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Yes we cans: il timido avvento delle lattine nella birra craft italiana

Nove anni fa, più o meno nel periodo di esordio di Cronache di Birra, stava cominciando a diffondersi tra i birrifici artigianali europei un certo interesse per le lattine, già ampiamente disponibili nel movimento craft statunitense. Bisognava innanzitutto smontare il pregiudizio dei consumatori: erano lontani i tempi in cui questo contenitore tendeva a penalizzare la birra ed era quindi destinato a prodotti da discount; grazie alle innovazioni tecnologiche ora poteva essere considerato alla stregua del vetro, con alcuni vantaggi aggiuntivi come maggiori garanzie in termini di protezione dalla luce, facilità di trasporto, resistenza e possibilità di personalizzazione grafica. Uno dei lati negativi è l’alto costo degli impianti di inlattinamento, che rappresenta probabilmente il motivo principale per cui la lattina fatica a imporsi nell’ambiente artigianale italiano. Eppure qualche passo avanti lo stanno compiendo anche i nostri birrifici, vediamo quali.

Bad Attitude

Nonostante fosse prodotta fuori dai nostri confini nazionali, possiamo considerare Bad Attitude la prima esperienza “italiana” con le lattine. Il motivo è semplice: la birra era prodotta in Canton Ticino (da parte del Birrificio Ticinese), era ampiamente disponibile nel nostro territorio e il suo deus ex machina era Lorenzo Bottoni, vecchia conoscenza dell’ambiente. Il progetto era decisamente avanti nei tempi, anche troppo: Bad Attitude scontò la sua anima pionieristica e scomparve nel giro di qualche anno, ma ebbe il merito di sviluppare anche in Italia il dibattito sul rinnovato contenitore. La lattina fu prima affiancata anche dalle bottiglie, poi finì per passare in secondo piano. Nel 2012 Bottoni lasciò Bad Attitude e quel momento segnò la fine del marchio ticinese, sebbene rimase in vita ancora per qualche tempo.

Baladin

Il progetto Bad Attitude fu presentato a inizio 2010, ma dovemmo aspettare addirittura cinque anni e mezzo prima che un altro birrificio italiano seguisse le sue orme. Accadde nel novembre del 2015, quando Baladin annunciò il lancio di una nuova birra, battezzata Pop e destinata a essere venduta esclusivamente in lattina. Come per Bad Attitude, l’idea era di raggiungere un target diverso da quello dei classici consumatori di Baladin, rivolgendosi a una platea dalle abitudini meno ingessate (Pop = birra popolare) e con un prezzo sulla carta concorrenziale. Da un punto di vista estetico le lattine di Baladin sfoggiano un ricercata grafica dal gusto retro, penalizzata però da una stampa limitata solo alla fascia centrale del contenitore – è in pratica un’etichetta incollata. A ogni modo l’avvento della Pop ha segnato l’inizio ufficiale della comparsa delle lattine nel mercato craft italiano.

Birra del Borgo

Non è un caso che a stretto giro entrò nel segmento anche Birra del Borgo, che anticipò la novità quando era ancora un birrificio artigianale (fine 2015) per poi lanciarla ufficialmente solo dopo la cessione ad AB Inbev (settembre 2016). Come fece Teo Musso di Baladin, anche Leonardo Di Vincenzo elaborò una birra totalmente nuova da destinare all’inedito contenitore: fu chiamata Lisa, acronimo di Light Italian Session Ale. Anche in questo caso fu dunque studiato un prodotto di facile approccio, perfetto per un consumo (e un pubblico) informale. Grafica leggera, sbarazzina e a tutto corpo: niente di particolarmente impattante, ma decisamente gradevole.

Hibu

In occasione della festa per il suo decennale, tenutasi a maggio 2017, il birrificio Hibu lanciò la sua birra celebrativa Ten Years After in lattina. Se non vado errato fu però un’iniziativa estemporanea, che non coincise con l’adozione del contenitore da parte del produttore brianzolo. Però, come per Birra del Borgo, tale scelta arrivò a ridosso della vendita a una multinazionale: è notizia di qualche giorno fa che la totalità delle quote di Hibu sono state cedute a Dibevit, società del Gruppo Heineken. Solo una coincidenza?

Lambrate

Lo scorso 23 settembre anche il Birrificio Lambrate è entrato nel club delle lattine italiane, presentando la sua Robb de Matt nel nuovissimo contenitore. La strada intrapresa dal produttore milanese è diversa da quella di Baladin e Birra del Borgo: non studiare una birra apposita da lanciare per l’occasione, ma inlattinare una delle sue creazioni più famose, l’apprezzata Rye IPA della casa. Una decisione che forse risulta più efficace per avvicinare i consumatori, poiché quest’ultimi non si ritrovano ad acquistare una birra completamente nuova (e sconosciuta), ma possono scegliere la lattina come reale alternativa alla bottiglia (o alla spina). La grafica a tutto corpo delle lattine di Lambrate non è particolarmente innovativa, ma dimostra tutta la forza comunicativa del contenitore.

Bibibir

Qualche giorno dopo l’evento organizzato da Lambrate, è arrivato l’annuncio della prima birra in lattina del birrificio abruzzese Bibibir. La strategia è analoga a quella dell’azienda meneghina: non inlattinare un prodotto completamente nuovo, ma testarlo con una delle birre già presenti in gamma. La scelta è ricaduta sulla White Shock, IPA “bianca” che il birrificio della provincia di Teramo realizza già da un paio d’anni. La grafica riporta l’illustrazione già presente sulle etichette delle bottiglie, ma la stampa è fatta su una base trasparente, risultando non particolarmente accattivante. Tuttavia ciò che ci interessa di più – in questo caso come negli altri – è il contenuto. Mentre Baladin e Birra del Borgo hanno puntato su birre leggere e di facile approccio, Lambrate e Bibibir hanno preferito inlattinare varianti di moderne IPA. E probabilmente hanno colto nel segno.

Les Bières du Grand St. Bernard

Risale ad appena una settimana fa l’adozione delle lattine da parte di Les Bières du Grand St. Bernard, produttore valdostano operativo dal 2010. A finire nel contenitore è stata la Napea, classica Helles che rappresenta un po’ la “chiara da battaglia” per l’azienda e quindi in linea con l’idea di una birra in lattina facile da bere. Sul sito del birrificio è spiegata la scelta nel dettaglio:

L’idea si è sviluppata con la volontà di avere un prodotto 100% riciclabile, presentato in una confezione più leggera, meno ingombrante e soprattutto “adatta” al  territorio Alpino. Un prodotto artigianale, di qualità, da portare “sempre” con se:):):) Napea in lattina avrà inoltre il logo internazionale Metal Recycle Forever a dimostrazione del forte impulso rivolto al riciclo e alla tutela dell’ambiente.

Come abbiamo visto le lattine sembrano finalmente aver fatto breccia nel segmento italiano della birra di qualità, seppur a piccoli passi. Al momento però l’introduzione di un simile contenitore all’interno di un birrificio è limitato a realtà molto grandi, magari supportate dall’industria, o a occasioni particolari. Le possibilità offerte dalle lattine, soprattutto in termini di comunicazione, sono davvero impareggiabili. Da questo punto di vista i birrifici italiani sono ancora in alto mare, ma chissà che a breve non si arrivi a prodotti visivamente straordinari come quelli di Evil Twin, 21st Amendment o Beavertown.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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