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Genova per noi: specialità culinarie liguri abbinate a birra artigianale locale

Città dalla storia antica nobile e attraente, di cui tanto dice il soprannome la Superba, e da una più recente fatta di emigrazione, di fabbriche e di accadimenti dolorosi, la cui peculiarità fondante è stata e resta l’essere porto. Elemento di scambio e assimilazione – non a caso, da qui si diffuse il calcio in Italia, grazie alle navi inglesi e ai movimenti operai – che ne fa una città meticcia e carica di influenze esterne, tanto che chi non ci abita se lo domanda spesso cosa sia Genova. Vanta un fascino decadente (che la accomuna parzialmente a Napoli e Palermo) e si caratterizza per quell’aria affrancata che forse giova all’arte e all’intelletto, se consideriamo quanti artisti e pensatori qui hanno avuto i natali.

Per quanto riguarda il comparto della birra artigianale, a livello numerico quello ligure è tra i meno sviluppati in Italia, ma ci sono alcuni birrifici che sono riusciti ad affermarsi a livello nazionale e certamente uno, Maltus Faber, che è da considerare tra i migliori in assoluto. Come logico, la cucina genovese guarda verso il mare, ma la tradizione è fortemente legata a piatti la cui scaturigine è da cercarsi sulle colline alle spalle della città. Prima di snocciolare il menu, un consiglio: se cercate qualcosa da stappare prima di iniziare il desco vero e proprio buone opzioni sono l’ESB, pregevole bitter di Birrificio Finalese, e la Muller, meritevole Lager paglierina dello storico Busalla.

Antipasti: selezione di salumi con schiacciate liguri

L’antipasto prevede una pregiata selezione di salumi: il salame di Sant’Olcese, un insaccato a grana grossa, con parti uguali di carne suina e bovina, con una lieve nota fumè (a causa della prima stagionatura, fatta con esposizione al fumo); la mostardella, altro salame, tradizionalmente ricavato dagli scarti del Sant’Olcese, dalla breve stagionatura e dal rapido consumo; e la prosciutta di Castelnuovo Magra, dal particolare aspetto e dalle note sapide e decise. Li accompagniamo con l’opportuno companatico, le (meritatamente) note schiacciate liguri: farinata di ceci e focaccia genovese.

Per gli abbinamenti consigliamo la particolare Giò Blueberry di Scarampola, Ale rosata per l’aggiunta di mirtilli, secca e acidula, oppure la Montefollia di Nadir, una Saison con aggiunta di foglie d’olivo: in entrambi i casi, ma per evidenti motivi diversi, saremo in grado di asciugare la grassezza, preparando le fauci per il boccone successivo, e incontrare proficuamente le tendenze dolci, le aromaticità e le speziature delle carni.

Primi: trenette al pesto e ciuppin di levante

Per quanto riguarda i primi, imprescindibilmente scontato citare le trenette al pesto: qui entriamo nel sancta santorum di ogni genovese e le discussioni su questa ricetta possono dare adito a faide parentali dagli esiti imprevedibili. Una sentitissima gara, il Pesto World Championship, ne sottolinea la rilevanza. La Blond di Maltus Faber sarà fidata compagna: fa il pendant con le freschezze olfattive della portata e in bocca risulta giustamente persistente e secca, facendosi aiutare sulle untuosità dal discreto lavoro igroscopico dell’alcol.

Per l’opzione dal mare, il ciuppin del levante, una gustosa zuppa di minutaglia su cui buon paio fa la Ambrata di Maltus Faber, secca, fruttata, elegante, necessaria per valorizzare l’aromaticità del piatto e ridurre l’impatto della saporosità.

Secondi: cima alla genovese e stoccafisso accomodato

Passando ai secondi, abbiamo scelto la cima alla genovese (pancia di vitello ripiena di avanzi di cucinato, spesso quinto quarto) che abbiniamo con un’altra birra di Maltus Faber, forse il suo pezzo migliore, la Brune: un piatto di sostanza, aromaticità, note umami, conciliante per sua natura non può non prevedere una birra che faccia delle morbidezze e della maltosità rotonda un’ideale compagna di abbracci birro-gastronomici.

Sui secondi, per la parte marina, l’irrinunciabile stoccafisso accomodato, un umido con sugo di pomodoro, olive taggiasche, patate e pinoli su cui proponiamo la vellutata Monterama di Altavia, una strong ale con malto essiccato sui tecci (i vecchi essiccatoi delle castagne), dotata di corpo e della necessaria disponibilità ad accogliere un piatto così saporito.

Dolce: gobeletti

Come dolce, ecco i gobeletti, piccoli “panieri” di pastafrolla ripieni di confettura (tradizionalmente di mele cotogne), su cui la St. Amè di Scarampola, potente belgian strong ale con miele di castagno, darà la necessaria soddisfazione per la conclusione del pasto.

L'autore: Roberto Muzi

Docente, degustatore e consulente di settore. Classe 1980, appassionato di fermentazioni e di tutto ciò che riguardo quello straordinario micromondo abitato da lieviti e batteri, è responsabile regionale per la Guida alle birre d’Italia di Slow Food Editore e giurato in alcuni concorsi nazionali. Ama leggere e bere birra mentre segue il calcio: una semplice scusa, sciocca e inossidabile, per foraggiare il consumo pro-capite italiano.

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