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I piatti tipici di Ancona: come abbinarli alla birra artigianale delle Marche

Sebbene la loro attrattiva stia fortunatamente migliorando, fino a oggi le Marche sono state (a torto) una delle regioni meno considerate d’Italia: caratterizzata, come dice il nome stesso, da una pluralità di aree geografiche e culturali diverse e difficilmente sovrapponibili – si pensi a immaginari tragitti da Pesaro ad Ascoli, o dal Conero al Monte Sibilla, o da Urbino a San Benedetto del Tronto. Offre ai suoi abitanti e visitatori un’elevata qualità di vita, tanto verde, apprezzate università, ottima accoglienza e una sgargiante, ritrovata, attitudine enogastronomica. In questo quadro generale s’inserisce anche il capoluogo Ancona, che vanta illustri origini greche risalenti al IV secolo a.C.: il nome deriva infatti dall’ellenico ankon, gomito, per la conformazione del promontorio (su cui la città si protende), formando un eccellente porto naturale, principale elemento di sviluppo della città, nell’antichità come ai giorni nostri.

Dal punto di vista brassicolo possiamo dire con certezza che si tratta di una delle realtà regionali più dinamiche all’interno del panorama tricolore. Diverse le unità produttive di rilievo, la cui qualità è certificata anche dai numerosi premi aggiudicati in concorsi nazionali e internazionali, e importanti progetti di valore agro-birrario, come il pionieristico COBI, proprio ad Ancona, un consorzio per la coltivazione e la maltazione dell’orzo, e diverse piccole aziende impegnate nella coltivazione di luppolo.

Prima di iniziare il pasto non possiamo non metterci a nostro agio con la Pils di quello che può essere considerato uno dei birrifici italiani più in crescita, Mukkeller (Porto Sant’Elpidio, FM): la Mu Pils è un vero e proprio rasserenante liquido, dalla beva straordinaria, dalla freschezza e dalla finezza uniche, in grado di offrire un piacere frugale, che non stanca mai.

Antipasto: molluschi di mare in porchetta

Il nostro menu di quattro portate prevede un incipit con antipasto di pregiati molluschi del mare anconetano: moscioli o cozze selvatiche (Presidio Slow Food, che vivono attaccate agli scogli del Conero e si riproducono naturalmente, mangiati addirittura crudi dai pescatori), tartufi di mare e crocette (o piede di pellicano) “in porchetta”, cioè tradizionalmente con finocchio selvatico, rosmarino, aglio, pomodoro, peperoncino e il vino bianco (ma noi sfumeremo con la stessa birra usata per l’abbinamento).

Certamente diversi tra loro come consistenza e peculiarità aromatiche, ma probabilmente in grado di essere riuniti dal cappello di accompagnamento della geniale Fleur Sofronia di MC-77 (Serrapetrona, MC): Blanche con aggiunta di fiori di ibisco, che conferiscono un colore rosato particolarissimo e aggiungono un contributo aromatico a un birra morbida, ma giustamente fresca e ripulente, che riesce a unire magnetismo, qualità gustativa e semplicità di fruizione. Matteo Pomposini e Cecilia Scisciani, coppia nella vita e sul lavoro, non hanno nemmeno bisogno di presentazioni: sono certamente tra i più talentuosi e preparati birrai della nuova generazione.

Per gli appassionati di “signore in abito scuro”, soprattutto se a tavola dovesse anche esserci qualche ostrica, si può tentare o con l’ottima Shinobi di Babylon (Folignano, AP), affascinante Stout da 4,8%, oppure con la Calix Niger di Birrificio dei Castelli (Arcevia, AN), una Chocolate Stout da 6,7%, leggermente più strutturata, alcolica e complessa. In entrambi i casi le note tostate accompagneranno la mollezza delle carni e la tipica nota acidula apportata dai malti scuri ripulirà convenientemente.

Primo: ciavattoni allo scoglio

Proseguiamo con i ciavattoni (paccheri) allo scoglio, conditi con un intingolo fatto con seppie, vongole, moscioli, pannocchie, pauri (un pesce di taglia medio-grande, simile all’orata, ma meno pregiato) e qualche pomodoro (in stagione). Per questo incontro abbiamo optato per la Lola dell’ottimo birrificio RentOn (Fano, PU), una Saison vecchio stile da 5,5%, con aggiunta di buccia d’arancia dolce e amara, salvia, coriandolo e un finale amarognolo e ripulente. L’aromaticità del condimento e quella della birra si incontrano, rigenerandosi e completando le note umami con quelle delle erbe e delle spezie; l’approccio affilato della birra deterge l’untuosità e invita al prossimo boccone.

Secondo: brodetto all’anconetana

Per secondo abbiamo scelto il brodetto all’anconetana, più che un piatto una religione. Risulta accogliente, rappresenta una delle sicurezze della vita, con la sua ricchezza espressiva e quel brodo così saporito frutto della cottura di tanti ingredienti diversi. Lo accompagniamo con una Double IPA: o con la Hattori Hanzo di Mukkeller (8,3%), oppure con l’Extrema Ratio (7,4%) di Birrificio dei Castelli. Sono due ottime rappresentati dello stile, ben “carrozzate” e liberalmente fragranti per via della generosa luppolatura; accompagneranno con il corpo e le note caramellate il poco pomodoro presente e aiuteranno ad asciugare le untuosità con alcol e luppolo, aggiungendo al piatto la freschezza delle note fruttate. Se possibile, come contorno cercate i paccasassi, tipica e gustosa erba marina che cresce sulle spiagge di roccia, tra i massi.

Dolce: beccute

Chiosa dolce con le beccute, semplici e tipici biscotti natalizi a base di farina di mais (storicamente nascono per riciclare gli avanzi della polenta) con uvetta, mandorle, pinoli e fichi. Trattandosi di pasticceria secca non abbisogniamo di eccessiva dolcezza nell’accompagnamento liquido. Ecco perché abbiamo pensato all’imponente 10 Uniko, Barley Wine con mosto d’uva di I-Beer (Fabriano, AN), che riposa per 12 mesi in botti piccole. Intriga il limbo gusto-olfattivo, fatto di continui rimpalli tra sensazioni di mosti e malti, di suggestioni da frutta secca, disidratata e sotto spirito, proponendosi come ottima compagna per la chiusura del pasto (e anche della serata, visti il suo 14,5%…). Alternativa valida, per l’abbinamento e per il dopo cena, è l’affascinante Drum Barrel de Il Mastio (Colmurano, MC), Belgian Strong Dark Ale passata in botti (ex Merlot) da 8%, con le tipiche note complesse, tostate, mielate, ossidate, nuance vinose, dentro cui potreste anche pensare di farci la puccia, con i biscotti.

Chiudo con alcune righe a sfondo personale, me le perdonerete. Sarà l’ultimo pezzo per questa rubrica. Perciò non posso non fare qualche breve, mirato e giusto ringraziamento: innanzitutto a voi lettori, per il supporto e i messaggi che mi sono stati di costante stimolo; e ad Andrea, la cui amicizia e stima considero un dono raro, per avermi ospitato e dato la possibilità di trasmettere in uno spazio così prestigioso il mio modesto bagaglio di conoscenze e la mia grande passione.

L'autore: Roberto Muzi

Docente, degustatore e consulente di settore. Classe 1980, appassionato di fermentazioni e di tutto ciò che riguardo quello straordinario micromondo abitato da lieviti e batteri, è responsabile regionale per la Guida alle birre d’Italia di Slow Food Editore e giurato in alcuni concorsi nazionali. Ama leggere e bere birra mentre segue il calcio: una semplice scusa, sciocca e inossidabile, per foraggiare il consumo pro-capite italiano.

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