Su Cronache di Birra abbiamo non di rado parlato delle beghe legali in corso nel nostro ambiente, che spesso contrappongono piccole realtà della birra artigianale (in genere microbirrifici) ai colossi del settore. Simili vicende cominciano sempre con la multinazionale di turno che diffida un produttore dal continuare a usare un marchio o un nome di una birra, perché troppo simile a un logo o una denominazione di sua proprietà . In realtà queste pretese solo in pochi casi sono motivate: il più delle volte, invece, appaiono illogiche e totalmente infondate. Ciononostante, in passato molti birrifici preferivano assecondare le richieste della controparte piuttosto che lanciarsi in battaglie legali costose e dall’esito dubbio. Per fortuna questo costume è oggi molto meno diffuso e diversi soggetti si dimostrano pronti a sfidare le multinazionali pur di difendere la propria posizione. Uno dei casi più celebri per il nostro comparto fu la vittoria di B94 su Ceres, ma possiamo ricordare anche quella di Luppolo Station contro Carlsberg o del Birrificio Lara contro Heineken – due vicende che tuttavia si risolsero prima di finire in tribunale. Ora possiamo aggiungere un nuovo tassello al racconto, perché è notizia di queste ore che L’Aura Birra è stato sollevato da tutte le contestazioni mossegli dal gruppo Damm.
L’Aura Birra è la beer firm che Mauro Zilli creò nel 2015 per produrre birra artigianale. Il nome è sia un omaggio alla compagna Laura, sia un gioco di parole con il dialetto salentino, per il quale “l’aura” significa “l’altra” – intendendo quindi un prodotto diverso da quello dell’industria. Nel settembre dello stesso anno fu avviata la procedura di registrazione del marchio per il mercato italiano, che si concluse nel febbraio del 2017 con la pubblicazione sul bollettino ufficiale dei marchi. Tuttavia qualche mese dopo arrivò la doccia fredda: il colosso spagnolo Damm riscontrò un conflitto con la sua birra gluten free Daura e intimò la cessazione dell’uso del nome e del marchio L’Aura Birra. Da subito risultò evidente come la richiesta di Damm fosse pretestuosa perché, a fronte di una sovrapposizione di categoria merceologica, c’erano differenze fondamentali in termini grafici e di opportunità . In molti al posto di Mauro Zilli avrebbero probabilmente deciso di cambiare nome e assecondare la rivendicazione di Damm, ma lui preferì far valere le proprie ragioni.
Nel settembre del 2017 fu inviata una lettera di negoziazione al gruppo Damm, nella quale veniva spiegato come non ci fosse sovrapposizione tra i due prodotti né in termini grafici, né per target di riferimento, né per posizionamento sul mercato. Damm però non condivise quella lettura e chiese che fosse ritirata la registrazione del marchio. Concesse a Mauro di continuare a usarlo comunque per la sua azienda, ma senza alcuna tutela: una condizione che egli comprensibilmente non volle accettare. In mancanza dei presupposti per una conciliazione, la controversia fu acquisita dall’ufficio di competenza che studiò la vicenda sulla base delle motivazioni redatte da ambo le parti. In altre parole si passò per le vie ufficiali, in attesa che l’esaminatore si esprimesse sulla questione.
Nello specifico Damm contestava alla controparte che l’unico elemento denominativo dotato di capacità distintiva nel marchio L’Aura era visivamente e foneticamente molto simile al marchio Daura e che la registrazione nella stessa categoria merceologica (birre, acque minerali e altre bevande analcoliche) avrebbe aumentato la confusione tra i consumatori. Mauro sottolineò invece le differenze dei marchi dal punto di vista fonetico, concettuale e soprattutto visivo/grafico e il diverso target di riferimento, essendo Daura una birra gluten free. Di seguito i due marchi registrati sul confronto tra i quali si è concentrata l’analisi dell’esaminatore:
A settembre del 2019 è finalmente arrivato il responso del Ministero dello Sviluppo Economico, che ha respinto l’opposizione di Damm per tutti i prodotti contestati. Di seguito un estratto delle motivazioni:
I segni in conflitto sono visivamente diversi e presentano una somiglianza fonetica bassa con riferimento alle lettere in comune AURA. Pur costituendo queste gran parte del segno anteriore DAURA si osserva che la componente verbale del marchio contestato risulta, per la collocazione e le dimensioni, di minore impatto visivo ai fini dell’attenzione del consumatore.
La parte figurativa, invece, per posizione, grandezza e cromaticità , è prevalente nel contesto del segno del richiedente imprimendosi nella memoria del consumatore e determinando un’impressione del segno complessivamente differente. Il pubblico sarà , quindi, in grado di distinguere i marchi pur a fronte di prodotti risultati identici e affini (in termini di categoria merceologica ndR).
Nonostante la sentenza risalga a settembre 2019, L’Aura Birra ha deciso solo adesso di renderla pubblica perché ha preferito prima attendere la scadenza del tempo utile per un ricorso da parte di Damm, che non è mai arrivato. Quindi Mauro Zilli potrà continuare a usare il proprio marchio, tutelato dalla corretta registrazione dello stesso. Non so se nella decisione di non demordere alle richieste della multinazionale ci sia stata l’influenza del precedente di B94, birrificio a cui si rivolge L’Aura Birra per la produzione dei suoi prodotti, ma la vicenda dimostra come certe questioni possono risolversi per il meglio. Alla base chiaramente ci sono sacrosanti calcoli economici, tuttavia non bisogna mai dimenticare che le richieste infondate difficilmente risultano vincenti, anche quando a muoverle sono i colossi del mercato.
È ridicolo come un colosso spagnolo possa pensare di accusare un birrificio locale di plagio e riproduzione di marchio registrato. Di cosa avrebbe paura? Che il consumatore si sbaglia e acquista la L’aura anziché Daura? E poi dove, in un supermercato italiano? Spagnolo? Il marchio spagnolo ha paura che un birrificio artigianale possa rubargli quote di mercato? Ma per favore!
Si, davvero inconcepibile. Anche se avesse avuto ragione, Damm ne sarebbe uscita con un immagine peggiorata in termini di antipatia per l’insensatezza della richiesta. Rischiava di essere un boomerang (e in parte lo è).
Ricordo, al contrario, come si chiamò fuori Mikkeller dalla diatriba con Mukkeller: se avesse proseguito nella causa legale probabilmente molti per protesta avrebbero boicottato i suoi prodotti e a quest’ora non avrebbe aperto il suo locale a Milano.
[…] un po’ la distribuzione delle forze in situazioni del genere, come dimostrano alcune recenti vicende analoghe. In secondo luogo perché il merito della questione non è banale: parliamo di pubblicità […]