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Pacific Northwest: dove e cosa ho bevuto a Seattle

Come abbiamo visto in passato, l’Oregon è considerato una delle migliori destinazioni birrarie degli Stati Uniti, oltre che una meta turistica di tutto rispetto. La ricchezza brassicola di Portland e delle zone limitrofe, nonché la bellezza spesso selvaggia della costa e dell’entroterra, tendono a monopolizzare l’interesse di chi pianifica un viaggio nella Pacific Northwest. Sarebbe però delittuoso non dedicare una visita allo stato di Washington, confinante a nord e ultimo avamposto della costa orientale degli USA prima della frontiera con il Canada. I punti di contatto con l’Oregon sono diversi, soprattutto a livello naturalistico: è impossibile non rimanere affascinati dalle foreste, dalle montagne e dai profili costieri che dominano la vista in maniera costante. E per nostra fortuna anche qui la birra craft è onnipresente, soprattutto nella città di Seattle, dove abbiamo passato qualche giorno del nostro viaggio in quella fantastica regione.

Rispetto a Portland, Seattle è molto più vicina alla nostra idea di metropoli americana: ostenta una splendida skyline (in cui risalta il celeberrimo Space Needle), appare dinamica e operosa e vanta un invidiabile background culturale – inutile aprire l’immancabile parentesi musicale su Jimi Hendrix e il movimento grunge, giusto? Come ci è stato raccontato da un tassista locale, rispetto alla vicina Vancouver (e alla stessa Portland, direi) è un centro d’affari: non è un caso che qui siano nate o abbiano avuto importanti sedi società come Boeing, Microsoft, Amazon e Starbucks. Ma mi ha dato l’impressione di essere una città che sa anche godersi la vita, come dimostra la vitalità della splendida baia o l’atmosfera rilassata che si può respirare in diversi quartieri. A ogni modo il fervore imprenditoriale di Seattle si ritrova anche nel settore brassicolo: secondo una statistica del 2017, la usa area metropolitana è quella con il maggior numero di birrifici attivi (174) in tutti gli USA.

Come Portland, anche Seattle è stata l’incubatrice di tanti famosi produttori che hanno raggiunto dimensioni impressionanti (Redhook, Pyramid, Elysian) che oggi operano accanto a decine di aziende nate in tempi più recenti. È impossibile aggirarsi per la città senza inciampare nella birra craft, praticamente disponibile in ogni locale: anche qui non è difficile imbattersi in ristoranti con almeno 3 o 4 spine dedicate a produzioni locali. Ma, come ormai gli Stati Uniti ci hanno insegnato, lo stesso vale anche per gli scaffali dei supermercati, letteralmente invasi da bottiglie e (soprattutto) lattine di birra artigianale. Ne ho avuto conferma anche nel negozio automatico di Amazon, situato accanto ai folli uffici-sfera del centro: da buon nerd di tecnologia ho voluto sperimentare l’acquisto senza cassa uscendomene con un six-pack di Summer IPA di Reuben’s (sito web), giustamente considerato uno dei migliori giovani produttori di Seattle.

Una delle migliori soste della vacanza è stata presso il birrificio Fremont (sito web), che ha sede nell’omonimo quartiere. Il locale ha dimensioni importanti ed è strutturato in maniera originale: esternamente si avvale di un ampio ed essenziale beer garden, all’interno invece appare come un’immensa tap room, con un numero contenuti di tavoli e tanto spazio per muoversi e sedersi. Le birre che ho assaggiato sono apparse tutte di pregevole fattura: nell’ordine Summer Ale, Interurban IPA, Lush IPA e Dark Star. Le luppolate ovviamente dominano l’offerta, ma il birrificio Fremont si destreggia benissimo anche con le “scure”. Se ci aggiungete l’atmosfera rilassata e giovanile (e solo leggermente geek) capirete che è una meta birraria caldamente consigliata.

Pine Box (sito web) è uno dei pochi pub “puri” che ho visitato durante il viaggio, ospitato da un suggestivo edificio storico ai confini di Capitol Hill. Se siete da quelle parti vi suggerisco una sosta, poiché il locale dispone di circa 30 spine, quasi tutte dedicate a produttori di Seattle o della West Coast. Nonostante gli interni eleganti, il clima è molto amichevole e informale e potrete spendere del tempo piacevole seduti al bancone o a uno dei tavoli. Qui ho assaggiato la Witchfinder del quotato Holy Mountain (una Farmhouse Ale) e una godibile Junior’s Coffee Stout di Upright (birrificio di Portland).

A due passi dal lungomare di Seattle, in zona decisamente centrale, sorge Cloudburst (sito web), per il quale l’espressione “birrificio da scantinato” calza a pennello. L’impianto e la tap room sono praticamente incastrati tra gli angusti spazi di un ex magazzino, con i fermentatori che sfiorano il basso soffitto e l’arredo che è a dir poco minimalista. È stata la tappa più “carbonara” dell’intera vacanza e l’unica dove il livello di nerdismo birrario ha dominato l’atmosfera. In effetti la filosofia si Cloudburst prevede one shot a profusione, IPA decisamente spostate sulla componente hazy, tante collaborazioni e descrizioni spesso fuori di testa (talvolta al limite del sopportabile). Se non amate particolarmente le realtà a uso e consumo dei beer geek – ad esempio sul sito sono riportate tutte le birre che si sono avvicendate alle spine (sono quasi 200!) – sarà difficile trovarvi a vostro agio, ma a favore di Cloudburst va detto che il livello qualitativo è parecchio alto. Vista la posizione centrale, direi che merita una visita, non prima però di aver verificato gli orari di apertura.

Tra gli altri assaggi della breve permanenza in città citerei anche l’ottima Bodhizafa di Georgetown (birrificio che mi è stato presentato come decisamente sottovalutato) e la trascurabile Cream Ale di Diamond Knot (spillata a carboazoto). Seattle è stata l’ultima tappa statunitense del nostro tour: da lì abbiamo preso un treno che ci ha portato a Vancouver, dove siamo rimasti qualche giorno prima di spingerci verso i parchi di Jasper e Banff – su cui si concentrerà la terza e ultima parte del resoconto. Anche in questo caso ho dovuto limitare gli assaggi e le visite: tra i nomi meritevoli avevo segnato anche Skookum, Three Magnets, Urban Family, Old Stove, oltre a diversi locali. Insomma, lo stato di Washington è quasi il naturale proseguimento di quanto ha da offrire l’Oregon dal punto di vista birrario: tralasciarlo sarebbe un vero peccato.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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