La cucina di strada è normalmente foriera di una gran quantità di cibi irresistibili: una regola che vale praticamente in tutto il mondo. In ogni nazione, questa branca della cucina che fa della praticità, della necessità e del gusto il suo valore aggiunto, ha generato piatti divenuti mitici: basti citare la pizza, la piadina, gli arrosticini, l’hot dog, il kebap e il protagonista di questa puntata della nostra rubrica, il taco messicano. Abbiamo perciò voluto provare un menu di tacos abbinandolo ad alcune birre artigianali (non messicane, anche se la scena brassicola locale è piuttosto vivace). E l’abbiamo fatto da Casa Sanchez, dal novembre 2019 un pezzo di Messico a Roma, grazie alla presenza di Elizabeth Sanchez in cucina e del marito Lorenzo Casco in sala, romano, ma reduce da 20 anni di vita nel paese mesoamericano.
Esattamente come i “colleghi” citati poco sopra, il taco non vanta preparazioni particolarmente complicate: si tratta di un disco basso e steso, detto anche tortilla, non lievitato e tradizionalmente morbido (anche se con la diffusione delle varianti commerciali della cucina tex-mex è conosciuto in una versione “rigida”), ricavato dalla masa, impasto fondamentale della cucina messicana a base di acqua, mais nixtamal macinato e sale. Così come succede per la nostra piadina o per la pizza, si tratta di una versatile base per l’aggiunta dei più svariati ingredienti (a volte riguardano anche l’impasto), che cambiano a seconda della regione in cui ci si trova. Il Messico, infatti, grazie alla variabilità delle condizioni ambientali, allo sviluppo geografico longitudinale e alle influenze che si sono succedute e stratificate sull’antica e raffinata cultura nativa, presenta una cucina sorprendentemente variegata.
Taco de campechano
L’abbrivio è dato dal taco de campechano, condito con un mix di carne di manzo e chorizo (tipico insaccato di maiale, speziato e piccante), guarnito con lattuga e cipolla, servito con peperoncino jalapeňo. L’abbiamo accostato alla Mahlzeit, una Altbier da 5,5% di MC 77 (Serrapetrona, MC). Il taco è gustoso e delicato, l’asimmetria gustativa è fornita proprio dal peperoncino, che rappresenta la vera chiave di volta della ricetta. La birra è realizzata con il consueto tocco sopraffino “della casa”: si manifesta come una pennellata d’antico nell’iper-modernismo produttivo attuale. In abbinamento si svela lungo e appagante il dialogo tra i malti e le piccantezze, che ne escono più eleganti.
Taco de tinga
A seguire il taco de tinga, condito con stufato di pollo sfilacciato in salsa chipotle (con peperoncino leggermente affumicato), pomodoro, cipolla e spezie, guarniti con lattuga e avocado. A fargli da compagnia alcolica la Orifiamma, un’equilibrata American IPA di Porta Bruciata (Rodengo Saiano, BS), con il 6% di gradazione alcolica, che osserva i canoni dello stile interpretandoli con virtù: profumata, senza essere ruffiana e con un’originale morbidezza, offre note lievemente tostate e presenta una buona gasatura. In abbinamento lascia piacevoli sospesi gustativi, come se selezionasse ciò che vuole valorizzare e cosa non le interessa, costruendo da ultimo una coppia più che apprezzabile: la parte maltata e quella mielata accompagnano l’affumicato, superbamente lieve, e conciliano l’abbondante dote di “saporosità”, mentre il luppolo enfatizza la componente piccante.
Taco de carnitas
Il terzo assaggio è stato il taco de carnitas, spalla di maiale a lunga cottura con spezie e agrumi, guarnito con ravanelli, cipolla, coriandolo, avocado e lime. In abbinamento la Saison Dupont (Turpes, nell’Hainaut belga) classica e insostituibile, dal 6% di gradazione alcolica. Le copiose note aromatiche si incontrano benissimo, sommandosi e riuscendo a mantenersi distinte. Il corpo esile e affilato pungola la birra a un “dialogo esterno” col piatto, giocato soprattutto su acidità e sapidità. La Saison riesce a nettare la forza gustativa del piatto e la valorizza. La chiusura è caratterizzata da una nota citrica e fresca, che lascia un’invitante sensazione succosa.
Taco de gringa
Come ultimo assaggio salato taco de gringa, composto da due tortillas morbide ripiene di formaggio fuso di vacca e carne al pastor. Quest’ultima è anche servita in uno specifico taco, da cui prende il nome, composto da vari tagli di maiale marinato nel peperoncino guajillo, ananas, aceto, cipolla e spezie, cotto allo spiedo come lo shawarma arabo, da cui – per gli imponderabili avvenimenti della storia e l’accidentalità delle migrazioni – ha preso ispirazione. In bocca offre una grande ricchezza di sapori e stimoli gustativi: ecco perché abbiamo deciso di abbinarlo alla Tripè di Lariano, equilibrata e potente Tripel da 8 gradi alcolici. Che, con la sua componente fruttata e citrica, aggiunge contenuti aromatici, con le note pepate immette brio e personalità, e infine, con la sua discreta secchezza, contribuisce a nettare l’impetuosa componente untuosa e umami, lasciando il ricordo di una lieve sensazione minerale. Un incontro gastronomico che ci ha semplicemente esaltato.
Pan de elote
Per concludere ci siamo affidati al Pan de elote, morbido dolce della tradizione povera, con numerose varianti locali: letteralmente pane di pannocchia, è un tortino soffice e profumato di vaniglia. Lo abbiamo abbinato con la Fuoco Fluido di Eastside (Latina), Doppelbock robusta, morbida e sensuale (con alcol all’8%). Il dessert delicato, incredibilmente semplice e incredibilmente buono, e l’ottima birra, corposa, decisa e tostata, con note olfattive di caramello, miele, noci e tabacco, sono protagonisti di un incontro dagli esiti insospettabilmente prodigiosi: genera inedite sensazioni di pepe nero, frutta secca e un ricordo di panforte, elevando il dolce e rendendo ancora più complessa e intima la birra.