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I consumi di birra al centro della rivoluzione agroalimentare italiana

Il successo che la birra ha ottenuto negli ultimi anni è anche dimostrato dai tanti studi di mercato che ormai vengono prodotti a ritmo regolare. In attesa dei numeri relativi al comparto artigianale, previsti per fine mese, merita attenzione la ricerca condotta da Nomisma per Osservatorio Birra – il sistema di monitoraggio permanente di Fondazione Birra Moretti – e Agronetwork. È un’analisi interessante perché, come sottolineato dal presidente  della fondazione Alfredo Pratolongo, “è la prima volta che vengono collegati in una ricerca il mondo dell’Horeca, della birra e della filiera agricola”. La conclusione è che la birra sta fungendo da volano per la filiera agroalimentare italiana o, per dirla con toni meno trionfalistici, nei consumi fuori casa la nostra bevanda sta apparentemente svolgendo il ruolo di “catalizzatore” per le diverse espressioni del ciclo produttivo del settore gastronomico. Questo traguardo deriva ancora una volta dal cambio di percezione della birra tra i bevitori italiani, un fenomeno cominciato diversi anni fa anche (e soprattutto) grazie all’avvento delle produzioni artigianali.

La base statistica utilizzata da Osservatorio Birra è composta da 1.000 consumatori “tornati a popolare i luoghi della socialità” e 100 “professionisti del Fuoricasa”, cioè gestori di locali e ristoranti. È dunque un’analisi focalizzata sui cosiddetti consumi “on trade”, sui quali la Fondazione Birra Moretti si concentra spesso senza tuttavia ricordare il pesante calo che sta vivendo questa modalità di fruizione. Questa premessa è fondamentale per comprendere davvero i numeri emersi dallo studio e valutare la situazione al netto del solito registro di Osservatorio Birra, improntato all’entusiasmo ben oltre l’ottimo momento che sta vivendo la bevanda nel nostro paese.

Chiusa la doverosa parentesi iniziale, possiamo filtrare i dati emersi dalla ricerca per capire quali aspetti sono davvero interessanti. La considerazione su cui regge gran parte della comunicazione è la seguente:

Quando al ristorante, in pizzeria, al pub o in trattoria si ordina una birra, 8 volte su 10 viene sempre accompagnata dal buon cibo della tradizione agroalimentare italiana: con una pizza (e quindi pomodori pelati, olio extravergine d’oliva, mozzarella, grano italiano e altre eccellenze locali), per aperitivo con un tagliere di formaggi e salumi del territorio, con un primo della tradizione (che rappresenta pasta, formaggi, verdure e insaccati) o un secondo di carne o di pesce.

Un’affermazione che suona piuttosto capziosa, perché ribalta la realtà dei fatti. In questi contesti (pizzerie, ristoranti, trattorie) è chiaro infatti che si ordina innanzitutto da mangiare e poi da bere. Il consumatore non chiede una birra e poi decide di accompagnarla con un primo o una pizza, ma il contrario. Quindi più che fungere da catalizzatore della filiera agroalimentare – tema caro a Osservatorio Birra, che cerca quindi di piegare i risultati dell’analisi in questo senso – la birra viene preferita ad altre bevande come accompagnamento al cibo. Che è comunque un dato decisamente positivo, sebbene assumi una sfumatura diversa rispetto a quella promossa dalla Fondazione Birra Moretti.

A conferma di tale interpretazione, arrivano altri numeri degni di nota. Ad esempio grazie alla sua versatilità, la birra è la bevanda più richiesta nei locali (59%), superando di gran lunga bollicine (39%) e vino bianco (38%) e rosso (34%). Proprio “versatilità” sembra la parola chiave tanto per i ristoratori, che ne apprezzano le capacità di adattamento in termini di occasioni di consumo e di abbinamento a tutto pasto, quanto per i clienti, che la preferiscono per il gusto, la leggerezza e la facilità di accostamento con portate diverse. Ciononostante a dominare è ancora l’inossidabile e limitativo abbinamento con la pizza (76%), sebbene sia consumata anche con l’aperitivo (anche qui bisognerebbe invertire il processo causa – effetto), gli antipasti e i primi piatti. Il 60% dei consumatori dichiara di prediligere birra prodotta in Italia: una percentuale alta, ma forse non così elevata come ci saremmo potuti attendere.

In conclusione la ricerca di Osservatorio Birra conferma l’ottimo stato di salute della birra in Italia. Definirla volano dell’agroalimentare è probabilmente esagerato, ma è evidente il rafforzamento della propria posizione sul mercato e nel percepito dei consumatori. La nostra bevanda non solo si sta ritagliando un ruolo sempre più da protagonista nel settore enogastronomico, ma si sta calando in una nuova veste, quella cioè di una bevanda familiare e quotidiana, lontana da quella visione di prodotto “forestiero” diffusa fino a poco tempo fa. È un nuovo punto di partenza per il mercato brassicolo, che la birra artigianale nello specifico dovrebbe cercare di sfruttare.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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