Imparare una lingua straniera è una delle attività più affascinanti e sfidanti che esistono al mondo. Spesso una passione può essere d’aiuto e rendere più facile l’acquisizione di determinate conoscenze, arrivando addirittura a giocare un ruolo chiave nell’apprendimento di termini in lingue con cui mai avremmo pensato di avere a che fare. La birra ad esempio ci costringe a imparare nomi ed espressioni che appartengono a nazioni molto diverse dalla nostra e persino lontane dalle sonorità tipiche delle nostre latitudini. Chiunque si appassioni alla nostra bevanda, infatti, deve prima o poi confrontarsi con termini in tedesco, fiammingo e olandese (per citarne alcuni), se non persino legati all’inglese arcaico o ad antichi dialetti europei. Saper pronunciare e scrivere certi appellativi diventa allora quasi una cartina di tornasole per la propria preparazione in materia, dunque oggi passiamo in rassegna alcune parole “impossibili” che nascondono storie e usanze affascinanti.
Westvleteren
Cominciamo con qualcosa di relativamente facile e cioè col nome di uno dei più apprezzati birrifici trappisti del Belgio. Ricordare l’appellativo “Westvleteren” non è difficile, più complicato è imparare a scriverlo in modo corretto, anche perché non è che i monaci siano molto d’aiuto in tal senso: le bottiglie prodotte nel monastero sono in genere prive di etichetta e le tre birre in gamma distinguibili tra loro solo dal colore del tappo. Il nome del birrificio non ha un significato particolare e semplicemente riprende quello del villaggio in cui sorge l’Abbazia di Nostra Signora di St. Sixtus. Se volete rendervi la vita più difficile, potete usare il nome per esteso in cui compare anche la parola “birrificio”: Brouwerij Westvleteren. In tal caso ricordate che la “j” va sempre in fondo, dopo la “i”. Un promemoria che vi tornerà utile per qualsiasi produttore delle Fiandre.
Reinheitsgebot
Una dei primi nomi “impossibili” che si incontrano quando ci si avvicina alla storia della birra è quello dell’Editto della purezza, la famosa norma promulgata nel 1516 da Guglielmo IV di Baviera per regolamentare l’impiego dei cereali nel settore brassicolo. Quella legge influenzò nei secoli a venire la cultura birraria della Baviera prima e della Germania poi (comprese quelle delle nazioni sotto l’influenza tedesca) e ancora oggi è considerata in patria una sorta di certificazione di qualità, sebbene non sia più vincolante e non offra alcuna reale garanzia per il consumatore finale. Di fronte a questa parola solitamente si hanno due scelte: avventurarsi nella sua pronuncia corretta, rischiando di creare ilarità tra i presenti, oppure rinunciare miseramente alla sfida affidandosi alla traduzione in italiano. Chi è orientato verso la prima opzione sappia che il nome attuale è stato adottato solo nel 1918, quando fu usato per la prima volta in un acceso dibattito pubblico sulla tassazione della birra. Non che prima le cose andassero meglio, poiché il termine utilizzato in precedenza era Surrogatverbot, cioè “legge sul divieto di succedanei”. In ogni caso, pronunciare “Editto della purezza” in lingua originale rimane ostico per chiunque non mastichi un po’ di tedesco.
Windischeschenbach
Dopo tanti anni ancora non ho capito se Windischeschenbach è più difficile da pronunciare o da raggiungere. Siamo nell’Alto Palatinato, distretto della Baviera orientale al confine con la Repubblica Ceca, ed è qui che sorge questo piccolo comune di circa 5.000 anime, considerato uno dei luoghi simbolo dello Zoigl. Per chi di voi non lo sapesse, con il termine Zoigl si indica la tipica birra “collettiva” di questa parte di Germania, che viene prodotta nei birrifici comunali a rotazione dalle famiglie del posto. Ogni famiglia poi vende la birra che ha realizzato, secondo un calendario preciso, nella sua “taverna”, che spesso non è altro che il cortile della propria abitazione. Una gita a Windischeschenbach è sicuramente una delle esperienze più vere e affascinanti che può regalarsi un appassionato di birra: probabilmente è per questo motivo che, con mia somma sorpresa, ho imparato quasi subito il nome di questa impronunciabile città.
In de Verzekering tegen de Grote Dorst
Dalla Germania ci spostiamo in Belgio, dove il grado di “impronunciabilità” raggiunge livelli altissimi a causa di questo storico locale dei dintorni di Bruxelles. Il nome, che immagino non sia facilissimo da ricordare anche per chi parla fiammingo, significa “Nell’assicurazione contro la grande sete”. Ammetto che a distanza di anni ho ancora problemi a pronunciare la prima parte, così come molti preferisco chiamarlo semplicemente “Grote Dorst”, che ha una certa affinità con l’inglese. Il locale non ha bisogno di presentazioni: parliamo di un caffè storico per gli amanti delle fermentazioni spontanee, fornito di una cantina vintage capace di far impazzire qualsiasi appassionato – ed è il motivo per cui negli ultimi anni è stato preso d’assalto da beer geek provenienti da tutto il mondo, con ovvie ripercussioni sull’atmosfera del luogo. Anche in questo caso raggiungerlo non è una passeggiata, ma non serve affittare una macchina come nel caso di Windischeschenbach: basta prendere l’autobus giusto dal centro di Bruxelles e cercare di non sbagliare fermata.
Schlenkerla
La più famosa birra affumicata della Franconia ha un nome piuttosto complicato, che deriva da una parola in dialetto locale. “Schlenkern” significa infatti “zoppicare” e secondo la leggenda tale appellativo fu attribuito al birrificio a causa dei problemi di deambulazione di un suo storico birraio. Ricordare come scrivere Schlenkerla non è semplicissimo – non dimenticate la “l” tra la “h” e la “e”! – ma ancora più difficile è imparare la pronuncia. In Italia sentirete scandire il nome sia come parola piana che come parola sdrucciola, in base a dove il vostro interlocutore preferirà mettere l’accento tonico. In realtà la scelta corretta è una sola: l’accento va sulla prima “e” e non sulla seconda.
U Zlatého Tygra
“La tigre d’oro” è uno dei locali storici della città vecchia di Praga, nonché una di quelle mete per appassionati dove il tempo sembra essersi fermato. Ricordare come scrivere correttamente il nome è impresa ardua, nonostante l’attinenza fonetica dell'”animale” aiuti gli italiani chi non conoscono la lingua ceca. Decisamente più facile è raggiungerlo: basta allontanarsi di qualche passo dalla centralissima via Karlova per ritrovarsi in un ambiente dall’atmosfera unica. Tutto all’U Zltého Tygra è essenziale: gli interni piuttosto anonimi, il menu, il bancone, i tavoli in legno. Persino l’offerta birraria è ridotta al minimo, poiché potrete ordinare una sola birra: l’onnipresente Pilsner Urquell, che però troverete in una forma a dir poco straordinaria. Berrete diversi boccali seduti accanto a perfetti sconosciuti (non di rado “locals”) e alla fine imparerete persino come scrivere il nome della birreria in maniera corretta.
Ye Olde Cheshire Cheese
Uno dei pub più antichi di Londra si trova non lontano dalla cattedrale di St. Paul, a nord del Tamigi. Il nome non è facilissimo da memorizzare perché, al pari di altre antiche public house britanniche, utilizza un inglese arcaico. Una volta decodificato, però, risulta molto più facile da ricordare: “ye” significa “the”, “olde” significa “old”, il resto è abbastanza immediato. Non è una meta da beer geek, perché alle spine troverete solo i prodotti di Samuel Smith – ad avercene, comunque – però merita sicuramente una visita per la sua unica atmosfera e per capire come erano strutturati i pub di un tempo. Il locale fu ricostruito dopo il Grande Incendio di Londra del 1666 e tra i suoi clienti si sono succeduti diversi importanti scrittori, come Mark Tain, Conan Doyle e Charles Dickens.
Per me quello legato alla corretta pronuncia o grafia di Windischeschenbach è onestamente un falso problema, una volta memorizzato il gruppo di lettere “sch” che si ripete due volte all’interno della parola.