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Birrifici e pub in difficoltà ovunque: i casi di Regno Unito, Germania e Svizzera

Il perdurare dell’emergenza sanitaria sta mettendo a dura prova tutto il comparto italiano della birra artigianale. L’aggravarsi della situazione ha spinto Unionbirrai e le altre associazioni a lanciare un vero e proprio grido di allarme, affinché le istituzioni prendano coscienza dello stato in cui (non) operano tanti birrifici e pub indipendenti. Difficilmente le cose potranno cambiare nel breve e medio termine, quindi non rimane che stringere i denti e mettersi l’anima in pace. Nel frattempo possiamo lanciare un occhio oltre i nostri confini, per capire come se la passano nel resto d’Europa. E, come facilmente intuibile, non è che fuori dall’Italia il settore birrario stia vivendo un momento facile, per usare un eufemismo. Sta affrontando gli stessi gravi problemi, con dinamiche molto simili: i birrifici distribuiti nei supermercati riescono a tenere botta – chiaramente parliamo quasi esclusivamente di produttori industriali, pur con differenze da mercato a mercato – quelli invece legati a pub e locali soffrono le pesanti restrizioni anti Covid. Vediamo nel dettaglio tre casi eloquenti.

Regno Unito

Un paio di settimane fa la British Beer and Pub Association ha annunciato pubblicamente i pesantissimi dati riguardanti l’impatto del coronavirus sui birrifici e i locali britannici. L’associazione di categoria ha dichiarato che da inizio pandemia sono state sprecati 87 milioni di pinte di birra, con una perdita per i pub pari a 331 milioni di sterline. Parliamo di soldi reali, calcolati in base alla birra che i locali sono stati costretti a distruggere a causa delle restrizioni: gli effetti negativi della situazione non si ripercuotono solo su queste attività, ma anche sui loro dipendenti e su tutte le figure professionali che ruotano intorno al lavoro dei pub.

Come riportato da Beverfood, la British Beer and Pub Association ha chiesto al governo britannico e al cancelliere Rishi Sunak precisi interventi in materia fiscale ed economica, al fine di sostenere il settore in un momento di grave difficoltà:

Con un bilancio in arrivo a marzo, esortiamo il Cancelliere a continuare a sostenere il nostro settore in quelli che speriamo siano gli ultimi mesi di questa crisi. Se i pub restano chiusi oltre il mese di marzo, devono essere consegnate ulteriori sovvenzioni a loro e ai produttori di birra. Senza questo, né i pub né i birrai saranno in giro a preparare e servire birra quando potremo riaprire.

Germania

L’immagine di ettolitri di birra buttati nei tombini è identica anche in Germania, dove la situazione è forse anche più drammatica che in Regno Unito. Qui il settore sta da anni combattendo con un drastico calo dei consumi in una nazione considerata storicamente legata alla birra. Le difficoltà sono state ben riassunte da Holger Eichele, segretario generale della Federazione dei birrai tedeschi (DBB), che negli scorsi giorni ha lanciato un accorato allarme:

La situazione è drammatica e senza precedenti nel periodo del dopoguerra. […] Un numero sempre maggiori di birrifici di piccole e medie dimensioni stanno segnalando drastici crolli nelle vendite, che ne stanno mettendo in dubbio la futura esistenza.

Come altrove, anche in Germania è stata registrata una profonda differenza in base al canale di vendita. Come spiegato da Welt, se la birra alla spina ha subito contrazioni spaventose, lo stesso non si può affermare per quella in bottiglia disponibile nei supermercati: in questo caso è stata addirittura rilevata un’inversione di tendenza, con un aumento delle vendite del 6% nel periodo tra gennaio e ottobre 2020. La situazione è molto delicata e due terzi degli operatori temono che nel prossimo futuro possano verificarsi diversi fallimenti. In pratica il coronavirus in Germania ha velocizzato quel processo di contrazione del mercato in atto da anni: gli effetti sono facilmente immaginabili soprattutto per le tantissime aziende di medie dimensioni, che non hanno né la potenza dei marchi più grandi, né l’elasticità di quelli più piccoli.

Svizzera

Anche in Svizzera – ma possiamo considerarla ovviamente una tendenza generalizzata – si avverte una netta differenza tra il canale della grande distribuzione e quello horeca. Nel primo le vendite al dettaglio sono infatti aumentate del 7,6%: un risultato che ovviamente ha finito per premiare le multinazionali straniere del settore. Diverso il discorso per i tantissimi piccoli birrifici indipendenti, che si affidano quasi esclusivamente a ristoranti, pub e locali. Nel loro caso le perdite sono state pesanti e il comparto ha dovuto accusare la decisa riduzione degli acquisti (-23%) nel canale horeca. Come riportato da Il Giornale della Birra, il mercato svizzero della birra è diminuito del 2,2% nell’anno di produzione 2019/2020 rispetto ai 12 mesi precedenti, portandosi a 4,6 milioni di ettolitri. Inutile sottolineare che su questo caso hanno inciso in maniera decisiva le restrizioni imposte alla vita sociale a causa del coronavirus.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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