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Nuove birre da Ca’ del Brado + Oud Beersel, Orso Verde, MC-77, Baladin e Rurale

Cominciamo la panoramica di oggi sulle nuove birre italiane con una collaborazione internazionale assolutamente prestigiosa: quella tra la “cantina brassicola” Ca’ del Brado e il birrificio belga Oud Beersel. Il risultato è una Sour Ale battezzata Oude Luiaard (7,1%), che nasce come assemblaggio tra la Farmhouse Ale Invernomuto dell’azienda emiliana e il Lambic 18 mesi del produttore del Pajottenland. È importante ricordare che l’Invernomuto a sua volta è un blend tra Piè Veloce Brux (Brett Ale) e Nessun Dorma (Vieille Saison). La Oude Luiaard – letteralmente “vecchio bradipo” – è una birra acida in cui la freschezza pungete e selvaggia della Farmohouse Ale di Ca’ del Brado accompagna le note profonde del Lambic di Oud Beersel, generando suggestioni fruttate, di cereali e di cantina. Nonostante sia un prodotto “estremo”, è anche molto elegante e bilanciato, caratteristica che accomuna entrambi i produttori. L’acidità è spiccata ma fine e il profilo rustico fa da trama per sfumature lignee e spunti funky, con il prezioso contributo della nobile luppolatura. Se siete amanti del genere è una birra da non farsi scappare.

Il birrificio Orso Verde (sito web) è uno storico produttore italiano che recentemente si è rimesso coraggiosamente in gioco: si è rilanciato a livello d’immagine e ha rinnovato la sua gamma introducendo molte birre inedite. In passato abbiamo parlato della True e della Uncle Dog, oggi invece introduciamo due altre novità: Orsch e Katzenbrau. Se siete profondi conoscitori degli antichi stili europei, il nome della prima dovrebbe subito incanalarvi sulla strada giusta. La Orsch (4,8%) è infatti l’interpretazione del birrificio lombardo di una Kölsch, tipica alta fermentazione della città di Colonia. Il profilo aromatico è delicato ed elegante, con freschi toni floreali (fiori di campo) ed erbacei (fieno appena falciato). Al palato è scorrevole, con una fresca luppolatura che regala un amaro gentile e con una delicata acidità derivante dal particolare lievito impiegato.

La Katzenbrau (4,8%) è invece una bassa fermentazione che il birrificio definisce Italian Pils, riferendosi dunque all’interpretazione tutta nostrana di questo antico stile di origine boema. È una Pilsner di carattere, con nette note floreali ed erbacee all’olfatto e un bel contrappunto tra le caratteristiche maltate e luppolate al palato. Bilanciata e appagante, chiude con un finale piacevolmente amaro e rinfrescante.

Torniamo a occuparci di collaborazioni con la 499 Km of Hops (5,5%), realizzata dal produttore marchigiano MC-77 insieme a due locali italiani: il genovese Scurreria (pagina Facebook) e il romano So Good (pagina Facebook). Come ormai consuetudine per il birrificio di Cecilia Scisciani e Matteo Pomposini, la birra rientra nella tipologia delle New England IPA, appartenenza che ostenta già alla vista con un aspetto totalmente opalescente. La ricetta prevede l’immancabile DDH – acronimo che significa double dry hopping, cioè doppia luppolatura a freddo – e una percentuale di avena per renderla più morbida al palato. Per il resto possiamo aspettarci l’ennesima ottima interpretazione dello stile di origine americana, su cui MC-77 si è specializzato negli ultimi mesi.

A proposito di collaborazioni, molto interessante è quella tra Baladin (sito web) e Università di Udine che si inserisce nel percorso didattico ideato dal prof. Stefano Buiatti, docente in Tecnologia della birra. A maggio 2018 la partnership tra le due realtà diede vita a un’Amber Ale realizzata con soli ingredienti italiani; a distanza di esattamente un anno la nuova Birra dell’Università (4,5%) è invece una Blanche brassata sul modello delle “bianche” del Belgio e che quindi prevede una percentuale di frumento (in questo caso maltato). Così come accaduto con la prima creazione, anche questa novità è creata con malto e luppoli italiani. Chiaramente è una birra particolarmente adatta alla calde giornate estive, grazie alla sua forza dissetante e al suo profilo speziato.

E concludiamo con una novità proveniente dal Birrificio Rurale (sito web) e che appartiene alla linea Ten Years Old con cui l’azienda lombarda ha deciso di celebrare il suo decennale. Si tratta della seconda incarnazione di questo progetto e, come accaduto per la prima, consiste nella rivisitazione di una birra classica del produttore. Se all’epoca  la Terzo Miglio si era trasformata in una DDH Pale Ale, ora lo stesso destino tocca alla Global IPA, che assume le sembianze di una NEIPA (7%). Al naso spiccano le note tropicali e agrumate con un finale balsamico, mentre in bocca colpisce la rotondità e la pienezza della bevuta che accompagna una certa coerenza retrolfattiva. Anche in questo caso la base fermentescibile non prevede solo malto d’orzo, ma anche avena e frumento.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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