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Piatti tipici di Trento e birre artigianali locali: ecco come abbinarli insieme

Attraversata dall’Adige, fiume essenziale e drammatico, con una nobile storia antica e una più recente movimentata da questioni di confine e identità linguistico culturali, Trento appare una città amena, che mostra bei palazzi, vecchie torri e affascinanti angoli da cui osservarla e si proietta in maniera convincente verso il futuro. Grande importanza nell’economia e nel tessuto sociale cittadino ce l’hanno, infatti, l’apprezzata università, la virtuosa attenzione all’ecologia e allo sviluppo delle arti e la presenza di numerosi centri di ricerca all’avanguardia. Dal nostro particolare punto di vista, quello birro-gastronomico, allargando lo sguardo a livello regionale, nonostante le piccole dimensioni parliamo di un panorama davvero sorprendente: la tradizione culinaria sfrutta al meglio le tante risorse animali e vegetali, ma soprattutto si registra una crescita qualitativa e quantitativa del comparto brassicolo entusiasmante, che la eleva tra le realtà tricolori più interessanti.

Per l’aperitivo consigliamo due opzioni tra cui orientarsi in base al gradimento del pH. La prima è la Quadro di Birrificio Barbaforte (Folgaria, TN), una Saison di 6.4% prodotta con genziana, buccia d’arancia dolce, coriandolo e rafano, dalla vena lievemente acidula, bella secchezza e brillante equilibrio aromatico. La seconda opzione ricade sulla Marzarimen del noto Klanbarrique (progetto di affinamento a Trambileno, TN), IGA con 25% di mosto di uva Marzemino, dalla grande complessità e capace di far convivere l’evidente vena acetica con morbidezza e calore alcolico, suggestionando con note di uva, frutta rossa e terziari da Brett.

Per quanto riguarda il menu, invece, abbiamo voluto dare spazio non solo a piatti di terra, ma anche a una delle poche tradizioni ancora vive di cucina d’acqua dolce.

Antipasti: tartare di salmerino e flan di grana con carne salada

Avviamo la mangiata con la coppia scelta per l’antipasto: tartare di salmerino e flan di grana con carne salada (tradizionalmente ottenuta dai tagli magri del bovino e sottoposta a salagione). Il salmerino, pesce che ama le acque fredde, ha carni abbastanza pregiate, dall’aspetto lievemente rosato e dal gusto dolciastro. Affiancato tipicamente da una salsa con tendenze dolci, grasse e acide lo accompagniamo con l’Albicoppe, un’idea geniale di Nicola Coppe, estroso animatore di Asso di Coppe, “sour spin off” del pregevole birrificio Bionoc (Mezzano, TN): caratterizzata dal profumo di albicocche selvatiche, risulta snella e con un equilibrio spettacolare tra acidità e dolcezza, riuscendo a interagire al meglio con le peculiarità del pesce.

Sul flan, invece, caratterizzato da tendenze grasse e delicatezza aromatica della carne – che va servita come fosse un carpaccio – abbiamo pensato alla Selvatica di Maso Alto, progetto “brassagricolo” situato a Lavis (TN): è una particolare IPA ambrata da 6.0% realizzata con luppolo autoctono, capace di aggiungere morbidezza maltata e l’aromaticità della frutta matura, asciugando il palato e preparandolo per il boccone successivo.

Primi: polenta di mais e patate con arborelle fritte e canederli con mortandela

Proseguiamo coi primi: polenta di mais e patate con arborelle fritte e canederli con mortandela – salume tipico, non insaccato, affumicato e schiacciato, avvolto nella farina di grano saraceno – su fonduta di casolet, un formaggio di vacca a latte crudo Presidio Slow Food.

Sulla polenta abbiamo optato per la Wild Side del birrificio Rethia di Vezzano (TN), una IGA pulita ed elegante realizzata con 30% di mosto di Sauvignon: grazie alla buona carbonazione e alla vena acidula pulirà degnamente, aggiungendo la fresca aromaticità che proviene dai luppoli e dal vitigno. Con i più noti canederli, invece, proponiamo la Lupinus di Birra di Fiemme (Daiano, TN), morbida Belgian Ale ramata da 5.8%, contraddistinta da note di nocciola, torrefatte e un’evidente tendenza dolce. La peculiarità è nell’impiego del lupino di Anterivo, varietà autoctona di legume (un tempo succedaneo del caffè) e Presìdio Slow Food. Qui la ricchezza aromatica del piatto va accompagnata, rifinendola con una paciosa sensazione di tostato.

Secondi: polpette di cavedano e patugol e ciuighe

Proseguiamo con la coppia dei secondi: polpette di cavedano, tipicamente guarnite con i bruscandoli (o asparagina, getti di luppolo selvatico), e patugol e ciuighe del Banale (Presidio Slow Food), una polenta di patate accompagnata da un tipico, particolarissimo salame fatto con tagli poveri del maiale e rape rosse.

Per le polpette optiamo per un’altra grande IGA, la Julitta di Batzen Brau di Bolzano, pub e birrificio di riferimento per la regione. È una birra floreale, fruttata, beverina, equilibratissima, maturata quasi un anno sulle fecce fini di Gewurztraminer. Per il patugol abbiamo pensato alla Nevik di Plotegher (Besenello, TN), Strong Belgian Ale ambrata, corpulenta, speziata e dalle tendenze dolci, che con col suo tenore alcolico (7,5%) è in grado di affrontare degnamente la sostanziosità del piatto, aggiungendo vitalità con le note speziate e la zaffata balsamica.

Dolce: torta di grano saraceno con confettura di mirtilli

Chiusura dolce affidata alla torta di grano saraceno con confettura di mirtilli, che abbiamo deciso di abbinare alla Andreator di AH Bräu (Fortezza, BZ), di colore mogano e 7.5% alc. Ispirata alle Doppelbock, risulta morbida e ricca di confortanti note tostate, di liquirizia, nocciola e caramello grazie alle quali accompagnerà la dolcezza e incontrerà la leggera acidità dei mirtilli in confettura. Preferitela giovane (quindi meno secca), per incontrare meglio la pur non eccessiva dolcezza del dessert.

Per chi non riesce ad accontentarsi e ha bisogno di concludere il pasto elevando ancora la taglia etilica, consigliamo una ispirata meditazione con l’Aquila (9%), possente Belgian Dark Strong Ale di Birra Pejo (Pejo, TN).

L'autore: Roberto Muzi

Docente, degustatore e consulente di settore. Classe 1980, appassionato di fermentazioni e di tutto ciò che riguardo quello straordinario micromondo abitato da lieviti e batteri, è responsabile regionale per la Guida alle birre d’Italia di Slow Food Editore e giurato in alcuni concorsi nazionali. Ama leggere e bere birra mentre segue il calcio: una semplice scusa, sciocca e inossidabile, per foraggiare il consumo pro-capite italiano.

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