La prima associazione di homebrewer a cui mi sono iscritto è stata la American Homebrewers Association. Detta così può suonare strano: ma come, un homebrewer italiano che si iscrive a una associazione americana? Ebbene sì, fu la prima che riuscì ad attirare la mia attenzione, da subito. La motivazione è semplice: i contenuti. Oltre a gestire i soliti forum e un sito aggiornato e ben strutturato, la AHA stampa Zymurgy, un magazine rivolto esclusivamente agli homebrewer con articoli sempre molto interessanti. Ma non solo: organizza anche una convention annuale, la Homebrew Con. Questo evento, in particolare, mi ha sempre affascinato moltissimo.
Non si tratta infatti del solito incontro tra produttori casalinghi in cui si portano le proprie birre da assaggiare nascosti in un angolo di un pub, ma di un vero e proprio evento divulgativo incentrato intorno a una serie di talk (ovvero incontri e presentazioni) rivolti a chi fa birra in casa. Vengono approfonditi temi di vario tipo – dalle materie prime ai processi – durante sessioni di un’ora condotte da esperti del settore ma anche da rinomati e appassionati homebrewer. Le giornate della convention, che si svolge ogni anno in una città diversa e che ruotano intorno a questi interventi, rappresentano l’occasione per incontrare altri homebrewer, confrontarsi e bere responsabilmente.
Ho sempre sognato di partecipare a un evento del genere, ma spostarsi in America non è una bazzecola e non ci sono ancora riuscito. Ci sono andato vicino, però. In occasione della Homebrew Con del 2020 a Nashville, mandai una proposta per un talk sull’ossidazione. Venne approvata. Nonostante non venga pagato viaggio né alloggio, mi decisi ad andare. Purtroppo arrivò il Covid, e la presentazione alla fine fu gestita online. Fu molto emozionante lo stesso, anche se molto diverso da un intervento in presenza.
In Italia non esistono eventi del genere. Fortunatamente, vedo che alcuni concorsi per homebrewer locali, sempre più spesso, organizzano un piccolo laboratorio a fianco della giuria del concorso. Lo hanno fatto ad esempio i Trinacria Homebrewers in occasione delle tappe del loro concorso dedicate a Saison e Lager; lo fa ogni anno il concorso Lost & Fund approfondendo uno stile storico ogni volta diverso; lo hanno fatto gli Homebrewers FVG e gli Homebrewer Gorizia in occasione delle tappe dei loro concorsi dedicati rispettivamente al Belgio e all’Inghilterra. Insomma, come sempre in Italia la volontà e la passione ci sono, ma sono sparpagliati tra le associazioni locali. Una vera e propria convention dedicata agli homebrewer ancora non c’è. Come potrebbe essere, se ci fosse?
La BrewCon di Londra
Per rispondere a questa domanda, prendo spunto dal mio ultimo viaggio a Londra di qualche settimana fa. L’occasione per tornare nella capitale inglese dopo diversi anni è stata partecipare alla BrewCon. È un evento a cadenza annuale, simile alla Homebrew Con americana, su scala ridotta. Non è però organizzata da una associazione di homebrewer, ma da un appassionato produttore casalingo: Simon Pipola. Dietro ha il supporto morale di diverse associazioni locali, tra cui i London Amateurs Brewers (conosciuti anche come LAB) e i Beer Boars, ma l’organizzazione dell’evento è interamente in mano all’entusiasmo e alla passione di Simon, che ebbi occasione di conoscere durante una giuria a cui partecipai per un concorso organizzato dai LAB nel 2019.
Quello stesso anno proposi a Simon un intervento per la BrewCon che portò alla mia prima partecipazione come speaker alla convention nell’ottobre del 2019. Poi arrivò il Covid. Sono tornato a Londra, con un altro intervento, per la BrewCon qualche giorno fa. Vediamo quali sono le caratteristiche salienti di un evento del genere.
Il concorso per homebrewer
Come nel caso di quella americana, anche la convention di Londra è da sempre occasione per l’organizzazione di un bel concorso per homebrewer. Diversamente da quanto facciamo in Italia, in Inghilterra non hanno un campionato per produttori casalinghi a livello nazionale. Organizzano ogni anno una National Competition a tappa singola, ma non è quella organizzata in occasione della Brewcon.
La giuria del concorso viene gestita nei giorni precedenti all’evento, su più sessioni, visto che le birre spesso superano di gran lunga il centinaio. L’aspetto che mi è sempre piaciuto è che i tavoli di giuria vengono organizzati per stile, in modo da poter premiare alla fine birre per singola categoria nonostante il concorso sia aperto a tutti gli stili. Ci sarà quindi il premio per la miglior IPA, la miglior birra belga e via discorrendo. Anche se spesso in questi casi si tratta solo di coccarde “simboliche”, è una modalità che mi piace molto.
Storicamente, a quanto ho capito, il concorso della Brewcon di Londra era organizzato dalla BrewCon stessa. Da quest’anno però l’organizzazione è stata demandata a un gruppo di homebrewer, perché troppo oneroso gestire concorso e convention contemporaneamente. Lo scorso anno successe un mezzo casino tra scioperi e Covid, il che portò l’organizzazione a scindere concorso e convention in termini organizzativi. Quest’anno mi sembra sia filato tutto liscio: sbagliando si impara.
Ho partecipato come giudice alla sessione del sabato mattina e mi sono trovato davvero bene. Meno di dieci birre per tavolo, nessuno che ti metteva alcuna fretta durante la valutazione, schede BJCP mediamente ben compilate (per quello che ho potuto vedere). Hanno anche un sito (link) che gestiscono bene fino alla fine della competizione, con la pubblicazione chiara e sintetica dei risultati. Quest’anno il concorso si chiamava BrewKeg Tap e aveva un limite di ben 300 birre iscritte. Alla fine sono state iscritte 200 birre, ma le sessioni di valutazione distribuite su più giornate hanno permesso di gestire un carico di assaggi “umano” per i giudici. Almeno così è stato sabato, alla sessione a cui ho partecipato. Ma credo l’approccio sia stato simile anche nelle giornate precedenti.
Un altro aspetto simpatico di questa competizione è che gli homebrewer possono registrarsi come appartenenti a un club. Ogni club prende punti in base ai punti assegnati ai suoi membri. Alla fine viene decretato anche il club di homebrewer vincitore.
Gli espositori
Come in tutte le convention che si rispettino, non mancano sponsor ed espositori. Troviamo quindi fornitori di materiale per homebrewer, produttori di lieviti e luppoli, produttori di malto e molto altro. Sicuramente interessante girare per gli stand e fare quattro chiacchiere, ricevendo spesso anche dei campioni gratuiti di luppolo, lievito o malto. Ho assistito anche a brevi dimostrazioni di nuova attrezzatura, per poter toccare con mano le evoluzioni tecnologiche che spesso possiamo solamente guardare online tramite foto o video. Devo dire che nel 2019 lo spazio dedicato agli espositori mi è sembrato più ampio e focalizzato, mentre quest’anno l’ho trovato un po’ sottototono. Questo ovviamente dipende anche dalla location e dallo spazio che può mettere a disposizione. Veniamo allora alla location.
La location
La prima edizione a cui ho partecipato, nel 2019, che non era però la prima in assoluto della BrewCon a Londra, si svolse nell’ampio spazio del birrificio Beavertown. Già allora il birrificio era stato acquisito dall’industria (Heineken), ma nessuno sembrava farsene un problema. La location era davvero vasta e i talk si tenevano in parte fuori in un tendone, nello spazio antistante il birrificio, in parte nella bottaia, tra file di botti (spazio molto suggestivo). Da bere c’erano ovviamente le birre di Beavertown.
Quest’anno la manifestazione si è invece divisa tra due birrifici che sorgono l’uno davanti all’altro nel quartiere di Whaltamstow, dall’altra parte del canale rispetto a Beavertown. I due birrifici sono Wild Card e Hackney. Gli spazi erano in generale più ristretti, ma c’è stato comunque modo di allestire due zone per i talk così da gestirli anche in sovrapposizione. In questo caso le birre erano quelle dei due birrifici. Molto spinto sulle luppolate Hackney, leggermente meno Wild Card che ha messo alla spina anche qualche proposta scura e sour.
La scelta di birrificio come location non è affatto male. Può coniugare un buono spazio (in genere più di un pub trattandosi di capannoni industriali) alla disponibilità di birra senza dover mettere in piedi banchi e banchetti e trovarsi a chiedere – immagino – particolari autorizzazioni per la somministrazione di bevande alcoliche. C’è già la taproom del birrificio, basta chiamare un food truck per il cibo e il gioco è fatto.
Il problema, in Italia, è che non sono tantissimi i birrifici raggiungibili comodamente. A Londra è pieno, da noi meno. Organizzare un evento dove si beve in un posto raggiungibile solo in macchina creerebbe parecchi problemi e limiterebbe notevolmente l’afflusso. Ma a volersi impegnare, qualcosa nelle grandi città si potrebbe trovare anche qui.
I talk
L’ingresso ai vari talk è gratuito. Si paga l’ingresso per la manifestazione e poi ci si può sedere in qualsiasi momento ad ascoltare interventi dedicati a birra e homebrewing. Quest’anno si è parlato un po’ di tutto: produzione di birre Lager, difetti, degustazioni guidate, Cask Ale, come produrre una Tripel in casa (il mio intervento), come aprire un birrificio e molto altro. Il keynote speech, ovvero il talk di apertura, è stato affidato al mitico Jamil Zainasheff (autore, tra l’altro, di Brewing Classic Styles) e ha riguardato diversi aspetti della produzione: dai nutrienti all‘ossigenazione, passando per il pitching e altro ancora.
Non sono riuscito a seguire tutti gli interventi perché alcuni erano in sovrapposizione, oppure perché in qualche momento ero a bere e chiacchierare con gli altri homebrewer. Quelli che ho seguito mi sono sembrati ben fatti e interessanti, con un buon coinvolgimento medio di pubblico. Rispetto alla precedente edizione a cui ho partecipato, quella del 2019, ho notato meno interventi da parte di homebrewer e una maggiore presenza di interventi di sponsor o birrai. Benvenuti anche questi, sia chiaro, ma avevo apprezzato molto la partecipazione degli homebrewer con diversi talk della scorsa edizione che raccontavano esperienze personali maggiormente focalizzate sulla produzione casalinga.
E gli homebrewer?
Il primo anno in cui andai, rimasi molto stupito da un evento che veniva organizzato la sera, dopo la chiusura del festival. Una sorta di mini festa in cui molti homebrewer portavano le proprie produzioni (spesso addirittura in fusto, con spillatore). Si assaggiava di tutto mentre ci si confrontava su ricette e ingredienti. Ricordo di aver bevuto birre molto interessanti, tra cui rimane inchiodata nella mia memoria un “Eis-Lambic”, una sorta di Lambic prodotto in casa e concentrato per congelamento, similmente a quanto si fa per una Eisbock. Fu una serata davvero molto bella, occasione per conoscere gli homebrewer di Londra e dintorni e parlare liberamente di birra fatta in casa.
Qui in Italia qualcosa del genere accade ogni anno all’Expo organizzato dalla Brasseria Veneta a Preganziol (provincia di Treviso), una manifestazione in cui sono presenti diversi homebrewer dell’associazione con veri e propri banchi di spillatura. Qualcosa di simile lo si trova a volte anche nelle tappe dei vari concorsi per homebrewer in giro per l’Italia, dove qualcuno porta sempre una birretta da far assaggiare agli altri (ma senza banchi di spillatura). Nell’edizione di quest’anno della Brewcon non ho visto niente del genere. Ho avuto modo di fare diverse chiacchiere con homebrewer londinesi, ho anche assaggiato un Lambic del solito e mitico homebrewer che mi fece assaggiare l’Eis-Lambic qualche anno fa, ma a parte questo non ho notato un vero e proprio scambio di bottiglie. Magari me lo sono perso io, ma c’è da dire che sono stato sempre lì fino a sera, me ne sarei accorto.
Probabilmente dietro c’è anche un problema legale, perché scambiare birre fatte in casa in un luogo aperto al pubblico, per quello che ne so, è un ambito legalmente fumoso. Non è chiaro se lo si possa fare o no, quanto sia tollerato e a quale livello. Poi, in Italia, abbiamo sempre le applicazioni del regolamento regionali che possono essere diverse da località a località. Resta il fatto che secondo me, in un tipo di evento del genere, come avviene a Londra e in America, l’organizzazione di talk e il coinvolgimento di relatori competenti e coinvolgenti dovrebbe essere l’obiettivo principale. In particolare, se si tratta di homebrewer che raccontano le loro esperienze o qualcosa a cui si sono particolarmente dedicati negli ultimi anni. Ricordo le moltissime live su questi temi che sono spuntate durante il lockdown, sarebbe bellissimo riprenderle e riunirle in un unico contesto, dove potersi ritrovare in allegria stimolando allo stesso tempo la voglia di conoscenza e di confronto.