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Birra e picnic: idee di abbinamento per un pranzo all’aperto

Col bel tempo e dopo questo anno di periodiche e sistematiche reclusioni la voglia di uscire è davvero tanta e, con l’avanzare delle belle giornate, una delle opzioni più praticate è quella del pranzoalsole. Così avrebbe definito il picnic il geniale dizionario di Filippo Tommaso Marinetti, che si era personalmente incaricato di scovare o inventare termini in grado di resistere ai dilaganti forestierismi linguistici (per contestualizzare, siamo negli anni 1920). Il fondatore del futurismo, corrente artistica e culturale letteralmente sedotta dalle novità e dalle opportunità della modernità, che predicava il dinamismo e criticava l’indolente pastasciutta, non avrebbe però messo nel suo cestino la birra, ritenuta troppo poco italica per meritare attenzione. Noi che invece crediamo fermamente nella versatilità del nostro fermentato di cereali preferito l’abbiamo pensata come compagna anche per un menu da pasto informale all’aperto.

Normalmente, in queste circostanze, si bada alla sostanza, poiché sussistono una serie di limiti tecnici per quanto riguarda il desco e il suo trasporto. Ma, con un minimo di organizzazione su borse e “catena del freddo” e la necessaria buona volontà, si può organizzare un pasto variegato e gustoso, fatto di diversi assaggi e dei loro rispettivi abbinamenti, stupendo i colleghi di convivio con un canestro colmo di sorprese e prelibatezze. Preso atto di stagione e situazione, per gli abbinamenti abbiamo optato per stili estivi e dilettevoli: possibile che nei ragionamenti tecnici possano cedere qualcosa sull’equipollenza di struttura, ma le scelte fatte garantiscono un efficace lavoro di “abbinamento di servizio”, come ci piace chiamarlo, e una beva disinvolta, assolutamente appropriata in un contesto da picnic.

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Aperitivo

Dopo la fatica della passeggiata, appena arrivati a destinazione, cosa c’è di meglio che dissetarsi con una birra? Come prima estrazione dalla borsa frigo abbiamo pensato a una Golden Ale (chiamata anche, non a caso, Summer Ale): ideata quasi per errore nel 1986 e divenuta la risposta inglese alla irrefrenabile ascesa delle Lager, è dorata, con un tocco erbaceo e di lemon grass, intensamente fresca e poco impegnativa, dal corpo lieve e la chiusura amarognola, di eminente scorrevolezza e gradazione alcolica intorno al 5%. Perfetta, insomma, per rifocillarsi e aprire lo stomaco.

Supplì, crocchette e rustico napoletano

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Stendendo la tassativa coperta a quadrettoni e dischiudendo il nostro scrigno alimentare, ecco giungere un trittico di apertura niente male: supplì e crocchette di patate – fritti, è vero, ma che se sfrigolati a mestiere si possono mangiare con uguale soddisfazione anche non espressi – e il curioso rustico napoletano, fatto di frolla dolce e mordace ripieno salato, con uova, salame e ricotta, tra gli altri.

Per giubilare l’ouverture stappiamo una Berliner Weisse, simpatica canaglia dall’anima popolare: citrica, acida, benevolmente rude e di poche pretese, unica nel servizio di nettezza palato (requisito essenziale viste untuosità e grassezze presenti) e incline a una certa “neutralità aromatica” che farà esprimere al meglio quella irresistibile dei cibi in questione.

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Torta salata e frittata di spaghetti

Altro manicaretto presente nella nostra dispensa portabile è la torta salata di ricotta e spinaci che maritiamo con una Witbier: anch’essa potrebbe cedere qualcosa sul corpo (dipende anche dalla ricetta del birraio), ma certamente avrà la forza di mondare il palato grazie alla buona carbonazione e alla lievissima acidità, aggregando la sua argentina aromaticità al latticino, alla verdura e alla loro fertile e consolidata unione.

Un’altra proposta da piazzare sulla tovaglia è la frittata di spaghetti in bianco, uno dei più celebri classici della cucina di recupero, che abbiniamo a una Keller francone, rispettabile e rustica. La pasta all’interno ci aiuta a tamponare l’invadenza dell’uovo, ma la carbonazione, l’alcol (non elevati, comunque presenti) e l’iconico equilibrio malti/luppoli sorreggono l’abbinamento, permettendo di apprezzarne anche la chiusura lievemente erbacea e amarognola.

Polpette

Chiudiamo la nostra minuta con le polpette impastate con gli ultimi broccoli della stagione, insaporiti dalla presenza del pecorino grattugiato. Le polpette simboleggiano l’amore, la fantasia nel recupero, un pasto nutriente e gustoso, è stato già detto di tutto. Eppure riescono a non stancare mai, risultano sempre gradite: il concetto è chiaro, fatene sempre il doppio di quelle credete di poterne consumare.

A proposito di classici irresistibili, le abbiniamo con una English IPA: stile tradizionale, tenuto in piedi da una spina dorsale maltata che permette di affrontare corpo e untuosità, caratterizzato da riconoscimenti olfattivi terrosi ed erbacei (tipici dei luppoli inglesi storici) e carbonazione che sgrassa. Il finale è amarognolo e va d’accordo con le tendenze gustative leggere del cibo: quella dolce dell’impasto, quella sapida del pecorino e quella speziata dei vari odori presenti.

Pasticceria secca

Tra una chiacchiera, una bevuta e un po’ di relax, quando il sole sta cominciando il suo lento cammino verso il tramonto, si può chiudere aprendo una signora di fascino e gusto come una Old Ale. Bevuta così, per favorire gli ultimi temi di conversazione, oppure, per i più golosi e incontentabili, accompagnandola con un po’ di pasticceria secca. La chiosa migliore per prendere la spinta giusta e ritrovare la forza di tornare verso casa.

Roberto Muzi
Roberto Muzi
Docente, degustatore e consulente di settore. Classe 1980, appassionato di fermentazioni e di tutto ciò che riguardo quello straordinario micromondo abitato da lieviti e batteri, è responsabile regionale per la Guida alle birre d’Italia di Slow Food Editore e giurato in alcuni concorsi nazionali. Ama leggere e bere birra mentre segue il calcio: una semplice scusa, sciocca e inossidabile, per foraggiare il consumo pro-capite italiano.

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