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Whisky, kombucha e hard seltzer: quando i birrifici italiani si spingono oltre la birra

Negli ultimi anni tra i birrifici craft americani si è diffusa una certa tendenza a diversificare la propria offerta, arrivando a travalicare i confini della birra per proporre sul mercato prodotti alcolici di differente natura. Alla gamma base di molte aziende statunitensi sono stati così aggiunti distillati, hard seltzer, bevande alcoliche aromatizzate, kombucha e fermentati vari. Si tratta di un fenomeno in forte crescita, tanto che nel 2018 la Brewers Association ha deciso di modificare la sua definizione di birra artigianale per includere anche le aziende che non hanno nell’attività brassicola il loro core business, ma appunto producono in prevalenza altre forme di bevande alcoliche. Il motivo di un simile spostamento verso mercati complementari sarebbe da ricercare in una certa stagnazione del mercato della birra craft. In realtà la situazione non è così grave come potrebbe sembrare a prima vista, ma sicuramente la fine del boom ha costretto molti produttori – soprattutto quelli più grandi – a cercare vie alternative per sostenere le proprie finanze.

Come saprete, quasi tutto ciò che si sviluppa nel mercato americano della birra prima o poi arriva in Italia. E infatti da qualche tempo anche qui stiamo assistendo al lancio di prodotti complementari o progetti paralleli, utili per diversificare l’offerta dei birrifici. Siamo ancora in una fase embrionale del processo e non è scontato che si arrivi allo step successivo, tuttavia gli esempi del genere cominciano a essere diversi anche in Italia. Oggi abbiamo riassunto quelli più importanti.

Strada Ferrata

Il fenomeno delle microdistillerie è in forte crescita in Italia e tra le tante realtà aperte recentemente si aggiungerà a breve Strada Ferrata. Si tratta di un progetto parallelo portato avanti da due birrai italiani: da una parte il pioniere Agostino Arioli del Birrificio Italiano, dall’altra il più giovane – non ce ne voglia Ago! – Benedetto Cannatelli di Railroad Brewing. La distilleria è situata a Seregno, in piena Brianza (lo stesso comune di Railroad), e sarà specializzata nella creazione di whisky partendo dal mosto prodotto in birrificio (ma non solo). Per il momento non ci sono molte altre informazioni al riguardo, anche perché i due protagonisti racconteranno tutti i dettagli del progetto il prossimo 27 ottobre in occasione della conferenza Craft Distilling Italy 2020. Sarà interessante capire come Agostino e Benedetto si confronteranno con questa nuova, interessante avventura.

Live Barrels

Foto: Baronessa della Birra

Si chiama Live Barrels – Fermenteria Creativa l’ultima intuizione di Bruno Carilli, già fondatore del birrificio Toccalmatto. Il nome del progetto presenta almeno un paio di chiari richiami alla fermentazione, che però viene concepita in maniera creativa. Live Barrels sarà infatti una fucina di bevande fermentate “di nicchia”, provenienti da culture ben precise ma in forte ascesa nella considerazione dell’opinione pubblica (e dunque dei consumatori). Bruno sarà tra i primi in Italia a produrre kombucha con fini commerciali, ma la gamma abbraccerà anche idromele, sidro e probabilmente altre bevande. Ricordiamo che il sidro è un fermentato di mele (e più raramente pere), l’idromele un fermentato di miele e la kombucha una sorta di tè fermentato (ma la base può essere diversa) tramite una coltura di lieviti e batteri definita scoby. I primi prodotti a firma Live Barrels saranno disponibili a ottobre e vale la pena sottolineare che sarà un marchio totalmente indipendente da Toccalmatto, tanto che per l’occasione è stata fondata una nuova società battezzata Megaditta in omaggio alla saga di Fantozzi.

Hard seltzer

E arriviamo agli hard seltzer, che in America stanno spopolando e che ora cominciano ad apparire anche nel mercato italiano. Con questa espressione si identificano bevande leggermente alcoliche, frizzanti e dal contenuto calorico ridotto, prodotte con acqua gasata e aromatizzate con frutta, spezie o altro. La parte etilica è ottenuta solitamente con l’aggiunta di zucchero di canna fermentato, ma al suo posto talvolta si ricorre al malto d’orzo. Il processo produttivo non è molto dissimile da quello brassicolo, motivo per cui è stato adottato con relativa immediatezza da molti birrifici americani. Due sono quelli italiani che recentemente hanno lanciato il proprio hard seltzer. Il primo in assoluto è stato Mister B con il suo Billi, realizzato con ingredienti di qualità, una miscela di acqua seltzer e aromatizzato in quattro varianti (Mango Blast, Coco Twitch, Ginger Lime e Pineapple Zest). Il secondo è stato il Birrificio Pontino, che ha inizio settembre ha lanciato Strong Water (3,7%): un hard seltzer aromatizzato con dragon fruit e ananas e dal basso contenuto di zuccheri e calorie.

Riso Sake

Si chiama Riso Sake la prima sake brewery italiana, specializzata ovviamente nel famoso fermentato di riso della cultura giapponese. I suoi ideatori sono Misal G. Memeo e Nicola Coppe: in particolare il secondo nome non vi suonerà nuovo, poiché Nicola è impegnato da tempo nel settore brassicolo con la linea Asso di Coppe di Bionoc, il progetto Lab4beer e altre iniziative. L’obiettivo di Riso Sake è di unire il tradizionale processo di fermentazione mediante koji (il tipico fungo della bevanda) con il carattere della cultura risicola pavese. L’azienda al momento propone quattro prodotti: Vero è il sake più classico della gamma, Harmoniae è armonico e complesso, Hope è prodotto con luppolo e lievito da American IPA in aggiunta al koji, Mövat infine è una sorta di anello di congiunzione tra il mondo del sake e quello dello spumante metodo classico.

Conclusioni

Come mostrato, anche in Italia cominciano a diffondersi prodotti complementari alla birra. In realtà a parte il caso degli hard seltzer, in tutte le altre situazioni ci troviamo al cospetto di iniziative non riconducibili a particolari birrifici, ma a progetti sostanzialmente indipendenti. Non è però trascurabile il dettaglio che a portarli avanti sono birrai che cercano nuovi stimoli in segmenti diversi da quello prettamente brassicolo. Un segnale d’allarme per il nostro comparto o il semplice desiderio di confrontarsi con nuove sfide?

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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