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Buon St. Patrick’s Day! Festeggiamolo in maniera alternativa…

Oggi è martedì 17 marzo, una data come un’altra in questa lunga successione di giorni tutti uguali causata dall’emergenza Coronavirus. Eppure per noi appassionati di birra ha un significato particolare, perché oggi si festeggia San Patrizio, patrono dell’Irlanda. Una commemorazione di origine cristiana, ma che nel tempo ha acquisito una dimensione spiccatamente mondana se consideriamo che St. Patrick’s Day è una delle ricorrenze più attese nel mondo della birra. Oggi infatti su celebra la cultura brassicola irlandese e in particolare lo stile locale per eccellenza: quello delle Stout, anche nelle sue varie declinazioni. Quello di quest’anno è un San Patrizio sicuramente diverso dal solito, che saremo costretti a passare chiusi in casa invece che in pub e locali. È quasi un paradosso per una ricorrenza che esalta l’aggregazione e la condivisione degli spazi sociali, ma dobbiamo adattarci alla situazione facendo buon viso a cattivo gioco. Ecco allora qualche suggerimento per celebrare in modo alternativo questo stranissimo St. Patrick’s Day.

Brindare (a casa) con una Stout

La soluzione più facile consiste ovviamente nello stappare una bottiglia a tema. Su quali prodotti orientarci? Per stilare dei suggerimenti possiamo affidarci alle classifiche di Whatabeer, l’app ludica di Cronache di Birra che, tra le altre cose, permette di consultare graduatorie generali divise per stile birrario in base ai contest tenutisi fino a oggi. In quella relative alle varie versioni di Stout troviamo in testa la Gallagher Stout di Hilltop, splendida incarnazione della tipologia che prevede l’aggiunta di alghe essiccate. Se cercate qualcosa che vi tiri su e dal tenore alcolico relativamente elevato, al secondo posto compare la Caffè Doppio di Brasseria della Fonte, mentre per un’opzione più classica potete indirizzarvi sulla Stout di Moor, posizionata sul gradino più basso del podio.

Hilltop domina anche la classifica delle Sweet Stout e Milk Stout con la sua Un Americano, seguita dalla Fear di Brewfist e dall’iconica Beer Geek Breakfast di Mikkeller. Nella graduatoria delle Oatmeal Stout troviamo al primo posto la Rosemary Stout di Pontino (con rosmarino), al secondo la Black Belt di Ritual Lab e al terzo la Pablito di Manerba. Vale la pena anche citare le Porter, dove troviamo nell’ordine la Madiba di Lariano, la Must Kuld di Pohjala e la classicissima Old Style Porter di St. Peter’s.

Visto che siamo in inverno, vale segnalare anche le versioni più alcoliche degli stili scuri. Podio tutto italiano nella classifica delle Robust Porter, con la Robust Porter di Brasseria della Fonte, la Hot Night at The Village di Foglie d’Erba e l’inossidabile Black Lizard di Maltovivo. Infine tra le Imperial Stout troviamo in testa la Cassius di Bonavena (al momento la miglior birra in assoluto su Whatabeer), la Spaghetti Western di Brewfist (collaborazione con Prairie) e la Tiramisù di Lambrate. Insomma, avete solo l’imbarazzo della scelta e per altri consigli potete scaricare Whatabeer e consultare le classifiche complete.

Produrre (in casa) una Stout

Come ho scritto negli scorsi giorni, in questo momento un hobby come l’homebrewing può rappresentare un toccasana per la salute mentale di molti appassionati, nonché una buona soluzione per aumentare le riserve di birra nel breve e medio termine. Perciò oltre a bere una Stout, oggi si può celebrare degnamente San Patrizio realizzandone una in casa. Di ricette in rete se ne trovano a bizzeffe, ma in questa sede mi piace segnalarne due del mio homebrewer preferito, cioè Francesco Antonelli, pubblicate in passato sul suo blog Brewing Bad.

La prima birra si chiama Roight! ed è definita da Francesco una classica Irish Stout. E se lo dice lui significa che dietro c’è non solo un’attenta aderenza ai dettami del BJCP, ma anche un minimo di analisi storica. In questo caso l’obiettivo più arduo è ottenere un netto profilo tostato, che da una parte non sfoci in toni caramellati ed eccessivamente “cioccolatosi”, dall’altro sia ben bilanciato con l’amaro, onde evitare derive astringenti. Nella ricetta, che riporto di seguito, spicca la quantità non indifferente di fiocchi d’orzo e le classiche varietà di luppolo impiegate.

La seconda Stout si chiama Cuppocoffee e, a dispetto del nome, non è una Coffee Stout, bensì una Irish Export Stout. Questa tipologia era storicamente prodotta per il consumo fuori dai confini nazionali, dove i consumatori ricercavano birre più alcoliche. È anch’esso uno stile classico, riprodotto anche qui con una certa adesione ai criteri definiti dal BJCP. Nel grist troviamo i già citati fiocchi d’orzo, ma si nota anche una percentuale di avena maltata per conferire morbidezza a livello tattile. Anche qui riporto la ricetta, ma per entrambe le birre vi consiglio di consultare Brewing Bad perché sono riportati tutti i dettagli della produzione, sicuramente utili: ecco i link a Roight! e Cuppocoffee.

Cucinare un piatto alla birra tipico irlandese

Se infine volete gustare la vostra Stout con un adeguato accompagnamento gastronomico, potete divertirvi a preparare uno dei grandi classici internazionali della cucina alla birra: la Guinness Beef Stew, cioè lo stufato di manzo alla Guinness. Il procedimento è davvero semplice e trovate diverse ricette online. Fondamentalmente si tratta di lasciar rosolare la carne e quindi aggiungere la Guinness (o un’altra Stout) fino a ottenere una gustosa crema insieme agli altri ingredienti: cipolle, aglio, carote e altri in base alla versione che deciderete di seguire. Potete usare lo spezzatino anche come ripieno per una classica Beef Pie.

Per concludere non mi rimane che augurare a tutti un buon St. Patrick’s Day, anche in questa situazione. Sláinte!

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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