. altrimenti, che la compro a fare?
Non sono d’accordo. Se io oggi vado in un locale preferisco sapere come è oggi, non vorrei una media tra oggi e 10 anni fa.
Sulla guida. Avrei una grande curiosità di darci uno sguardo, ma credo che la snobberò: come fidarsi di una guida italiana fatta con Assobirra quando sappiamo bene che da noi i conflitti di interesse (in questi campi) la fanno da padrone, vedi le tante guide sui vini?
Sull’Open. Ho letto giudizi piuttosto severi, non mi sento di esserlo troppo. Difetti ne ha sicuramente (ma poi chi giudica quelli che sono veri difetti?), lo stesso bicchiere per tutte le birre grida vendetta, ma l’Open è bene che esista, e fare paragoni col passato mi viene naturale, non posso farci niente, 20 anni fa se avessi pensato un locale del genere avrei immaginao la fantascienza. Il Macche è il mio pub strapreferito, a mio parere ancora non ha rivali (per quello che conosco) ma in fondo in fondo qualche difettino lo trovo anche qui. Questo per dire che non sarei troppo severo con locali di questo livello, per lo meno finchè terranno alto il livello.
Un saluto da un fresco reduce del Brassin public di Cantillon, per cui…
@Gemmatron
Ho parlato di scheda di qualità scarsa per il 4:20. In generale è affrontato in modo superficiale e quando si fa riferimento ad “alcuni marchi del jet set birraio” sono citati Mikkeller (e ok), De Leckere (jet set non mi sembra proprio) e Duvel. Nessun riferimento all’impressionante sfilza di handpump o alla collezione vintage.
@Gemmatron
A me pare proprio il contrario.
Al Bir&Fud non ho mai trovato qualcosa che non andasse.
Alcuni ottimi innesti nell’organico hanno alzato di parecchio anche il tiro dell’Open.
Al 4:20 la scelta si è ultimamente raddoppiata.
E non sono posti dove passo ogni tanto per caso..
Perdete il vero senso del tutto e vi scannate su questioni abbastanza futili. L’Ottavo Nano è presente sulla guida, citato come “faro del sud Italia”, quindi non vedo il problema.
Anch’io ho riso sulla Duvel al 4:20, ma mi fa più ridere l’albergo di Roma con Cocktail di birra e citazioni tipo “presente il gruppo Peroni, Moretti e la Birra del Borgo”, tre spine anche per lui.
Sul forum di MoBi ho detto la mia, puntando il dito su ciò che si pensa da anni, cioè al cambiamento di mercato che c’è stato e l’interesse ovvio di grosse industrie affiancati da personaggi che hanno grossi mezzi soprattutto economici per arrivare alla massa.
Il 4:20, il Macche (dove oltretutto non se magna) e altri locali “scomodi” per la mancata presenza di marchi “controllati” o industriali, sono là sopra solo per intercessione di un paio di personaggi, altrimenti venivano fatti fuori, e così sarà nelle prossime edizioni. Chissenefrega direbbe qualcuno (me compreso), ma come già detto per gli appassionati veri, ci sarà solo un tavolino in qualche pub sfigato per parlare e discutere di proprie idee. Loro arrivano alla massa, il signor Paolini MANCO ME SE CAGA alla richiesta di un chiarimento, come Bonilli del resto, tutta gente BRAVISSIMA nel loro lavoro di critica, ristorazione o sommelier, ma assolutamente incompetenti per quello che riguarda la birra…Però scrivono di birra (minchiate) e hanno l’attenzione cento volte superiore di qualsiasi altro blog, e in un mare di ignoranza accentuato da grossa curiosità, fanno breccia sulla massa in maniera quasi immediata.
Questo è il quadro, bene o male che sia, questa è la realtà dei fatti.
@Gemmatron: la tua difesa sull’Open è giusta, il 4:20 non ha cambiato gestione e non vedo il Birfud scaduto, Ratebeer sulle recensioni italiane è diventato una barzelletta e un’accozzaglia di amici sempre pronti a scatarrare sul locale “nemico” e a Open c’è sulla tovaglietta “Ratebeer friends”…E sulle 40 spine ERA UNA MIA IDEA bocciata inizialmente da Teo, strategia commerciale per gente come te che è facile da prendere per il culo, basta un pò di immagine e nessun criterio di scelta. Con la massa si fa così, passa un sabato sera al banco del Macche e ti faccio vedere
Riguardo i locali campani mi riferivo ai voti, non alle assenze.
io sono uno di quelli che tuttavia si schiera a favore dell’Open nonostante la dietrologia e i meccanismi che si celano nella sua strutturalizzazione che non sono graditi a molti,io parlo da utente puro,io bevo birra e basta,L’Open per l’Italia è un progetto grandioso,una scommessa tutt’altro che scontata,una sorta di “patriottismo positivo”che effettivamente non ha equali nella nostra penisola,certo definirlo miglior pub d’Italia mi sembra eccessivo,ma lo sarebbe stato per qualsiasi altro locale.I primi tempi aveva i suoi vistosi difetti,ma ha avuto un miglioramento esponenziale col tempo,sopratutto a livello di servizio brassicolo,le birre sono sempre in forma e se vuoi un panorama ampio delle novità di microbirrifici italiani lo puoi trovare lì.
@ Bossartiglio.
L’Open non ha più una carta dei dolci, Andrea non c’è più, e la cucina pure è scaduta.
Da Bir&Fud la pizza la trovavo più buona prima, ma forse le ultime due serate son state semplicemente sfortunate, nulla da dire sulle birre.
Al 4:20 hanno cambiato tutti i camerieri con risultati tragicomici, anche qui nulla da dire sulle birre.
La guida si chiama “le Tavole della Birra”, la birra non è l’unica protagonista.
@Gemmatron
Lo è nei nostri discorsi.
Qui non si discute sul De Bellis,ma sulle birre dell’Open.
Idem per il Bir&Fud,dove la cura nella scelta delle birre serata per serata,nel servizio e nell’infomazione ai clienti è maniacale.
Al 4:20 è scattato lo spoil system.Cose che capitano.
Colonna al solito ha molte ragioni. Credo però molto nel valore della cultura e della conoscenza. Se conosci bene il tuo prodotto e lo sai valorizzare hai diritto di esistere e forse di vincere
@SR
un locale appena aperto ha scarsissima rintracciabilità, non è che chi scrive le guide prende le pagine gialle e si fa tutti i pub d’Italia.
pretendere che i locali con meno di un anno di attività vengano pubblicati nella guida sarebbe bello, ma non credo sia pragmaticamente molto possibile.
questo senza voler giustificare la suddetta guida.
com’è ovvio molti giudizi sulle guide sono opinabili, come è opinabile chi viene inserito e chi no.
la cosa che mi lascia un po’ allibito è il fatto che si “pianga” (virgolettato d’obbligo) su una cosa davvero scontata.
la cultura e la passione corretta sul mondo della birra (ma vale per ogni passione) viene da un’informazione di tipo ATTIVO. quando questa viene veicolata perché c’è un mercato in espansione,
perché diventa un po’ di moda, è del tutto normale che vi sia un’annacquamento o un “imbarbarimento” dell’informazione.
il voler informare il pubblico in modo corretto è cosa buona e giusta, ma credere
di poter formare la gente senza che questa diventi attiva nella sua ricerca è una lotta coi mulini a vento, indipendentemente che vi sia “ostruzionismo” da parte
dell’industria o della guida suddetta.
in sintesi: i nuovi appassionati avranno una visione corretta solo se diventeranno
ATTIVI nella loro ricerca d’informazione, se saranno PASSIVI invece e si fideranno semplicemente di ciò che gli viene detto (fosse anche il Dio della Birra in persona) saranno sempre suscettibili di informazioni scorrette.
ma gli appassionati ATTIVI saranno sempre una piccola percentuale rispetto agli altri
e non ci si può fare nulla. è normale in ogni campo.
sono pochi, in fondo, quelli che fanno della birra una delle passioni principali della loro vita (intendo a livello di qualità della birra, ovviamente).
quando mi si dice che non si vuole relegare la birra artigianale a prodotto di nicchia, secondo me non si capisce che non è un discorso di fighettismo, ma riguarda essenzialmente la realtà delle cose.
Io dico solo che è inutile stare a discutere se Open merita o meno sto premio, per me lo merita, è un gran bel posto e valorizza culturalmente le birre italiane, e come già detto con Giaguarino ora ha un asso al bancone. Si può anche discutere dell’assenza di Lambrate o BQ, ma il problema è un altro, come cerca di far capire anche il Presidente, e anche il titolo “tavole della birra” ne è un indice. C’è un chiaro intento di indirizzare il consumatore medio dove vogliono loro e a bere ciò che vogliono loro. Dove c’è grossa curiosità c’è molta domanda, quindi molto denaro in ballo e la curiosità viene soddisfata anche da una beata ignoranza (avete letto gli strafalcioni sugli stili o il servizio?), e alla massa ci sono arrivati loro per primi…vedrete in Tv quante ne spareranno…
E noi a scannarci se è meglio Open, 4:20 o se iol Macche ha lavato i cessi…Tutto questo è divertente, ma qua c’è un rale problema e lo sento dalle richieste e le convinzioni che hanno i miei clienti ultimamente (soprattutto Bir&Fud che, ripeto, rappresenta il cliente medio al quale loro vogliono attingere, quello più danaroso)
Come dice Andrea, è inutile stare a discutere su quale sia il locale preferito di ciascun utente. Questione di atmosfera, di gusti, di sensazioni, e siamo d’accordo.
D’altro canto, però, ci sono due fattori da tenere in considerazione e in base ai quali MOLTE scelte di questa guida sono da ritenersi decisamente da rivedere:
– Dati oggettivi che *devono* essere presi in considerazione se si attribuisce una votazione ai locali, nondimeno se vogliamo anche stabilire quale sia il *migliore* d’Italia;
– L’indiscutibile presenza di un certo establishment, nel campo, che crea non pochi conflitti d’interessi.
Allora viene spontaneo chiedersi: ma a chi è rivolta realmente la guida? A un pubblico di potenziali appassionati che se ne fregano/fregheranno (come dice giustamente Colonna) di schemi, marchi, industrie e soldi in gioco, o al cliente medio – possibilmente più danaroso – per cui la birra è una moda da seguire perché in Italia per forza la vogliono avvicinare a ‘sto madonna di slow-food che fa tanto figo? Come lo si vuole formare un appassionato? E soprattutto, chi si prende la responsabilità di formarlo ne ha le capacità veramente?
Bisogna farsele certe domande, perché in un caso certe valutazioni possono stonare non poco; in un altro, probabilmente no.
@Patrick
Sto pensando di scrivere un post dedicato al discorso, cosa che in parte volevo fare anche recensendo la guida, ma che poi per motivi di spazio ho evitato
la guida non è certa rivolta a noi che praticamente tra NG, blogs, facebook, siti, e amici di amici sappiamo benissimo COSA bere e DOVE bere (o se non lo sappiamo non ci affidiamo alle guide).
per questo dico che è una lagna sterilissima.
l’appssionato è ATTIVO o è un bevitore medio che di tutte le pippate che ci
facciamo noi non gliene po’ fregà dde meno.
PatrickBateman inutile stare a discutere su gusti e sensazioni ma allora che senso ha dare il premio “miglior locale d’italia?”
Bastava dire a roma tot locali hanno 3 boccali (poi perché i ristoranti hanno 5/5 e i pub 3/3? misteri…) e buonanotte.
Chiaramente una marketta insomma.
Tra l’altro questa è una guida non di birrai che voglione entrare nel mondo della ristorazione, ma del mondo della ristorazione che vuole impadronirsi dell’ambiente.
@Drachen
“un locale appena aperto ha scarsissima rintracciabilità, non è che chi scrive le guide prende le pagine gialle e si fa tutti i pub d’Italia”
e che dovrebbero fare secondo te? stare seduti su una bella poltrona aspettando che il Ricci glieli segnali e gli scriva la recensione? (ogni riferimento non è casuale)
aò, ma va che la guida la paghi e qualcuno ci guadagna, mica te la danno a gratis all’ingresso della metropolitana!
@SR
io non so cosa dovrebbero fare, ma credo che nessuna guida venga fatta in quel modo, ma tramite una raccolta di informazioni a monte (o tramite collaboratori del posto) che screma la maggior parte dei locali per poi andarne a visitare un numero più ristretto.
aspetto smentite, in ogni caso.
il bevitore medio è un bue, come qualsiasi cosa di medio. poi ci sono i buoi che credono di essere cavalli, ma quelli sono un nicchia come la nostra che non fanno mercato
chi ha i soldi ha i media che contano e dirige il pascolo dei buoi. però siamo nel XXI secolo. oltre ad avere libertà di parola ed iniziativa, c’è il buon vecchio web, strumenti come questo che credo sia più influenti di quel che si pensa (e di quello che pensano)
non si recupererà mai tutta la mandria, ma di parecchi capi di bestiame si può fare razzia. e non scordiamoci che anche il bue ha una bocca, e se gli fai ruminare il luppolo buono presto o tardi se ne accorge in qualche caso
non la vedo così grigia
@INDASTRIA
Ma appunto ho specificato che si può parlare di gusti personali finché ne discutiamo tra noi commentatori di Cronache; se invece tiriamo in ballo guide che pretendono di fare cultura, allora, non sono più pareri soggettivi. Non potranno mai esserlo.
“Tra l’altro questa è una guida non di birrai che vogliono entrare nel mondo della ristorazione, ma del mondo della ristorazione che vuole impadronirsi dell’ambiente.”
Sacrosanto. E purtroppo la seconda affermazione finirà per implicare anche la prima (se non è un processo già in atto)…
@Drachen
io credo che le guide serie, dopo segnalazioni e scremature, debbano mandare in loco collaboratori competenti a recensire. che ciò venga fatto su locali aperti da poco meritevoli è esattamente quello che mi aspetto, e che mi spingerebbe ad acquistare due edizioni consecutive… oltre al balletto delle classifiche (l’anno prossimo fanno miglior pub il bir&fud e poi siamo tutti contenti?)
il web fa parte dell’informazione Attiva.
io ho un gruppo di persone che beve regolarmente e bene, ma che è trascinata da me
che sto sul web, mi informo sugli eventi, mi informo su che birra spinano, la vado a cercare e sento i pareri, ecc.
se dovessi fidarmi solo delle mie papille starei fresco: le papille vanno imparate ad usare ed in questo mi sento ancora un perfetto bue che tenta di evolversi.
loro il web non lo usano e le loro papille san riconoscere la cacca, ma non l’eccellenza.
questo per dirti che nonostante gli piaccia e siano avventori regolarissimi dei pub sopracitati non
è che si entusiasmano più di tanto se c’è una birra buona invece che un’altra
altrettanto buona.
oltre una certa asticella di acculturamento è roba da geek.
il tuo discorso mi sta bene se metti artigianale vs industriale.
se mi fai il discorso artigianale corretto e buono vs artigianale scorretto, mediocre e affaristico allora di buoi fidati che ne rubi molto pochi col web.
credo che tu sia troppo ottimista sulle papille gustative medie.
Drachen, permettimi di dirti che sei troppo ottimista sul web… se ne vedono su internet di cazzate fenomenali, scritte sulla birra, e in continuazione. Per non parlare di faide, scaramucce, prese di posizione, incapacità di assumersi la responsabilità di essersi messi in gioco, ma soprattutto tanta, tanta permalosità e arroganza di sapere (mentre non si sa).
Ricci penso che sappia molto bene a cosa mi riferisco… 😀
I criteri e i pesi delle valutazioni non saranno mai perfetto o oggettivi. Meglio allora offrire una rosa di locali che rappresentano l’eccellenza e ognuno poi si scelga il suo preferito dove andare in base ai suoi gusti.
lo so. ed è anche per quello dico che col web freghi pochi buoi.
chi mi dice che il curatore di questo blog non sia un infinito cazzaro?
forse lo so perché ho sviluppato senso critico a sufficienza per nasare le sciocchezze (e cmq c’è sempre margine di errore nel senso critico).
ma questo, un utente medio che capita per caso sui siti, non ce l’ha.
ma non ha nemmeno tempo e voglia, spesso, di informarsi via web o via altri mezzi d’informazione.
@Drachen
mah, forse hai ragione, sono troppo positivista. però ci sono casi in cui un modello di consumo migliore si è diffuso (USA). certo, sono più “veloci” degli europei. cmq nessuno nasce imparato e ci vuole tempo per ogni cosa. vedremo
in ogni caso ti posso garantire che Andrea Turco che conosco personalmente, autore di questo blog, è semnza ombra di dubbio UN INFINITO CAZZARO!!! 🙂
@patrick
molti nemici, molto onore. spero non anche una coltellata nei reni a qualche festival… trovo cmq doveroso intervenire quando si leggono amenità o scorrettezze. altrimenti va tutto in vacca, il web è veloce
Ecco lo sapevo che alla fine ci andavo di mezzo io 😛
SR, mi ricordi molto “me stesso” in altri ambiti (dicesi: argomenti).
però proprio per questo sentore di affinità polemico-comunicativa tra di noi (che non trovo affatto un difetto a priori!), consiglierei di stare attenti che l’approccio formativo non lasci la priorità al “cazziatone”.
facciamo un esempio a caso:
secondo la mia modesta opinione un conto è far notare ad un blogger di aver detto una cazzata, un altro è contestare un voto ad una birra.
insomma, il gusto va si formato, ma “rompere le palle” perché su ratebeer vincono certi stili e non altri diventa un modo di voler imporre la propria visione sulla birra.
noto che spesso sul web c’è un certo sconfinamento.
conosco publicans che evitano accuratamente forum e ng proprio per questo motivo un po’ “fanatico” di trattare le opinioni altrui.
dici che è solo una nostra/loro impressione?
te lo chiedo senza animosità di sorta.
Andrea, a me stai simpatico
NB:
questa è una leccata di culo. dopo farà l’analisi aromatica-gustativa.
@Drachen
devi essere un figo della madonna, di grande personalità e dal fascino magnetico :-p
cmq i professional che evitano accuratamente sono proprio quelli che stanno sempre incollati al video
io scinderei il lato comunicativo/polemico, con lato cazziatorio (secondo me certe cose vanno stroncate sul nascere), con la voglia legittima di affermare la propria visione, con il lato goliardico
sono cose diverse che possono coesistere
noi ci siamo?
@Nabbirra
e spendili sti dù spicci.
Ottima!
Costa la metà del vostro terribile EurHop! Sai cosa aspettarti come prezzi e non rischi di trovarti brutte sorprese come da Den Zythloog dove le birre costano 3 volte più che in Italia, oppure sai come aspettarti come locale, o almeno sembra abbastanza affidabile leggendo le recensioni dei locali che conosco, mentre con il vostro EurHop! mi è capitato di andare al Kafee de Hopduvel aspettandomi, per colpa della vostra recensione un certo tipo di locale… e invece:
Vostra recensione: “Si riscontra una certa attenzione per i produttori delle vicinanze, oltre che per le birre trappiste e per i prodotti a base di lambic”
Realtà: Discreta lista, ma di lambic nemmeno l’ombra.
Ma il peggio deve ancora venire…
Vostra recensione: “La cucina è uno dei punti di forza grazie a una buona scelta di piatti regionali”
Realtà: Fast Food dedicato alle spare ribs con in aggiunta uno o due piatti regionali, non sempre disponibili, un po’ come il mozzarillo di Mac Donald
@Lembeek
Sono sicuro che gli editori raccoglieranno le tue utili segnalazioni per future edizioni
Ciao
Mi sembra una buona recensione, equilibrata e senza i fanatismi che ho visto da altre parti…..riguardo ai commenti, lascio i miei 2 cent: la guida mi è sembrata ben fatta, e importante per chi la birra la ama.
Ovvio che ci siano clientelarismi (neanche troppi in verità, il Baladin merita il primo posto, assobirra o meno, diamine!:)) ma mi sembra che ci sia anche tanta voglia di avvicinare i “profani” alla birra in modo chiaro, a voltetroppo semplicistico, ma tant’è, e soprattutto preciso….mi sembra normale che noi abbiamo i “nostri” posti, i “nostri” gusti e i “nostri” rapporti privilegiati con proprietari di pub etc. che consigliamo a piè sospinto, e che ci sarà sempre chi non è soddisfatto, ma le segnalazioni mi sembrano ottime e ben fatte…..insomma, per quanto mi riguarda sono più soddisfatto che no, e non vedo congiure per cui la guida non potrebbe migliorare in futuro:)
l’ho sfogliata e pur con tutti i limiti di una prima edizione non mi sembra fatta male, anzi penso che la comprerò, in fondo da amnate della birra vedo positivamente questo tipo di inziative
Ciao a tutti, intanto premetto che sono nuovo di questo sito ma lo trovo veramente ben fatto. Venendo al commento, ho acquistato ieri l’altro (venerdì 26.11) la guida in questione e devo dire che anch’io sono rimasto deluso per la mancanza di informazioni sulla birra artigianale. Io sono un neofito di questo mondo ma molto appassionato (a proposito se avete tempo e voglia contribuite al mio blog “piccolodiariobirraio.blogspot.com”). Mancano info su birrifici artigianali e vere recensioni “tecniche”. Trovo invece ben fatta la parte su pub e birrerie.
Essendo di Reggio Emilia, a parte quelli citati nella guida e riportati nel post 1 da Drachen segnalo anche il pub “La Salumeria del Rock” ad Arceto di Scandiano che, pur non proponendo una scelta vasta ha sempre disponibile la Chocarrubica di Grado Plato (Piemonte) e ruota altre artigianali sempre interessanti. Iniziativa lodevole che tende a premiare la qualità e credo sia un doveroso aiuto a chi, come Massimo Denti – il proprietario, è un ricercatore di gusti non comuni
ho letto tutto ciò che avete scitto, e vi dico quel che vorrei vedere su una guida: il calore che emana, accogliente, servizio, accoglienza, cioè l’insieme della prima impressione. come sono trattate le birre: cella fusti, impianto, trattamento dei bicchieri, temperature di servizio. le birre: famose o no che siano trattate come si deve non è cocacola. la cucina. grazie a tutti e buon natele