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Il borsino dell’hype: Angry Chair, Cycle Brewing, Bokke

Come già precedentemente argomentato, l’hype di un birrificio o di una referenza di un certo birrificio può essere definito il successo, la rinomanza, l’essere ricercato e il persistere sulla bocca dei beer geek. In altre parole, cavalcare la “cresta dell’onda” delle scene birrarie. Ci siamo anche soffermati sulle ragioni e i meccanismi, vari e mutevoli, che possono portare un birrificio a essere in “hype”. A mio modesto avviso è ora arrivato il momento di analizzare qualche caso interessante per provare a verificare il livello di “hype” – sempre che se ne possa parlare – e in tal caso la relativa giustificatezza.

Angry Chair Brewing

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  • Stato dell’hype: alto, in leggero aumento
  • Valutazione personale: in aumento

Il primo caso è quello di Angry Chair, situato a Tampa, Florida, la cui apertura risale agli ultimi mesi del 2014. È un birrificio focalizzato su Imperial Stout e Porter, ma che non manca di brassare birre luppolate, reinterpretazioni di Berliner Weisse, Sour Ale e Barley Wine. Sin dai primi mesi di attività, Angry Chair ha riscosso successo ed è divenuto subito ricercato, in particolare, per le Imperial Stout e le Porter, spesso prodotte con adjuncts e caratterizzate in generale da una dolcezza di fondo data anche dall’uso generoso di lattosio. Le referenze barrel aged sono costantemente tra le birre più ricercate di tutto lo stato della Florida, e non solo, con valutazioni sul mercato secondario che in alcuni casi superano abbondantemente i 300 dollari.

Pertanto, trattasi di un birrificio con hype alto, con leggera tendenza in aumento. Basti pensare che il biglietto per la release di 6 bottiglie, delle quali 5 barrel aged Imperial Stout e una Sour Ale, durante l’ultima Tampa Bay Beer Week costava 300 dollari ed è stato polverizzato in pochissime ore: la Unrepentant Transgression (affinata in botti di bourbon) ha raggiunto in brevissimo tempo una valutazione di oltre 150 dollari, ed è la bottiglia con quotazione più bassa del set fra le Stout.

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Personalmente, avendo visitato la taproom nel settembre 2015 e avendo bevuto diverse referenze, alla spina e in bottiglia, nel corso degli ultimi 4 anni, ritengo Angry Chair un birrificio costantemente migliorato nel tempo, soprattutto sulle Imperial Stout e Porter con adjuncts non barrel aged che possono rimanere tendenzialmente dolci, ma al contempo molto stabili ed equilibrate senza troppa invasività degli stessi adjuncts. Spesso e volentieri ho notato come gli questi ultimi riescano a valorizzare la base, funzione cui primariamente servirebbero. Due esempi fra tutte: la Adjunct Trail, Imperial Sweet Stout con nocciole, caffè e cocco tostato, e la Rocky Road, sempre Imperial Sweet Stout con granella di cacao, noci e vaniglia beans. Alla luce di quanto sopra, mi sembra di poter affermare che attualmente il forte hype è giustificato, anche grazie a un ottimo barrel aging program dove la selezione delle botti è sicuramente uno dei punti di forza del birrificio.

Cycle Brewing

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  • Stato dell’hype: medio, tendenza stabile
  • Valutazione personale: in diminuzione

Aperto dal 2012 a St. Petersburgh, Florida, anche Cycle si è subito distinto per le sue barrel aged Imperial Stout con ingredienti aggiuntivi. Invero, è stato uno dei primissimi ad utilizzare gli adjuncts e tale peculiarità gli è subito valso un hype piuttosto alto, sia in Florida che in Europa, dove l’idea di una Imperial Stout affinata in legno con adjuncts era considerata qualcosa di totalmente nuovo, per non dire inverosimile. Considerazione al tempo condivisa dallo scrivente, simmetricamente riflessasi alla prova bicchiere. Cycle era e tuttora resta un birrificio con capacità produttiva ridotta, con poche persone che curano tutte le fasi produttive e ciò nonostante ha cercato subito di cavalcare l’esponenziale crescita della domanda, del successo – l’hype in sostanza – aumentando la produzione.

Mossa forse a posteriori non propriamente azzeccata, visto che già nel 2013 dovette fronteggiare il primo caso di infezione su un batch di Rare Dos. Al fine di risolvere il problema, ed eventuali altri di tal guisa, Cycle decise di pastorizzare le proprie birre, ma non tutte, solo le Imperial Stout e similari destinate all’imbottigliamento. Nessuna pastorizzazione per tutte le birre, a prescindere dalla tipologia, destinate all’infustamento. Nel 2018 ancora problemi, questa volta collegati allo stesso processo di pastorizzazione, risolti da Cycle tornando ad imbottigliare le proprie ba Imperial Stout e Porter nelle vecchie e pesanti bottiglie tipo “bomber” (660 ml) degli esordi. In sostanza, il problema era che le bottiglie esplodevano durante il processo di pastorizzazione ben prima che l’acqua arrivasse a 140° f, quindi molto prima di raggiungere la misura di un’unità di pastorizzazione.

Ad ogni modo, pur comprendendo le argomentazioni esposte sul sito web del birrificio sul tema pastorizzazione, devo notare come l’hype del birrificio sia calato, e di molto, nel corso degli anni. Anche la qualità delle birre mi sembra sia scemata negli ultimi tempi. Le ragioni? Tralasciando il discorso pastorizzazione, i motivi sono da ricercare altrove: troppe birre, troppi set di birre con la stessa base e adjunct e/o botti differenti di cui diverse lontane dai livelli degli esordi, troppe collaborazioni. Sinceramente mi sembrano piuttosto distanti le annate 2012 e 2013 dove Cycle, con una produzione molto più ristretta, stupiva per la capacità dell’uso degli adjunct, che peraltro non destavano mai “sospetti”, senza snaturare la birra base e l’influenza data dalle botti di bourbon, sebbene a onor del vero le birre non abbiano mai brillato per eleganza. Tuttavia, durante gli ultimi due anni, ho notato qualche segnale positivo nelle Imperial Stout proposte da Cycle alla spina (non pastorizzate) e in bottiglia, comunque evitando gli ormai proverbiali set da 5 o più bottiglie, ma di certo non è un birrificio su cui oggi riterrei di puntare tra quelli locati in Florida.

Bokke (ex Bokkereyder e Methode Goat)

  • Stato dell’hype: molto alto, in aumento
  • Valutazione personale: in aumento

Raf Souvereyns ha iniziato ad affinare in botte un Lambic nel 2013, nella cucina della casa natale, e ancora oggi, nonostante l’hype altissimo che hanno raggiunto i suoi blend di Lambic (Girardin, De Troch, Lindemans) lavora praticamente da solo nella propria blendery di Hasselt, senza alcun spazio per la mescita al pubblico. La prima volta che sentii parlare di Bokke, in termini piuttosto lusinghieri, fu nel 2015 durante l’Homebrewing Contest del Carnivale Brettanomyces, mentre il primo assaggio del sottoscritto avvenne al Koelschip di Copenhagen nel 2015, nella specie una Druiven del 2015. Rimasi subito colpito dal controllo dell’acido acetico e dall’assenza di sentori fenolici o di solventi, mentre avrei gradito un pizzico in più di corpo e di carbonazione. Tuttavia, ho avuto subito la netta impressione di trovarmi di fronte a un blender che sarebbe riuscito ad arrivare a livelli eccellenti, tali da giustificare il già fortissimo hype del tempo.

Invero, le produzioni in bottiglia di Bokke (non esistono fusti) hanno raggiunto subito un livello di hype altissimo, tuttora perdurante senza alcun accenno di diminuzione. Ovvia conseguenza è la quotazione altissima di diverse bottiglie sul mercato secondario, anche grazie alla scarsa reperibilità delle stesse. Pochi sono infatti i pub in Europa dove poter bere una bottiglia di Bokke, naturalmente a prezzi piuttosto alti, e ancora più rara in genere la possibilità di ottenere una bottiglia. Personalmente, mi ritengo fortunato ad aver bevuto più di una decina di referenze in bottiglia e ho notato dei costanti miglioramenti sia sul corpo che sulla carbonazione, ma quello che mi ha più impressionato nelle ultime due bottiglie bevute all’Ammutson di Vienna, nella specie una Abrighost (blend di Fantome Saison di uno e due anni a sua volta blendato con Lambic di uno, due e tre anni) e una Kriek Pjassel con ciliegie di Schaarbeek e Gorsem, è stato il profilo fruttato, dove il livello di tartness della frutta risultava assolutamente sotto controllo e in perfetto equilibrio con la struttura della birra. Mi sento di poter sommessamente dire che in entrambi i casi abbiamo rasentato livelli di eccellenza e pertanto ci troviamo di fronte a un hype ampiamente giustificato dai fatti.

Pierluigi Nacci
Pierluigi Nacci
Appassionato di birra artigianale sin dal 2004, ha frequentato numerosi corsi di degustazione e nel corso degli anni ha sviluppato una predilezione per i viaggi birrari all'estero, comprensivi di visite a taproom e pub, e per i festival internazionali. Senza assolutamente tralasciare la scena italiana.

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