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Montegioco, Montebòre e Bonci: il mio resoconto

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Riccardo alle prese con formaggi e salumi

Quando nel mondo birrario sentite parlare di un luogo semi-leggendario chiamato “Nicchia”, sappiate che l’oggetto del discorso è il birrificio Montegioco e il suo birraio, Riccardo Franzosi. Ieri lui e lei sue birre sono state protagoniste di una serata di degustazione organizzata dal Bir&fud di Roma, che si è rivelata ricca di contenuti a partire dai piatti in abbinamento: le immancabili creazioni di Gabriele Bonci e Antonella Schwarz, i salumi della Nicchia e il formaggio Montébore dell’azienda casearia Vallenostra. Tuttavia quello di oggi non vuole essere il classico resoconto di una degustazione, piuttosto un post incentrato su alcuni spunti emersi ieri sera.

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Chiaramente non posso esimermi da spendere due righe su ciò che abbiamo bevuto e mangiato. Dopo un’insalatina di partenza per resettare il palato, ci è stato servito un bicchiere di Mummia accompagnata dai salumi citati poco sopra e dal Montébore. La birra si è rivelata in tutto il suo splendore: un prodotto acido unico nel suo genere, diverso da qualsiasi altra creazione del genere e perfetto come aperitivo. Del mio infatuamento per questa perla brassicola e per le sue varianti ho parlato diffusamente in passato, quindi non mi dilungo oltre.

La seconda birra che abbiamo bevuto è stata la Runa, una delle produzioni “base” di Montegioco e per questo meno celebrata – un concetto sul quale tornerò più avanti. È stata abbinata a un Caos di polenta, realizzato con l’aggiunta Montébore fuso. Successivamente siamo passati alla Tentatripel, l’interpretazione perfettamente azzeccata delle tradizionali Tripel belghe – in particolare delle versioni fiamminghe, più secche e con gli esteri del lievito in totale primo piano. Ci è stata servita insieme a una pizza con salame di Montegioco, burrata e mostarda di Cremona.

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“Piattino” di Maialata e Demon Hunter

Il piatto forte della serata è stato senza dubbio la Maialata: uno squisito trionfo di stinchi, costine, testina e altre parti dell’animale, serviti in quantità tali da mettere in difficoltà più di un partecipante. L’onore di accompagnare tanto ben di Dio è toccato alla Demon Hunter. Infine abbiamo concluso con la Bran, abbinata a uno zabaione di birra e frutta secca. A quel punto molti di noi hanno avuto difficoltà ad alzarsi dal proprio posto 🙂 .

L’evento ha confermato ancora una volta le grandi doti brassicole di Riccardo Franzosi, che non a caso qualche mese fa è stato votato come Birraio dell’anno nel concorso indetto da Fermento Birra. Si tratta di un riconoscimento assolutamente meritato, poiché l’intera produzione di Montegioco si assesta su livelli elevatissimi per gli standard italiani (e non solo). A questo aggiungeteci che Riccardo può vantare un gran numero di produzioni originali e assolutamente fuori dai canoni: la già citata Mummia, per dirne una, ma anche Draco, Tibir, Open Mind, Quarta Runa, Garbagnina, Dolii Raptor, ecc.

Caos di polenta e Runa
Caos di polenta e Runa

Se conoscete Montegioco probabilmente è perché in passato vi siete avvicinati a questo birrificio con una delle produzioni appena citate. Eppure Riccardo è un grande birraio – in tutti i sensi 😛 – perché parallelamente riesce a proporre delle birre base di analogo livello, se non superiore. Ieri ad esempio la birra che mi è piaciuta di più è stata la Runa: una splendida Belgian Ale con una bella secchezza finale, che ha poco da invidiare persino alle colleghe del Belgio. Un paio d’anni fa invece elessi come mia birra preferita dell’IBF Roma 2010 la Runa Bianca, che è una classica Blanche perfettamente aderente allo stile.

Il paradosso è che in una città come Roma – ma credo che il discorso valga anche per altri mercati – trovare le birre “speciali” di Montegioco è facile, mentre quelle “normali” assai più difficile. Ed è un peccato, perché è proprio sulle ricette da tutti i giorni che secondo me un birraio mostra le sue vere abilità. Si tratta di un concetto condiviso da molti: ieri Andrea Camaschella (conduttore della serata) la pensava assolutamente come me, mentre in passato Marco “Tyrser” Pion ha persino sentito la necessità di dedicare all’argomento uno specifico post.

In un mercato giovane come quello italiano la presenza di birre particolari è quasi imprescindibile per un birrificio che voglia affermarsi. Tuttavia spesso dietro queste produzioni si nascondono quelle base, che rappresentano il vero banco di prova per il birraio. Purtroppo i riflettori del mercato sono spesso puntati su ricette insolite e originali, a causa di fenomeno per certi versi fisiologico, ma che tende a portare in secondo piano le birre normali. Quando sono buone, queste ultime invece dovrebbero essere celebrate più delle prime. Anche perché i birrifici che riescono bene in entrambe le tipologie sono pochissimi: Montegioco è uno di questi.

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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9 Commenti

  1. secondo me il fatto che le birre base di Montegioco siano meno ricercate di altre non è dovuto al fatto che quelle “speciali” le mettano in ombra, quanto al fatto che per parecchio tempo non hanno svettato nel panorama. come ha più volte dichiarato lo stesso Riccardino, negli ultimi due anni ha affinato e migliorato molto queste ricette ed i processi portandole a livelli molto più alti, il problema è che quando l’immaginario del consumatore (e del publican…) colloca un prodotto in una certa fascia, è molto dura riposizionarlo successivamente. da qui, facendo un discorso generale, l’estrema importanza, spesso sottovalutata, di non uscire con un prodotto non al massimo livello o di non fare passi falsi

    prendi la Draco: nonostante sia una produzione “standard” è sempre stata apprezzata

    se ci pensi questa logica funziona per un’altra marea di birrifici: che ne sai che quel birrificio un po’ scarso assaggiato anni fa e su cui hai messo una croce sopra non abbia fatto passi da gigante?

    • Sì hai perfettamente ragione, anche Camaschella ieri diceva esattamente la stessa cosa. Solo che nel frattempo un po’ di tempo ne è passato e le birre base sono ottime da almeno un paio d’anni (probabilmente anche qualcosa in più, ma non potendo seguire Riccardo costantemente non saprei). Nel nostro mondo un paio d’anni sono parecchi, quindi direi abbastanza per riconsiderarle. Invece credo che un po’ per tutti Montegioco rimanga il birrificio della Quarta Runa, della Mummia, ecc.

      • non so, io tutt’oggi faccio fatica a trovarle, a meno di non andare là da lui. non credo sia un problema dell’ombra di altri prodotti, purtroppo, a torto o a ragione (io stesso non lo so, non le trovo mai) dagli stessi professionisti non sono valutate come forse dovrebbero. considera anche che quello delle blonde è un segmento affollato dove i contendenti non mancano e la concorrenza sul prezzo un po’ morde

  2. Cibo e birre veramente clamorosi, devo però dire che il tipo che ha condotto la serata è stato una vera delusione. Carisma zero, non sapeva catturare l’attenzione dei partecipanti, per nulla coinvolgente. Si è sentita forte la mancanza di Kuaska.

  3. é come in cucina: la “magia” e la bravura emergono con un “semplice” piatto si spaghetti aglio, olio e peperoncino. Minore è l’artificiosità, per inverso maggiore è la difficoltà di riuscita. Strano mondo, quello dell’enogastronomia. Purtroppo la pratica commerciale è sempre presente, e preparazioni elaborate e/o ingredienti non comuni sono uno strumento di propaganda eccezionale.

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