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Le mille sorprese della Guinness: uno studio svela i segreti del suo lievito

Se leggete regolarmente Cronache di Birra, sarete sicuramente incappati in uno degli articoli sull’homebrewing scritti da Francesco Antonelli di Brewing Bad. Da qualche mese Brewing Bad ha lanciato una newsletter sulla birrificazione casalinga, battezzata Let’s Homebrew It!, che affronta diversi aspetti di questo fenomenale hobby, ma anche temi birrari di più ampio respiro. Nell’ultima puntata (che potete leggere qui) è stato dato ampio spazio a un recente studio sul lievito della Guinness, rilanciato successivamente dal podcast della Master Brewers Association of Americas. Il paper è molto interessante perché rivela alcuni segreti e smonta molte certezze sulla celebre birra irlandese. Sapevate ad esempio che l’azienda utilizza due distinti ceppi di lievito in base al tipo di Stout? O che adotta soluzioni per favorire la produzione di diacetile? O che i lieviti impiegati non solo non sono “neutri”, ma risultano addirittura POF+? Se eravate all’oscuro di questi dettagli o se non avete idea di cosa significhino certi termini, continuate a leggere.

Lo studio si intitola “Le origini del lievito della Guinness stout” ed è stato pubblicato su Communications Biology, rivista scientifica accreditata del gruppo editoriale di Nature. Gli autori sono tutti ricercatori di Diageo, ossia la multinazionale che possiede lo stesso marchio Guinness. È dunque un’analisi “interna”, ma non per questo meno interessante o poco meritevole di attenzione. L’indagine si è concentrata su 13 ceppi di lievito Guinness: i due regolarmente utilizzati in birrificio e undici provenienti dallo “storico” dell’azienda.

Le origini del lievito Guinness

Quali sono dunque le origini del lievito utilizzato da Guinness? La risposta è abbastanza sbalorditiva, perché i ceppi impiegati dal birrificio risultano tutti discendenti da un unico antenato, che però appartiene a un filone genetico diverso da quello di altri lieviti usati dai birrifici della stessa area geografica. In passato i lieviti Guinness erano stati collocati nel medesimo insieme dei Saccharomyces addomesticati in Regno Unito e negli Stati Uniti, ma il nuovo studio delinea invece un’origine genetica diversa anche dai ceppi utilizzati normalmente in Irlanda. Secondo gli autori questa scoperta apre le porte a un concetto di terroir legato all’impiego di lieviti locali.

I due lieviti di Guinness

Guinness utilizza regolarmente due distinti ceppi di lievito in base al tipo di prodotto: uno per la Irish Stout, un altro per la Foreign Extra Stout. Questa differenziazione avrebbe una precisa causa storica risalente al 1959, quando furono intrapresi sforzi per modernizzare le strutture di produzione. Tale cambiamento ha comportato una selezione del lievito di birra e una divisione in due linee evolutive separate. L’analisi delle prestazioni di fermentazione indica che i ceppi pre e post 1959 producono birra con profili di aroma simili, sebbene esistano alcune differenze: quelli post-1959 sono più resistenti all’etanolo e producono più diacetile.

Il diacetile nella Guinness

Proprio il diacetile è uno dei difetti più comuni nella birra, ma entro certi limiti è considerato accettabile – se non addirittura piacevole – per alcuni stili brassicoli. È un composto di scarto derivante dall’acetolattato, sostanza naturalmente prodotta dal lievito durante la fase metabolica in cui avviene la sintesi degli aminoacidi. Il diacetile quindi si forma normalmente durante l’inizio della fermentazione, ma in maniera altrettanto normale viene riassorbito dal lievito più avanti. Il grado di efficienza del riassorbimento (che può dipendere da vari fattori) ne determina la quantità residua, che sviluppa note di burro fuso, caramello e vaniglia – oltre a una consistenza oleosa a livello tattile. Non sono sentori necessariamente negativi ed è il motivo per cui a basse concentrazioni  il diacetile può addirittura essere gradevole e aggiungere un carattere distintivo alle birre. Guinness ricerca proprio questo risultato nella sua Foreign Export Stout, rimuovendo di proposito il lievito appena possibile così da evitare il totale riassorbimento del diacetile.

La Guinness è una Weizen mancata?

Uno dei dati più sorprendenti dello studio rivela che tutti i ceppi Guinness analizzati sono POF+. Questa sigla si riferisce a quei lieviti capaci di generare 4-vinil-guaiacolo, ossia la sostanza fenolica responsabile dell’aroma di chiodi di garofano, molto riconoscibile nelle Weizen e in alcune birre del Belgio. I ceppi ad alta fermentazione impiegati tradizionalmente nell’area anglosassone sono invece POF-, tanto da risultare più “neutri” e dunque meno coinvolti nella definizione del profilo aromatico finale. Il risvolto interessante è che, secondo lo studio, un ceppo POF+ può nel tempo perdere “potere fenolico” come conseguenza di una selezione deliberata da parte del birraio. Ciò non è avvenuto con i lieviti Guinness perché le concentrazioni di 4-vinil-guaiacolo sono così basse da favorire effetti positivi sulla birra e dunque addirittura auspicabili. I motivi sono da ricercare innanzitutto nelle soluzioni produttive adottate, che inconsapevolmente generano bassi livelli di acido ferulico, precursore del fenolo in questione. Inoltre nelle Stout la soglia di percezione dell’aroma di chiodi di garofano sarebbe particolarmente alta (e dunque non facilmente percepibile).

Conclusioni

Secondo gli autori, lo studio dimostra che la produzione di uno stile birrario può influenzare la selezione del lievito. In precedenza si riteneva che le caratteristiche genetiche di un ceppo fossero determinate da fattori geografici, ma la ricerca rivela che lieviti provenienti da un’area simile, come l’Irlanda, sono genealogicamente dissimili. Il motivo sarebbe semplice: tutti i lieviti per birra irlandesi non-Guinness sono stati utilizzati per produrre Ale, mentre il lievito Guinness è stato utilizzato per produrre Stout. Quindi l’analisi filogenetica dei lieviti irlandesi si dividerebbe sull’asse della produzione di Ale/Stout: i primi utilizzati per produrre molti stili diversi tra loro, i secondi per realizzarne uno in particolare. Caratteristiche ritenute genericamente preferibili, come la buona flocculazione o l’assenza del fenotipo POF, possono diventare irrilevanti per specifiche tipologie brassicole. Le scelte dei birrai in una situazione o nell’altra determinerebbe l’evoluzione genetica dei lieviti utilizzati.

Gli autori riassumono così il loro studio:

In conclusione, l’analisi presentata in questo studio stabilisce che il lievito Guinness non solo è significativamente diverso dagli altri lieviti storici irlandesi, ma forma anche un sottogruppo all’interno del ceppo di lievito per birra. La genealogia dei diversi lieviti Guinness è confermata dalla nostra analisi e supporta i documenti storici dell’archivio Guinness secondo cui il lievito Guinness utilizzato oggi è correlato al primo lievito Guinness depositato: il lievito Guinness del 1903 presso il laboratorio Watling.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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