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Le cinque proposte di Unionbirrai per il rilancio della birra artigianale italiana

In questi mesi su Cronache di Birra abbiamo provato a continuare a scrivere di birra nonostante il settore sia in gran parte fermo. Ciò è stato possibile grazie alla vivacità dell’ambiente che, oltre ogni previsione, ha permesso di sopperire parzialmente alle tremende restrizioni imposte a locali e birrifici. Nel frattempo però, dietro le quinte, sono state portate avanti manovre per cercare di fornire un po’ di ossigeno al comparto: processo lungo e complicato, in cui le limitate dimensioni del nostro movimento non giocano certo a favore. In questo senso Unionbirrai è rimasta sempre vigile e attiva sin dall’inizio della pandemia e tra le sue ultime iniziative c’è la produzione di un documento che riporta una serie di misure per la ripartenza del segmento della birra artigianale italiana. Il documento, che è stato trasmesso alle forze politiche lunedì scorso, prevede alcuni interventi di ampio raggio, che vanno ben oltre la crisi sanitaria che stiamo vivendo. Per questa ragione ci è sembrato interessante approfondire la questione.

La proposta di Unionbirrai è strutturata in cinque punti che toccano argomenti economici, ma anche legislativi e burocratici. Ancora una volta emerge infatti l’esigenza di semplificare alcuni passaggi che regolano la produzione brassicola. A distanza di anni (ormai sono 25), i birrifici artigianali italiani si trovano ancora a operare con una tara pesante al loro sviluppo, fatta di burocrazia, assenza di uniformità normativa e una certa mancanza di leggi al passo coi tempi. Analizziamo ogni intervento nello specifico.

IVA agevolata per i birrifici artigianali

La prima proposta è quasi provocatoria, perché propone una riduzione dell’IVA per i birrifici artigianali. In realtà il presupposto è tutt’altro che immotivato, poiché ristabilirebbe una condizione esistente fino a inizio anni ’90, quando il D.L. 15/09/1990, n. 261 impose importanti modifiche all’imposta sul valore aggiunto della fabbricazione della birra. Fino a quel momento l’IVA sulla nostra bevanda era ferma al 10%, come stabilito dal D.P.R. n. 633 del 26/10/1972. La proposta di Unionbirrai è di tornare al trattamento tributario vigente in passato, ma esclusivamente per la birra artigianale, come definita dalla famosa legge del 2016.

Con questa manovra, Unionbirrai punta a rilanciare il settore incentivando il mercato di prossimità e la vendita diretta, con un occhio di riguardo per lo sviluppo delle filiere locali. L’obiettivo è dunque fornire nuovo impulso al comparto con un intervento a favore dei consumi, poiché la riduzione dell’IVA si rifletterebbe automaticamente sul prezzo d’acquisto per il cliente finale. Per rendere la proposta più accettabile dalle istituzioni, Unionbirrai ne ha previsto un orizzonte temporale di attuazione fino a tutto il 2022.

Regime forfettario esteso

Attualmente i piccoli microbirrifici italiani possono godere di un sistema forfettario che ne semplifica la gestione degli oneri burocratici. È una misura comprensibilmente prevista per aziende molto piccole e il limite è fissato per birrifici che non superano i 240 ettolitri annui – cioè quasi una nullità. Dai dati provenienti dall’Agenzia delle Dogane (rilevazione pre-Covid) in realtà circa 350 imprese si attestano su una soglia di produzione inferiore ai 600 ettolitri annui. È un numero altissimo, che rappresenta circa il 30% dei piccoli birrifici indipendenti: in altre parole una fetta sostanziale delle aziende operanti nel settore produce pochissimo, appena sopra il limite previsto per il sistema forfettario.

Da questa rilevazione appare evidente che una percentuale non indifferente di birrifici italiani si muove in una dimensione più vicina a quella delle nano-imprese a regime forfettario che ai birrifici artigianali strutturati e consolidati. Avrebbe dunque senso alzare il limite citato precedentemente per inglobare anche queste realtà, che si avvantaggerebbero non poco di una semplificazione degli oneri burocratici. La proposta di Unionbirrai è di aumentare la soglia a 480 ettolitri annui, così da estendere il regime forfettario a una fetta più ampia di birrifici, ma pur sempre in linea con la ratio della norma.

Decreto sulle caratteristiche della birra

Questo intervento è sicuramente di ampio respiro e molto interessante in termini di ripercussioni sulle evoluzioni del mercato. Unionbirrai propone di superare i requisiti e le caratteristiche analitiche della birra imposte dal D.P.R. n. 1498 del 30/12/1970. È ovviamente una legge vecchia, che non può tenere in considerazione le moderne tecniche di produzione brassicola e gli aspetti che contraddistinguono le consuetudini che si sono sviluppate con il fenomeno internazionale della birra artigianale. Il decreto in questione, che il Ministero della Salute ha dichiarato in contrasto con la normativa sanitaria europea, impone alcune restrizioni alle caratteristiche del prodotto finale che possono risultare estremamente penalizzanti per i birrifici. Ad esempio uno dei valori più anacronistici riguarda il pH, per cui qualsiasi birra acida (passata in legno, frutto di un fermentazione spontanea o mista, ecc.) sarebbe fuori norma in Italia, esponendo il birrificio a pesanti sanzioni – cosa realmente accaduta in diverse occasioni.

L’idea di Unionbirrai è di superare questa insensata limitazione abrogando totalmente il decreto del 1970. Vale la pena sottolineare che la richiesta è stata condivisa anche da Assobirra (l’associazione dei birrifici industriali) e ha ricevuto parere positivo da un paio di ministeri. L’intervento dunque è facilmente attuabile e forse già sarebbe in vigore se non ci si fosse messa di mezzo l’emergenza sanitaria, che ha rallentato – se non bloccato – l’iter. A ogni modo potrebbe essere una novità capace di concretizzarsi nei prossimi mesi.

Fondo perduto per il recupero e il rilancio

Il quarto provvedimento è strettamente legato alle pesanti ripercussioni che ha avuto la pandemia sulla marginalità dei birrifici, costretti ad attuare politiche del ribasso dei prezzi per cercare di arginare (riuscendoci solo in parte) il blocco forzato del settore horeca, canale di vendita primario. La proposta di Unionbirrai riguarda lo stanziamento di un fondo perduto per consentire il rilancio del comparto attraverso il recupero, seppur parziale, delle passività subite durante la crisi sanitaria. Il fondo, del valore totale di 4 milioni di euro, sarebbe rivolto ai birrifici con una produzione annua non superiore ai 10.000 ettolitri annui.

Esenzione delle accise fino a fine anno

L’ultima proposta, infine, è incentrata sulla sospensione del versamento delle accise fino al 31 dicembre 2021. Questo intervento permetterebbe di ottenere una liquidità di cassa utile per rilanciare il settore in maniera significativa. Anche in questo caso il provvedimento sarebbe rivolto ai birrifici con produzione non superiore ai 10.000 hl annui.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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