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Tornano i false friends della birra: non fatevi ingannare dai nomi degli stili!

In un articolo risalente a ottobre 2018 introdussi i false friends della birra. Così come in linguistica questa espressione è utilizzata per indicare termini che, per la loro similitudine con parole di altre lingue, possono suggerire una traduzione sbagliata, allo stesso modo nella cultura birraria esistono nomi di stili facilmente fraintendibili. All’epoca ad esempio citai le Russian Imperial Stout, le cui origini molte persone potrebbero erroneamente associare alla Russia, o le Bitter, che non sono poi così amare come il loro appellativo suggerisce. Oltre a evidenti equivoci, alcuni false friends birrari possono generare confusione, in particolare quando nel nome appaiono termini in contrasto tra loro. Due casi celebri? Quelli rappresentati dalle Black IPA (contrasto tra “nero” e “pallido”) e dalle Dunkel Weisse (letteralmente “bianche scure”). Poiché quell’articolo vi piacque parecchio, oggi vi presento altri interessanti false friends della birra. Fate attenzione!

Cream Ale

Trovi la parola “cream” nel nome di uno stile e ti aspetti subito una birra dal corpo morbido e vellutato, se non addirittura felpato. Niente di più sbagliato, perché le Cream Ale hanno caratteristiche quasi opposte: sono leggere, tendenzialmente scorrevoli, ben attenuate e molto carbonate. Diffuse in America prima del Proibizionismo, rappresentarono nel XIX secolo la risposta ad alta fermentazione al crescente dominio delle Lager dell’industria. Come peculiarità infatti non si discostano troppo da quest’ultime, sebbene in origine fossero più alcoliche, luppolate e amare delle versioni di oggi. Personalmente ne ho provata qualche interpretazione europea, scoprendo poi la loro anima autentica solo durante il mio viaggio in Pacific Northwest.

Perché sono definite “cream”? Non è facile rispondere a questa domanda. Il BJCP cita vagamente una “smooth mouthfeel” tra le possibili caratteristiche dello stile, mentre altri autori affermano che è impossibile risalire all’origine dell’uso del termine. L’enciclopedico The Oxford Companion to Beer cita un “creamed-corn aroma” quando specifica che la tipologia tollera bassi livelli di DMS (dettaglio confermato dal BJCP), ma è una spiegazione che trovo poco convincente.

Tropical Stout

Attualmente i sapori di frutta tropicale sono molto in voga nel panorama birrario internazionale. Non solo sono sempre più diffuse le birre aromatizzate con frutti esotici – il cocco è solo l’ultimo che abbiamo analizzato, ma la lista è decisamente lunga – ma persino alcune varietà moderne di luppolo rincorrono le stesse sensazioni: l’ascesa delle New England IPA, ad esempio, ha riempito il mercato di birre con un ventaglio aromatico modellato su certe suggestioni. Si potrebbe allora pensare che le Tropical Stout, inserite nell’ultima revisione delle Style Guidelines del BJCP, siano Stout in cui il classico profilo derivante dai malti scuri si sposa con gli aromi tropicali di luppoli come Motueka, Calypso, Vic Secret, Azacca, Ella e via dicendo. Ma non è così. Il “tropical” infatti non è un riferimento organolettico, ma geografico: sono Stout prodotte originariamente per i mercati tropicali, considerabili una versione più alcolica e fruttata delle Sweet Stout. Secondo il BJCP possono ricordare le Imperial Stout, ma senza l’amaro e il tostato dei malti scuri e un po’ più leggere. Insomma, la frutta tropicale (o semplicemente il relativo richiamo aromatico) non ha nulla a che fare con questo stile.

Märzen

Cosa vi suggerisce il termine “Märzen”? Se pensate di sbagliare rispondendo il mese di marzo, sappiate che invece questa volta avete ragione. Siamo dunque al cospetto di birre che hanno a che fare col mese in corso, eppure la confusione può derivare proprio dal tipo di legame temporale. Se infatti ritenete che marzo sia il mese del loro consumo, vi sbagliate: è invece il periodo in cui vengono prodotte, cioè quello che storicamente era considerato dai birrai tedeschi come l’ultimo utile prima della pausa estiva (le temperature diventavano troppo alte per birrificare). Poi le Märzen venivano lasciate maturare durante l’estate in grotte a temperatura controllata e quindi consumate in Ottobre, con l’arrivo dell’autunno. La festa più celebre dove trovavano spazio  era l’Oktoberfest: come a dire che nell’evento clou di Ottobre venivano consumate le birre tipiche di Marzo. Non fate confusione con i mesi, mi raccomando!

Imperial IPA

In apertura ho accennato alle Russian Imperial Stout, di cui ci siamo occupati ampiamente nel pezzo che ha ispirato quello che state leggendo. In quel caso il termine “imperial” ha un senso molto preciso, perché lo stile identifica birre scure prodotte dai birrifici inglesi tra il XVIII e il XIX sec. appositamente per l’Impero Russo. Tuttavia talvolta troviamo questa parola come prefisso di IPA, aspetto che potrebbe suggerirci l’esistenza di antiche IPA destinate allo stesso mercato. Ipotesi distante anni luce dalla realtà, perché l’espressione “Imperial IPA” è un’invenzione dei moderni birrifici americani, che hanno iniziato a utilizzarla per identificare IPA più muscolari rispetto allo standard. Perché si sia diffuso quel termine è impossibile da spiegare, ma probabilmente per la “forza” semantica che possiede e perché, in termini generali, le stesse Imperial Stout sono una sorta di “Stout con gli steroidi”. La consuetudine è poi uscita dai confini della ragionevolezza e per un periodo negli Stati Uniti hanno “imperializzato” qualsiasi stile: una moda che per fortuna sembra essere scemata al pari dell’uso di Imperial IPA, ormai quasi sempre sostituito da Double IPA.

Altbier

Le Altbier di Dusseldorf sono uno dei pochissimi stili ad alta fermentazione sopravvissuti in Germania, paese storicamente devoto alle Lager (se escludiamo le Weizen, ovviamente). Anche chi non conosce il tedesco capisce che lo stile possiede un nome composto: “alt” + “bier”. Il secondo termine è facilmente traducibile, ma il primo potrebbe trarre in inganno rappresentando il più classico dei false friends. La parola “alt” non significa “alto” e quindi non identifica il tipo di fermentazione di queste birre, bensì può essere tradotta con “vecchio”, un aggettivo che indica la tecnica di produzione precedente alla bassa fermentazione. Avete presente quando in Germania trovate le indicazioni stradali con scritto “altstadt”, cioè “città vecchia”? Ecco, il concetto è lo stesso.

L'autore: Andrea Turco

Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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