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Le nuove frontiere del luppolo: tecniche e prodotti innovativi

In una delle recenti panoramiche sulle nuove birre italiane, mi ha colpito la descrizione che il birrificio Bonavena ha fatto della sua inedita Blow by Blow. Ecco come viene riportato su Facebook:

D(DH) 2 Rye Ipa da 6,7% prodotta con malti tedeschi e segale non maltata, luppolata sia in Dip-Hopping (con Spectrum e pellet) che in Double-Dry Hopping (pellet e LupoMax). L’importante luppolatura e l’utilizzo di differenti tecniche estrattive la rendono estremamente profumata e complessa ma senza alcuna sensazione di harsh e/o hop-burn.

La spiegazione è molto tecnica e presenta una particolarità non indifferente: si sofferma a lungo sul luppolo, ma senza citare le varietà impiegate. Piuttosto sono riportate le tecniche e le forme utilizzate, assecondando una crescente attenzione per questo aspetto produttivo. È una tendenza in forte ascesa, destinata a crescere ancora nei prossimi anni.

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Inserire riferimenti alla tecniche di luppolatura non è certo una novità e ha da sempre un ritorno comunicativo importante. Questo elemento però negli ultimi tempi sta diventando sempre più presente, fino al caso limite rappresentato dalla Blow by Blow. Si parla sempre meno di varietà di luppolo e sempre più del modo in cui questo ingrediente è utilizzato, per diversi motivi. Innanzitutto perché la voglia di novità è più rapida del rilascio di nuove tipologie di luppolo, che per essere messe a punto richiedono anni, se non decenni. Secondopoi perché la disponibilità delle stesse cultivar alla lunga è limitata solo ad alcuni esemplari. Infine perché negli ultimi tempi si sono moltiplicati gli studi scientifici sulla luppolatura e sui prodotti di nuova generazione.

Oggi dunque dal punto di vista comunicativo per un birrificio sta cominciando a diventare più interessante parlare di nuove tecnologie di luppolatura che elencare le solite cultivar che ormai tutti gli appassionati conoscono. È la nuova frontiera del “beer porn”, che può essere fatta ricondurre a due elementi: le tecniche di luppolatura in quanto tali e i nuovi prodotti lanciati di recente dai fornitori di luppoli. Vediamoli nel dettaglio.

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Double Dry Hopping (DDH)

Il caso più celebre è incarnato dal double dry hopping, che letteralmente significa “doppia luppolatura a secco” (o a freddo). La tecnica è diventata talmente popolare che ormai l’acronimo DDH è spesso considerato sinonimo di birre estremamente luppolate. Oggi sul mercato non si contano le creazioni identificate in etichetta dall’appellativo DDH IPA, come se configurassero uno stile a sé stante, mentre è bastato pochissimo tempo prima che iniziassero a diffondersi le “evoluzioni” TDH (triple dry hopping) e QDH (quadruple dry hopping).

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In realtà con double dry hopping non si intende che viene utilizzata una quantità doppia di luppolo a freddo, bensì che la frazione impiegata dopo la bollitura è divisa in due parti, portate a contatto con la birra in tempi differenti – ad esempio durante la fermentazione e poi dopo nel corso dell’abbattimento. È chiaro dunque che di per sé il DDH non implica un uso più generoso di luppolo, sebbene spesso sia effettivamente accompagnato da quantità superiori allo standard.

Dip Hopping

Foto: Brew Your Own

Molto meno ricorrente del DDH è il dip hopping, citato espressamente nella descrizione della birra di Bonavena. La tecnica è molto più recente e sarebbe stata introdotta negli Stati Uniti una decina di anni fa dal birrificio Gigantic di Portland (Oregon), dopo una visita dei due birrai agli impianti di Spring Valley (Kirin) in Giappone. A colpirli fu una Pale Ale dal profilo luppolato brillante e intenso, che successivamente scoprirono essere ottenuto con la sola varietà Apollo (un luppolo d’amaro e non d’aroma). Il segreto risiedeva nella particolare tecnica di luppolatura, definita dai tecnici giapponesi “dip hopping”, per l’appunto. Kirin non rivelò mai i dettagli ai birrai di Gigantic, ma il passaparola che si sviluppò nell’ambiente craft (e la condivisione di quelle informazioni) permise lo sviluppo di un certo interesse intorno a questa tecnica.

In parole povere, il dip hopping consiste nell’aggiunta di luppolo (tramite un’infusione ottenuta a parte) in un momento ben preciso del processo produttivo e cioè tra la fine del raffreddamento del mosto e l’inizio della fermentazione. Come riporta Beer and brewing, questo sarebbe il metodo adottato da Gigantic:

  • Il luppolo per il dip hopping viene inserito in un fermentatore vuoto.
  • Viene aggiunta una quantità di mosto (o di acqua) a una determinata temperatura.
  • Si lascia il luppolo in infusione per circa un’ora.
  • Si pompa il mosto raffreddato direttamente nel fermentatore.
  • Si aggiunge il lievito per attivare la fermentazione.

Una simile soluzione avrebbe importanti ripercussioni in termini di resa aromatica, perché permetterebbe di ridurre sensibilmente gli off flavors derivanti dal luppolo. Il dip hopping escluderebbe infatti gli enzimi del luppolo dalla fase fermentativa, ridurrebbe i livelli di mircene e delle sostanze che restituiscono lo sgradevole aroma di aglio.

Cryo hops

Sul fronte dei prodotti derivanti dal luppolo, in questi anni hanno guadagnato una certa fama i Cryo Hops messi a punto dall’azienda Yakima Chief. La logica da cui nascono in realtà non è nuova, perché possiamo farli rientrare nella grande famiglia dei luppoli arricchiti di luppolina, la preziosa sostanza presente all’interno delle inflorescenze e responsabile degli aromi di luppolo nella birra. Come il nome suggerisce, la tecnica di Yakima Hops consiste nel congelare i luppoli con azoto liquido e lavorarli a temperature molto basse. In questo modo si riesce a ottenere un concentrato di luppolina in polvere che non solo offre vantaggi a livello logistico (ne basta la metà rispetto ai luppoli tradizionali), ma soprattutto rende più difficile riscontrare le fastidiose note vegetali solitamente associate alla luppolatura (proprio perché la parte “verde” del luppolo è esclusa dal processo).

Lupomax

Tra i prodotti citati da Bonavena c’è anche Lupomax, che rientra tra i prodotti arricchiti di luppolina ed è realizzato dall’azienda John I. Haas, parte del gruppo Barthhaas. Si presenta all’incirca come i normali luppoli in pellet, ma offre gli stessi vantaggi già illustrati precedentemente: grande resa aromatica, consistente riduzione di off flavors, comodità e ottimizzazione del processo produttivo. Uno dei punti di forza è l’ampia gamma di luppoli disponibili: molte varietà americane, ma anche diverse europee (compreso Saaz).

Incognito e Spectrum

Il gruppo Barthhaas propone altre due prodotti innovativi, che proprio Bonavena ha sperimentato ultimaemente: sempre la Blow by Blow impiega Spectrum per il dip hopping, mentre la meno recente Heavy Punch utilizza luppolo Incognito. In entrambi i casi siamo al cospetto di un concentrato liquido di luppolo, da utilizzare in momenti precisi del processo produttivo. Incognito (con cui in Italia si sono confrontati anche Rebel’s e Alder) nasce per la luppolatura in whirpool ed è disponibile in una decina di varietà “moderne”. Spectrum è invece progettato per il dry hopping e al momento è disponibile nelle tipologie Citra e Mosaic. Oltre a fornire tutti i benefici dei prodotti arricchiti con luppolina, qui c’è l’ulteriore vantaggio della forma liquida, che non richiede la fase di chiarificazione della birra (nessuno spreco e tempi di produzione ridotti). Occorre sottolineare che sia Incognito che Spectrum sono 100% naturali, senza l’aggiunta di solventi sintetici o emulsionanti.

Conclusioni

Per quanto il luppolo sia e sia stato l’ingrediente più importante nella rivoluzione mondiale della birra artigianale, a lungo il suo impiego non ha subito particolari innovazioni o mutazioni. Negli ultimi anni qualcosa ha cominciato a cambiare velocemente ed è facile immaginare che in futuro le opzioni a disposizione dei birrai aumenteranno considerevolmente, sia in termini di tecniche che di prodotti. L’obiettivo è sempre lo stesso: ottenere la massima resa di aromi luppolati con meno “rumore” possibile. E con un altro obiettivo, meno esplicito: ridurre il più possibile i tempi di produzione. La quadratura del cerchio è poi nella capacità di rendere una birra interessante comunicando proprio il ricorso a certe soluzioni. Una nuova era di pornografia birraria è appena cominciata…

Andrea Turco
Andrea Turco
Fondatore e curatore di Cronache di Birra, è giudice in concorsi nazionali e internazionali, docente e consulente di settore. È organizzatore della Italy Beer Week, fondatore della piattaforma Formazione Birra e tra i creatori del festival Fermentazioni. Nel tempo libero beve.

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