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Abbinamenti da quarantena: esaurire le riserve domestiche di birra con classe

Oramai ne abbiamo preso piena consapevolezza: la nostra socialità alcolica non sarà più la stessa per qualche mese. Questa asserzione, oltre a provocarci una nuova ruga sulla fronte, ci ha instillato una tristezza alla quale, dopo i primi giorni di comprensibile confusione e di sconforto, abbiamo dovuto necessariamente trovare soluzioni. Una di queste è partecipare ai numerosi, benedetti progetti di delivery, l’altra è dare fondo alle proprie riserve birrarie (auree o meno). E dunque, sperando di allietare queste strane giornate, ci è venuta la voglia di suggerire alcuni abbinamenti birra-cibo tratti dai miei appunti, frutto in parte delle serate passate con l’amica, formatrice e cuoca Nicoletta Laurano. Il gioco è proporre birre e stili da quarantena, che riposano in cantina in attesa dell’occasione giusta per essere consumate. Ma anche che giacciono, inconfessabili, nello scompartimento del frigo, acquistate nella grande distribuzione per via dell’insopprimibile sete di birra e di cui ci si è pentiti appena usciti dal supermercato. Ebbene, sarete perdonati: nei limiti del presentabile, proveremo a dare una soluzione a tutto.

Partiamo da una Oude Gueze (chi non ce l’ha non dica nulla e provveda a ordinarla): vi farà una gran compagnia sorseggiarla nell’abbinamento con una focaccia ben lievitata e un companatico di crema di noci e mortadella (l’unica possibile, quella del Presidio Slow Food). Sempre rimanendo sui salumi, la Isaac di Baladin, che ho recentemente e finalmente ritrovato in una forma invidiabile, con il nobile Culatello di Zibello (sempre del Presidio Slow Food – profumi eccezionali, grasso “scioglievole” e profumato, sapidità elegante): italianissima Blanche di “dolcezza maltata”, leggermente acidula, speziata, elegante e fine, che smorza la parte grassa, ma lascia intatta quella aromatica e aggiunge eleganza alla sapidità.

Se vi ritrovate per le mani una English Strong Ale (cito la Barbarossa di Svevo) accostateci dello speck dell’Alto Adige IGP: si valorizzano la nota fumè, le sensazioni aromatiche delle erbe usate per la concia e la consapevole delicatezza di entrambi, che sanno affondare la mano, ma anche gestire. E una Helles? Potete preparare una bella insalata di quinoa con verdure di stagione e mandorle: birra “da bevuta”, con un ottimo equilibrio tra malto e luppolo, e un piatto leggiadro e profumato, che fa molto primavera inoltrata/estate.

Le American IPA possono essere un bel problema in abbinamento. Ma non se preparate un panino all’olio con straccetti di pollo al tegame, erbette ripassate e pesto alla siciliana: carne e salsa accompagnano e valorizzano la base maltata e il luppolo aggiunge aromaticità all’insieme. E quella Strong Ale al miele che non so come dire a mio cugino che ha sbagliato regalo? Gnocchi con carciofi e vongole al profumo d’arancio: la spinta abboccata regge perfettamente l’amaro del vegetale e in bocca c’è anche un bell’incontro tra le diverse direzioni aromatiche.

Birre difficili da abbinare sono quelle affumicate. Qualche tempo fa mi capitò del polpo con tabasco, zucca, germogli e anice e tentai (con soddisfazione) con la Arsa di Birranova: serviva poco corpo, aromaticità e l’affumicato a smorzare la guglia balsamica. Se avete in dispensa una Heller Bock della più classica tradizione tedesca, visto che tutti ci stiamo dilettando nell’arte bianca, provatela con la vostra Margherita (con un filo di EVO a completare): vedrete che soddisfazione!

E una Belgian Dubbel? E’ una grande birra da abbinare, molto versatile. A parte l’inossidabile matrimonio con la carbonade flamande, un’idea interessante è il rabo encendido, piatto cubano: la coda della vacca, con peperoni e pomodori (mi raccomando, in stagione), peperoncino e cumino. Si manifesta come molto complesso dal punto di vista aromatico, speziato e con un’evidente vena piccante. Il gioco tra il contingente maltato e le note di frutta rossa matura accoglie un cibo così irruento e fa incontrare gli apporti della tostatura e del caramello con le multiformi sensazioni aromatiche che il cibo rilascia durante la lunghissima fase gustativa.

Anche la mitica Rochefort 10 si adatta a diverse tipologie di piatti. Tra questi il lonzino marchigiano, dolce della tradizione povera a base di fichi, mistrà, mandorle, noci e anice stellato: la birra ha un icastico impatto maltato che fa un gran bene alle note dolci e di frutta disidratata del lonzino e lascia una preziosa sensazione boccale di cacao e liquirizia. Se la nostra provvisione ci offre una Tripel trappista (che non abbia eccessi amaricanti) possiamo accoppiarla a un Parmigiano di 24-30 mesi: si accordano sulle note calde, rotonde, confortevoli.

Sugli erborinati, dotati di ampia ricchezza gustativa, la scelta può felicemente ricadere su birre dalla natura ossidativa. Ma per me indimenticabile fu l’incontro tra il Blue d’auvergne AOP – grasso, dolce, sapido, con chiosa leggermente amaricante – e la Quadrupel di Extraomnes, dalle note di frutta passita, tostature, cacao: i malti lavorano bene sulla sapidità e aggiungono le sensazioni tostate a quelle grasse e burrose, mentre l’imponenza del corpo contrasta la sapidità. Si assiste a un affiancamento delle lunghezze gustative e la bocca lascia la sensazione di un panforte, di un formaggio ubriaco e di bellezza.

L'autore: Roberto Muzi

Docente, degustatore e consulente di settore. Classe 1980, appassionato di fermentazioni e di tutto ciò che riguardo quello straordinario micromondo abitato da lieviti e batteri, è responsabile regionale per la Guida alle birre d’Italia di Slow Food Editore e giurato in alcuni concorsi nazionali. Ama leggere e bere birra mentre segue il calcio: una semplice scusa, sciocca e inossidabile, per foraggiare il consumo pro-capite italiano.

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